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Spaventato, atterrito, andò alla porta d’ingresso, la spalancò, uscì prima che la cosa potesse continuare a parlare. La calda luce del sole al tramonto brillava cruda sulle pietre, i posti macchina, le automobili, i muri, i dondoli, le ante

A destra, lungo Oak Valley Road, a sinistra su Pine View Place, di nuovo a destra… non sapeva, non riusciva a leggere le targhe. Non correva spesso, e neppure con facilità. I suoi piedi battevano a tonfi pesanti sul terreno. Automobili, posti macchina, case, tutto confuso in una cecità martellante e luminosa che, mentre lui correva, si arrossava e si oscurava. Dietro i suoi occhi c’erano parole che dicevano: Stai esaurendo la luce del giorno. L’aria penetrava nella sua gola e nei suoi polmoni, acre e bruciante, il suo respiro aveva il suono della carta lacerata. L’oscurità si coagulava come sangue. Gli scossoni dei suoi passi diventarono ancora più violenti: e lui stava correndo, in discesa. Cercò di fermarsi, di rallentare, mentre sentiva il mondo sdrucciolare e disgregarsi sotto i suoi piedi, e tanti tocchi lievi che gli sfioravano il volto. Vedeva (o ne sentiva l’odore) foglie, foglie scure, rami, terriccio, sfagno, e attraverso il martellare del cuore e del respiro udiva una musica sonora, incessante. Mosse qualche passo malfermo, strascicato, cadde in avanti sulle mani e sulle ginocchia, e poi giù, bocconi, lungo disteso sulla terra e sulle pietre, in riva all’acqua corrente.

Quando, finalmente, si sollevò a sedere, non ebbe la sensazione di aver dormito; e tuttavia era come destarsi, destarsi da un so

Perché era in campagna. Non sapeva immaginare fin dove fosse giunto nella sua corsa, non aveva idea di quanto fosse lungo un miglio; ma sapeva che la sua corsa l’aveva portato lontano dalle vie, lontano dalle case, lontano dall’orlo del mondo lastricato e asfaltato, sul terriccio. Scuro, un po’ umido, irregolare, e complesso, incredibilmente complesso… muovendo un dito, toccò granelli di sabbia e di humus, foglie putrefatte, ciottoli, una pietra più grossa, semisepolta, radici. Era rimasto a giacere con il volto contro quel terriccio, in quel terriccio. La testa gli girava un po’. Trasse un respiro profondo e premette le mani aperte sul terreno.

Non era ancora buio. I suoi occhi si erano assuefatti, e poteva vedere chiaramente, sebbene i colori più scuri e tutti i punti in ombra fossero prossimi al limitare della notte. Il cielo, tra i rami neri che spiccavano nitidi sopra la sua testa, era incolore, e non c’erano variazioni di luminosità a indicare dove era tramontato il sole. Le stelle non erano ancora spuntate. Il fiumicello, largo sei, nove metri e cosparso di macigni, sembrava un frammento più vivace del cielo, e luccicava e scintillava girando intorno alle rocce. Le rive sabbiose e scoperte, sui due lati, erano chiare; solo più a valle, dove gli alberi crescevano più fitti, il crepuscolo si addensava, confondendo i dettagli.

Si ripulì il viso e i capelli dalla sabbia e dalle foglie morte e dalle ragnatele, e sentì sotto un occhio la lieve trafittura d’un taglietto causato da un ramo. Si sporse in avanti, puntellandosi su un gomito, intento, e toccò l’acqua del fiumicello con le dita della mano sinistra: dapprima molto leggermente, con la mano piatta, come se sfiorasse la pelle di un animale; poi la immerse nell’acqua, e sentì la muscolatura della corrente premergli contro il palmo. Poi si sporse ancora di più, abbassò la testa e, appoggiandosi con le mani nell’acqua poco profonda, al bordo della sabbia, bevve.

L’acqua era fredda e aveva il sapore del cielo.

Hugh rimase accovacciato sulla sabbia un po’ fangosa, ancora a testa china, con il sapore che non era un sapore sulle labbra e nella bocca. Lentamente, raddrizzò la schiena fino a quando fu in ginocchio, con la testa eretta, le mani sulle ginocchia, immoto. Ciò che la sua mente non sapeva descrivere a parole, il suo corpo lo comprendeva interamente, agevolmente, e lo apprezzava.

Quando quell’intensità che lui interpretava come una preghiera si attenuò, defluì e si dissolse nuovamente in un vigile, molteplice piacere, Hugh sedette sui talloni, guardandosi intorno più attentamente e metodicamente di quanto avesse fatto in un primo momento.

Dove fosse il nord era impossibile dirlo, sotto quel cielo egualmente incolore; ma lui era certo che i sobborghi, la superstrada e la città fossero direttamente alle sue spalle. Il sentiero che aveva percorso sfociava lì, tra un grosso pino dalla corteccia rossiccia e una massa di alti arbusti dalle grandi foglie. Più indietro, il sentiero proseguiva, scosceso, e si smarriva nella densa semioscurità, sotto gli alberi.





Il fiumicello scorreva direttamente attraverso l’asse del sentiero, da destra a sinistra. Hugh poteva vedere per un lungo tratto, verso monte, lungo la riva opposta che si snodava tra gli alberi e i macigni e cominciava a salire rispetto al livello dell’acqua. Verso valle, i boschi sprofondavano in un’oscurità crescente, interrotta soltanto dallo sfuggente luccichio del fiumicello. Sulla riva, ai due Iati, molto vicino, gli argini salivano e poi si spianavano in una radura priva d’alberi, quasi un praticello, erboso e inframmezzato da arbusti e cespugli.

L’odore familiare al quale non sapeva dare un nome era divenuto più intenso, e la sua mano l’aveva assorbito… menta, ecco che cos’era. Il tratto d’erba, sull’orlo dell’acqua, dove lui aveva appoggiato le mani, doveva essere menta selvatica. Staccò una foglia e la fiutò, poi l’addentò, immaginando che fosse dolce come una caramella alla menta. Era pungente, un po’ pelosa, fredda e carica del sapore della terra.

È un bel posto, pensò Hugh. E ci sono arrivato. Finalmente sono arrivato in qualche posto. Ce l’ho fatta.

Alle sue spalle, la cena nel forno, con il contaminuti regolato, e il televisore che parlava a una stanza vuota. La porta d’ingresso non era chiusa a chiave. Forse era addirittura spalancata. Per quanto tempo?

E la mamma che sarebbe tornata a casa alle dieci.

Dove sei stato, Hugh? Fuori, a fare una passeggiata. Ma non eri a casa quando sono arrivata a casa io lo sai quanto ci tengo Sì sono arrivato più tardi di quanto immaginassi scusami Ma tu non eri a casa…

Era già in piedi. Ma aveva la foglia di menta in bocca, le mani erano umide, la camicia e i jeans erano impiastricciati di foglie e di sabbia fangosa, e il suo cuore non era turbato. Ho trovato il posto, e quindi potrò ritornarci, si disse.

Restò immobile ancora per un minuto, ad ascoltare il mormorio dell’acqua sulle pietre e a guardare i rami immobili contro il cielo serotino; e poi si avviò per tornare indietro, lungo lo stesso percorso da cui era arrivato, su per il sentiero fra gli alti arbusti e il pino. Il sentiero era scosceso e buio, all’inizio; poi dive