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Nel caso di Rea, invece, le cose erano alquanto diverse. Gaby non aveva mai potuto visitare i nemici di Gea. Cirocco invece li aveva visitati tutti a eccezione di Oceano. Aveva potuto farlo perché era la Maga, e di conseguenza era protetta dal salvacondotto di Gea. Se Cirocco fosse morta, la collera di Gea si sarebbe scatenata sul territorio del colpevole. Se fosse morta Gaby, Gea avrebbe forse provato fastidio, ma poco di più.

Tuttavia non era giusto definire Rea un nemico di Gea. Anche se si era alleata con Oceano durante la sua ribellione, era troppo imprevedibile perché l’uno o l’altro dei contendenti potesse fidarsi di lei. Cirocco era scesa una volta sola da lei, e si era salvata per il rotto della cuffia. Rea era un pessimo inizio per la loro missione, e Gaby lo sapeva, ma non si poteva saltarla per poi ritornare in seguito. Infatti, lei e Cirocco intendevano fare visita a tutt’e dodici i cervelli regionali. E si auguravano che Gea non lo avesse ancora scoperto,

Era rischioso, certo, ma Gaby pensava che lo si potesse fare senza destare sospetti. Non si aspettava di essere perfettamente al sicuro: sarebbe stata una sciocca a pensarlo. Anche se gli occhi e le orecchie di Gea non erano o

Perciò, intendevano affidarsi soprattutto alla loro faccia tosta. In alcuni punti, la missione poteva essere assai facile. Sarebbe stata una scortesia da parte della Maga, per esempio, passare per Crio senza scendere a fargli visita. E se Gea avesse voluto sapere perché la Maga era scesa a visitare un nemico come Giapeto, Cirocco avrebbe potuto rispondere che desiderava controllare la situazione della circonferenza: un controllo che costituiva una parte del suo lavoro. Se poi Gea le avesse chiesto perché non l’aveva informata preventivamente, lei avrebbe potuto rispondere che Gea non le aveva mai chiesto di informarla di ogni minuzia, cosa che del resto era vera.

Ma spiegare il motivo della visita a Rea poteva risultate difficoltoso. Il povero, confuso cervello di Rea poteva essere il più pericoloso regionale di Gea, se veniva preso di punta. Attraversare la sua regione non era un pericolo. Rea passava tutto il tempo assorto nei propri pensieri, e non si curava di quello che succedeva alla superficie. Per quel motivo, il territorio andava pian piano in rovina. Ma non si potevano prevedere le sue reazioni, nel caso che qualcuno fosse sceso a visitarlo. Gaby aveva cercato di convincere Cirocco a saltare Rea, e il pericolo era uno solo dei motivi. Sarebbe stato difficile spiegare perché la Maga aveva voluto correre quel rischio.

La misteriosa creatura che era salita a visitarli sull’isola aveva preoccupato Gaby. Aveva pensato dapprima che fosse uno degli strumenti di Gea, come il ballerino che accoglieva i nuovi pellegrini al loro arrivo nel mozzo. Ma poi si era convinta che la spiegazione era poco plausibile. Più probabilmente si trattava di uno dei fenomeni da baraccone creati da Gea. Gea passava gran parte del tempo a studiare nuove forme biologiche da mettere in libertà sulla circonferenza. Come le bombe volanti. Quelle erano davvero una trovata odiosa.

Quando chiese a Cirocco come fosse andata l’udienza, la Maga parve ragionevolmente sicura che fosse andata bene.

— Ho coltivato il suo orgoglio con tutta l’attenzione possibile. Ho cercato di convincerlo che era talmente superiore a Gea da non doversi preoccupare di rispondere, la prossima volta che Gea lo chiamerà. Se non le parla, non le può dire della mia visita.

— Spero che tu non gli abbia detto di non riferirlo.

— Concedimi un minimo di intelligenza. Credo di conoscere Rea meglio di chiunque altro. No, non sono scesa nei particolari e ho solo parlato di argomenti di routine, considerato anche che avevo bruciature di secondo grado su metà del corpo, l’ultima volta che mi sono separata da lui. Detto per inciso, puoi tirare una bella riga sul suo nome, ammesso che tu non l’abbia già fatto.

