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Le porte si aprirono nuovamente ed entrò un uomo alto e magro, dai capelli biondo-rossicci. Anche lui indossava un abito blu, ma portava la giacca appoggiata su un braccio. Kat sospettava che l’approccio informale fosse un puro artificio per apparire più amabile e disposto a collaborare. Come l’idea di incontrarsi nella sua residenza privata.

Mentre Logan si presentava, Kat esaminò la stanza. Avendo un passato nei servizi segreti, presumeva che la conversazione sarebbe stata registrata. Studiò il locale, immaginando dove potevano essere nascoste le apparecchiature di sorveglianza.

Finalmente l’ambasciatore Hourigan si mise a sedere. «Mi ha

«Riteniamo che qualcuno alle dipendenze dei Waalenberg possa essere coinvolto in un rapimento in Germania.»

Hourigan sgranò gli occhi. Un gesto troppo perfetto. «Sono scioccato. Ma non ho saputo nulla in merito dalla BKA tedesca, dall’Interpol o dall’Europol.»

«Le nostre fonti sono affidabili», insistette Logan. «Chiediamo soltanto la cooperazione dei vostri Scorpions per indagare sul posto.»

Kat guardò l’ambasciatore, che assumeva un’espressione artefatta, simulando un’intensa riflessione. Gli Scorpions erano l’equivalente sudafricano dell’FBI. Un aiuto sembrava improbabile, il massimo che Logan sperava di ottenere era che quelle organizzazioni non ostacolassero la Sigma. Non potevano negoziare una cooperazione contro un potere politico forte come quello dei Waalenberg, ma forse potevano esercitare una pressione sufficiente per impedire alle autorità di polizia di aiutare la potente famiglia sudafricana. Una piccola, ma significativa concessione.

Kat rimase in piedi e osservò la lenta danza messa in atto dai due uomini, ognuno dei quali cercava di ottenere il proprio scopo.

«Le assicuro che i Waalenberg portano il massimo rispetto alla comunità internazionale e agli enti di governo. È una famiglia che ha sostenuto interventi umanitari, organizzazioni internazionali di beneficenza e fondazioni senza fini di lucro in tutto il mondo. Il loro più recente atto di generosità è la donazione fatta alle ambasciate e alle cancellerie sudafricane di tutto il mondo di una campana d’oro, per celebrare il centenario della prima moneta d’oro coniata in Sudafrica.»

«Tutto ciò è encomiabile, ma non…»

Kat interruppe Logan, intervenendo per la prima volta. «Ha detto ‘campana d’oro’?»

«Esatto, un dono di Baldric Waalenberg in persona. Cento campane placcate in oro, recanti lo stemma del Sudafrica. La nostra la sta

«È possibile vederla?» chiese Kat.

Quella strana piega della conversazione sconcertò l’ambasciatore, ma non gli ve

«Sarà un grande piacere mostrarvela.» Si alzò e guardò l’orologio. «Temo che dovremo accelerare i tempi. Ho un impegno a colazione al quale non posso tardare.»

Come Kat aveva immaginato, Hourigan stava usando il tour come scusa per porre termine alla conversazione, sottraendosi a qualsiasi impegno esplicito. Logan la fissava intensamente. Sperò di avere ragione.

Furono accompagnati a un ascensore che li portò all’ultimo piano. Attraversarono corridoi ornati con oggetti d’arte e d’artigianato indigeno sudafricano. Al termine si apriva un salone che somigliava più a un museo che a una stanza. Era arredato con vetrine, tavoli e cassettiere con finiture d’ottone lavorate a mano. Una parete di vetrate dava sui giardini, sul retro dell’edificio. In un angolo era appesa una gigantesca campana d’oro. A giudicare dai filamenti di paglia ancora sparsi sul pavimento, sembrava che fosse stata appena tolta dall’imballaggio. La campana, sulla quale era impresso lo stemma del Sudafrica, era alta un metro e larga un metro e mezzo alla base.

Kat si avvicinò. Uno spesso cavo elettrico passava dalla cima della campana ed era arrotolato a terra.

L’ambasciatore notò lo sguardo della do

Kat lanciò un’occhiata a Logan: era impallidito. Come Kat, anche lui aveva studiato i disegni della Campana originale, fatti da A

Le parole pronunciate qualche minuto prima dall’ambasciatore avevano un’eco terrificante: Cento campane… in tutto il mondo.

«È venuto un tecnico specializzato a installarla», proseguì Hourigan, assumendo un tono leggermente a

La porta della sala si aprì sonoramente alle loro spalle.





Tutti e tre si voltarono.

«Ah, eccolo», disse Hourigan. La sua voce si spense quando notò il mitragliatore in mano al nuovo arrivato. L’uomo aveva i capelli color biondo platino. Sebbene fosse all’altro capo della sala, Kat notò il tatuaggio scuro sulla mano che teneva l’arma.

Cercò in fretta la fondina agganciata alla caviglia.

Senza proferir parola, l’assassino aprì il fuoco, irrorando la sala di proiettili. Schegge di vetro e di legno esplosero ovunque.

Alle spalle di Kat, sotto i proiettili che rimbalzavano, la campana dorata non smetteva di suonare.

Sudafrica,

ore 12.44

Le porte dell’ascensore si aprirono al settimo livello sotterraneo. Gray uscì, fucile alla mano, e scrutò il corridoio grigio in entrambe le direzioni. A differenza del palazzo, che aveva finiture artigianali in legno pregiato, il piano sotterraneo era illuminato da lampade al neon e caratterizzato da una sterilità inflessibile: pavimenti di linoleum bianco, pareti grigie e soffitti bassi. Su un lato del corridoio si susseguivano porte lisce d’acciaio, con serrature elettroniche scintillanti. Le altre porte sembravano più ordinarie.

Gray appoggiò il palmo della mano su una di quelle.

Il pa

Una centrale elettrica? Doveva essere enorme.

Marcia lo affiancò. «Penso che siamo scesi troppo in basso. Sembra più un’area di magazzini e impianti.»

Gray era d’accordo, ma…

Passò sull’altro lato, avvicinandosi a una delle porte d’acciaio. «Ma cosa immagazzinano?»

L’insegna sulla porta diceva: EMBRYONAAL.

«Laboratorio embrionale», tradusse Marcia.

Gray prese ancora una volta la tessera di Ischke e la infilò nel lettore magnetico. Si accese una luce verde e la serratura si sbloccò. Gray si era messo in spalla il fucile e aveva in mano la pistola.

Le lampade al neon al soffitto si accesero, sfarfallando brevemente.

La stanza era in realtà un lungo corridoio, che si estendeva almeno quaranta metri. Gray notò che l’aria era fredda, più frizzante, filtrata. Su un lato c’era una fila ininterrotta di congelatori d’acciaio inossidabile, alti dal pavimento al soffitto. I compressori ronzavano. Sull’altro lato c’erano carrelli d’acciaio, serbatoi d’azoto liquido e un grande tavolo con un microscopio, collegato a un banco per la microdissezione.

Sembrava una specie di laboratorio per ibernare cadaveri.

A una postazione di lavoro centrale c’era un computer con lo screensaver che girava sul monitor a cristalli liquidi: un simbolo argentato ruotava su uno sfondo nero.Gray l’aveva già visto sul pavimento del castello di Wewelsburg.