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Ursula Le Guin

La soglia

Qué río ésta

por el cual corre el Ganges?

1.

«Cassiere al Sette!» e via, di nuovo tra le casse, a scaricare i carrelli, le mele tre per ottantanove, gli ananas a pezzetti in offerta speciale, mezzo gallone al due per cento, settantacinque, quattro e uno fa cinque, grazie, dalle dieci alle sei per sei giorni la settimana; e lui se la cavava bene. Il direttore, un uomo di limatura di ferro e di bile, si complimentava per la sua efficienza. Gli altri cassieri, più anziani, sposati, parlavano di baseball, di football americano, d’ipoteche, di ortodontisti. Lo chiamavano tutti Rodge, tra

All’inizio della primavera, quando si erano appena trasferiti lì, il cielo sopra i tetti brillava di un verde freddo e d’oro, mentre lui ritornava a casa. Adesso, in estate, le strade prive d’alberi erano ancora luminose e caldissime alle sette. Gli aerei che decollavano dall’aeroporto, dieci miglia più a sud, tagliavano quel cielo pesante e abbacinante, trascinandosi dietro il rombo e la loro ombra; le altalene rotte dei campi giochi scricchiolavano lungo i viali. Quel quartiere residenziale si chiamava Kensington Heights. Per raggiungere Oak Valley Road, lui attraversava Loma Linda Drive, Raleigh Drive, Pine View Place, svoltava in Kensington Avenue, attraversava Chelsea Oaks Road. Non c’erano alture, né valli, né Raleigh, né querce. Su Oak Valley Road le case erano palazzine a due piani esafamiliari, dipinte di marrone e di bianco. Fra un garage e l’altro c’erano piccoli tratti a prato, bordati di pietre bianche frantumate e piantati a ginepri. Gli incarti della gomma da masticare, le lattine delle bevande analcoliche, i coperchi di plastica, i gusci e gli scheletri indistruttibili delle merci deperibili che lui maneggiava alla cassa del supermarket giacevano fra le pietre bianche e le piante scure. Su Raleigh Drive e Pine View Place le case erano bifamiliari e su Loma Linda Drive erano unifamiliari, ognuna con il suo vialetto, il suo garage, il suo prato, le pietre bianche e i ginepri. I marciapiedi erano pianeggianti, le strade livellate, il terreno piatto. La città vecchia, il centro, sorgeva sulle colline al disopra di un fiume, ma tutti i sobborghi a est e a nord erano piatti. L’unica vista che lui avesse mai avuto, lì, l’aveva veduta il giorno in cui erano arrivati dall’est con l’U-Haul. Poco prima del cartello che indicava i limiti della città c’era una specie di viadotto della superstrada, e da lassù vedevi i campi sottostanti. Più oltre, c’era la città, avvolta in una foschia dorata. Campi, prati immersi in quella luce tenue della sera, e le ombre degli alberi. Poi una fabbrica di vernici con l’insegna multicolore rivolta verso la superstrada, e quindi incominciavano i quartieri residenziali.

Una sera, dopo il lavoro, una sera afosa, lui attraversò il grande parcheggio di Sam’s Thrift-E-Mart e salì la rampa che portava alla stretta banchina pedonale della superstrada, per scoprire se poteva ritornare indietro, verso la campagna, nei campi che aveva visto: ma era impossibile. Pezzi di carta e di metallo e di plastica per terra, l’aria sferzata e sconvolta dai risucchi e il suolo che tremava ogni volta che un camion si avvicinava e passava oltre, i timpani aggrediti dal chiasso, e nient’altro da respirare che gomma bruciata e vapori di nafta. Dopo mezz’ora desistette e cercò di lasciare la superstrada; ma le vie suburbane erano divise dalla scarpata della grande arteria per mezzo di una recinzione. Doveva ritornare indietro e riattraversare il parcheggio del Thrift-E-Mart per arrivare a Kensington Avenue. Quella sconfitta lo lasciò tremante e irritato, come se fosse stato vittima di un’aggressione. L’automobile di sua madre non era nel posto macchina. Quando entrò, il telefono squillava.

— Eccoti, finalmente! È un pezzo che ti sto chiamando. Dov’eri andato? Ho già chiamato altre due volte. Resterò qui fin verso le dieci. Da Durbina. In frigo c’è il tacchino per la cena. Non usare i pranzi pronti Orientai Menu, sono per mercoledì. C’è un Mixon’s Turkey Di

— D’accordo.

— Allora ciao.





— Ciao.

— Hugh?

— Sì.

— Come mai hai fatto così tardi?

— Sono tornato a casa per un’altra strada.

— Mi sembri così irritato.

— Non so.

— Prendi un’aspirina. E fai una doccia fredda. È così caldo. Piacerebbe anche a me. Ma non tornerò tardi. Sii prudente. Non esci, vero?

— No.

Lei esitò, non disse nulla, ma non riattaccò. Lui disse: — Ciao — e riattaccò, e rimase accanto al tavolino del telefono. Si sentiva pesante; un animale pesante, massiccio e grinzoso, con il labro inferiore penzolante e i piedi come pneumatici di camion. Perché sei in ritardo di un quarto d’ora, perché sei irritato, stai attento a non mangiare l’Oriental Menu, non uscire. D’accordo. Stai attento, stai attento. Andò a mettere in forno il Mixon’s Turkey Di