— Vuoi scherzare? Non l’ho neppure messo nella lista.





Cirocco chiuse gli occhi per un momento. Si strofinò la fronte. — Il prossimo è Crio, ed è un altro nome da cancellare. Non credo che approderemo a niente, Gaby.

— Non ho mai detto che saremmo approdate a qualcosa. Ma almeno dobbiamo fare il tentativo.

Il vento li portò al di là della lunga catena di isolette che punteggiavano la parte centrale di Nox, poi svanì. Attesero per quasi un giorno che riprendesse a soffiare e, quando vide che non si decideva a levarsi, Gaby ordinò a tutti, Cirocco compresa, di mettersi ai remi.

La valvola cominciò ad aprirsi una ventina di rivoluzioni più tardi. Contrariamente a quanto ci si poteva aspettare, dal foro che si allargava progressivamente sopra di loro non cadde alcun torrente d’acqua. La valvola era come una spugna. Assorbiva l’acqua del disgelo, e poi, dilatandosi, la cedeva gradualmente. L’acqua fuoriusciva sotto forma di un miliardo di rivoletti e si rompeva in gocce. Da quel momento in poi, il fenomeno era complesso: le masse di acqua e aria fredde toccavano le masse di aria calda sottostante e le comprimevano. Poiché in quel momento la zattera si trovava a est della valvola, anche se di poco, la pioggia torrenziale e le peggiori tempeste tendevano in un primo tempo ad allontanarsi da loro, muovendosi come si era mossa Robin durante il Grande Salto: in direzione ovest, verso Iperione. Era impossibile prevedere in che momento il vento sarebbe diventato pericoloso.

Invece, il destino dei frammenti solidi di cui era cosparsa la superficie superiore della valvola non si poteva determinare in base a semplici equazioni matematiche. Quando toccavano la superficie marina, facevano uno schizzo di tutto rispetto. Alcuni dei frammenti erano alberi interi, più grandi degli abeti terrestri. Gaby sapeva che non costituivano un problema, perché non subivano che in misura limitata l’attrito atmosferico e tendevano anch’essi a cadere verso ovest.

Si misero di lena ai remi, anche quando si alzò la brezza che avevano previsto, e videro la progressiva discesa delle nubi temporalesche. Scesero per ore, finché non giunsero a lambire la superficie del mare, e a questo punto cominciarono ad allargarsi come un fungo messo al contrario.

La zattera fu colpita dalle prime onde, e i primi soffi di vento fecero sbattere la robusta tela della vela. Gaby riusciva a vedere la pioggia che si avvicinava, udiva il suo sibilo farsi più forte. Quando li colpì, fu come essere finiti sotto una cascata. Quel tipo di pioggia che secondo suo padre, tanto tempo prima, "strangolava le rane".

Il vento era meno forte del temuto, ma Gaby sapeva che poteva diventare molto più forte. La terraferma distava almeno un chilometro. Tutti coloro che non erano occupati a remare presero le pertiche e cominciarono a saggiare la profondità dell’acqua. Quando incontrarono il fondo, i titanidi lasciarono i remi agli umani e cominciarono a spingere con le pertiche. Ormeggiare la zattera si presentava come un compito difficile, perché ormai le onde erano alte più di due metri, ma fortunatamente non c’era da temere la presenza di scogli. Presto Cornamusa saltò nell’acqua con una cima, nuotò fino a riva e cominciò a tirare in secco la zattera.

Gaby cominciava a pensare che i pericoli fossero finiti, quando un’onda superò la poppa della zattera e colpì Robin, trascinandola nell’acqua. Chris era il più vicino; si tuffò in mare e in poche bracciate la raggiunse. Gaby si sporse dalla zattera per aiutarlo a riportare a bordo la ragazza, ma a quel punto si faceva più in fretta a portarla a riva, e Chris lasciò che le onde lo portassero dove l’acqua era più bassa. Poi aiutò Robin ad alzarsi in piedi, e a quel punto entrambi furono travolti da un’immensa ondata. Per un momento, Gaby non riuscì più a vederli; poi vide riapparire Chris, che, con Robin tra le braccia, la portava al di là del frangente. La posò a terra, e lei cadde in ginocchio e si mise a tossire, ma gli fece ce