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Per tutta la strada del ritorno, Chris rimase di malumore. Robin sapeva che si immaginava intento a fare l’eroe, anche se lui stesso non se ne rendeva conto. In fin dei conti era un maschio, intrappolato nei suoi giochi penisti di soldatini. A Robin, l’assenza o la presenza di draghi risultava del tutto indifferente.

Il secondo episodio fu di natura assai diversa. Si verificò dopo il secondo periodo di so

— Dove diavolo vi eravate cacciati? — chiese Gaby, indicando un’impronta che era lunga un metro.

— Riparavamo la Costanza — spiegò Cornamusa. — Oboe ha scoperto che il bordo era da

— E queste? Non dovevate occuparvi voi della…

— Ascolta un momento — disse Cornamusa, i

— Sì, sì, scusa. Non discutiamone più. — Robin non si sorprese affatto, nel vedere che Gaby faceva così in fretta retromarcia. I titanidi perdevano la calma così raramente, che lo spettacolo di un titanide irritato era sufficiente a riportare la serenità. — Osserviamo meglio.

Esaminarono attentamente le impronte, seguendo l’intera serie per vedere da dove proveniva la creatura e dove fosse diretta. Il risultato delle loro ricerche fu assai inquietante. Le impronte comparivano improvvisamente ai bordi della spianata, si dirigevano verso l’accampamento, facevano un giro attorno alla tenda di Gaby, poi svanivano nuovamente in direzione del mare.

— Che cosa poteva essere? — chiese Valiha, rivolta a Gaby, che, con un ginocchio a terra, studiava alla luce della lanterna una delle impronte.

— Vorrei saperlo anch’io. Mi sembrano le zampe di un uccello. Su Phoebe ci sono uccelli grossi come questo, ma non sono in grado né di volare né di nuotare, e non so come potrebbero arrivare fin qui. Oppure, può darsi che Gea abbia creato una nuova specie. Dovrebbe essere una sorta di pollo gigantesco.

— In qualsiasi caso — disse Robin — preferisco non incontrarlo.

— Neanch’io. — Gaby si rialzò in piedi. Era preoccupata. — Nessuno tocchi le impronte. Rocky vorrà vederle, quando ritornerà. Può darsi che lei sappia cosa sono.

Cirocco ritornò otto rivoluzioni più tardi, stanca e affamata, ma più sicura di sé di quando era partita. Robin notò che aveva ripreso a sorridere. Evidentemente, la sua missione era andata meglio del previsto.

Robin voleva dirle qualcosa, ma le uniche cose che le veniva no in mente erano del tipo: "Allora, com’è andata?" o: "Co s’hai fatto, di bello?" e Gaby l’aveva avvertita di non fare domande. Per il momento, lasciò perdere.

— Forse avevi ragione, Gaby — disse Cirocco, mentre si di rigevano all’accampamento. — Io ti garantisco che non volevo…

— Più tardi, Rocky. Prima, ti devo far vedere una cosa.

La condusse nel punto dove si trovavano le orme misteriose. Erano meno nette di prima, ma ancora leggibili. Cirocco si inginocchiò alla luce della lanterna, e sulla sua fronte si formarono delle rughe profonde. Pareva che l’idea stessa di una simile creatura fosse per lei ripugnante.

— Hai ragione — disse infine. — Non ho mai visto niente di simile, e ti assicuro che conosco bene questa maledetta ruota. — Cantò qualcosa in titanide. Robin guardò Oboe, che aggrottò la fronte.

— Liberamente tradotto, ha detto che a Gea piace fare degli scherzi come a tutte le divinità. Non è una cosa nuova.

— Una gallina gigante? — disse Cirocco, con aria dubitativa.





Robin non riuscì più a resistere.

— Scusatemi, ma devo fare una cosa… — disse, e corse via nell’oscurità. Quando giunse al bordo della spianata, scese fino a un gruppo di scogli non diversi da quelli dove era ormeggiata la zattera. Giunta in un punto dove gli altri non potevano vederla, cominciò a ridere. Cercò di fare meno rumore possibile, ma presto cominciò a sentire un dolore alla milza, e le spuntarono le lacrime. Non credeva che si potesse ridere di più; poi udì la voce di Gaby.

— Ehi, Rocky, vieni qui! Abbiamo trovato una pe

Robin ritornò a ridere.

Quando infine riprese il controllo di se stessa, infilò il braccio in un crepaccio tra i coralli e prese due trampoli fatti di bastoni e conchiglie. Avevano legacci che permettevano di fissarli alle gambe, e un appoggio per il piede.

— Gaby e Cirocco — disse. — I maggiori esperti di forme viventi di Gea. — Si accostò alle labbra uno dei trampoli, e poi lo scagliò lontano.

— Sbrigati. Tra un poco arriverà Gaby, per vedere come stai — disse qualcuno. Robin sollevò gli occhi e vide Oboe. Le mostrò il secondo trampolo e lo lanciò a raggiungere il primo.

— Grazie del divertimento.

— Non c’è di che — disse Oboe. — Credo che Valiha abbia dei sospetti, ma non è il tipo che parla. — Rise. — Penso che questo viaggio mi piacerà. Ma niente scherzi con il sale, d’accordo?

23

Tempesta e bonaccia

La costante brezza dell’ovest allontanava dall’isola di Minerva la Costanza, e Gaby trasse un respiro di sollievo. Guardando il cielo, vide che la valvola bassa si era chiusa. Sapeva per amara esperienza che il raggio sovrastante, con la chiusura della valvola, sarebbe entrato nella sua fase invernale. Gli alberi e ogni altra cosa si sarebbero ricoperti di uno strato di ghiaccio. Una volta iniziato il disgelo, tutta quell’acqua e una rispettabile quantità di rami spezzati si sarebbero accumulate sulla valvola, e, alla riapertura, Rea sarebbe diventata un ambiente poco igienico per tutti. In cinquanta rivoluzioni, Nox saliva di due metri e più.

Nessuno chiese a Cirocco dove era stata. Gaby sospettava che se avessero saputo la risposta, tutti sarebbero rimasti assai sorpresi, titanidi inclusi.

Cirocco si era recata a parlare con Rea, il cervello-satellite che dominava il territorio per un’area di cento chilometri in tutte le direzioni. Non era soggetto ad altra autorità che a quella di Gea. Inoltre era completamente pazzo.

L’unico modo di visitare i cervelli regionali era quello di servirsi dei cavi verticali centrali. I cervelli vivevano al di sotto di essi, al fondo di una scala a chiocciola lunga cinque chilometri. Neppure i titanidi erano al corrente di questo. La loro conoscenza dei dodici semi-dèi era alquanto limitata; quando aveva fatto i titanidi, completi di usi e costumi e di memoria razziale, Gea non aveva visto la necessità di informarli di quel particolare. Per loro, i cervelli erano delle appendici di Gea e niente di più, servomeccanismi quasi-intelligenti che controllavano il funzionamento del loro ristretto regno. Se i titanidi avessero pensato a essi come e divinità subordinate, avrebbero venerato di meno Gea. Di conseguenza, i titanidi sapevano, di quelle grandi masse di tessuto nervoso, soltanto ciò che sapeva il più ignorante dei turisti. Per loro, Iperione era un luogo, e non una persona.

La realtà era invece assai diversa, e lo era da molto prima che nascessero i titanidi. Forse i cervelli erano totalmente sottomessi a Gea quando lei era giovane. Gea diceva che era così. Ma oggi tutti e dodici tendevano all’indipendenza. Per farsi obbedire, Gea doveva ricorrere alle lusinghe o alle minacce.

Con un cervello regionale come Iperione bastava una semplice richiesta. Iperione era il migliore alleato di Gea sulla circonferenza. Eppure, il fatto che fosse costretta a chiedere, era indicativo del punto a cui erano giunte le cose. Gea non aveva più il controllo diretto della periferia della ruota.

Gaby aveva conosciuto numerosi regionali; era scesa decine di volte a visitare Iperione. Gli pareva spento e noioso, una sorta di automa, e aveva l’impressione che, come sempre, le canaglie fossero più interessanti dei buoni figlioli. Iperione riusciva a infilare in ciascuna frase almeno per due volte il nome di Gea. Gaby e Cirocco l’avevano visto poco prima del Festival. Il cavo centrale di Iperione ricordava a Gaby un avvenimento che avrebbe preferito dimenticare. L’aveva visitato con Cirocco e altri membri dell’equipaggio del Ringmaster durante le sue prime settimane su Gea. Senza saperlo, erano giunte a poche centinaia di metri dall’ingresso del pozzo. Se lo avessero trovato, si sarebbero evitate un faticosissimo viaggio.