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«Quindi il semplice atto di misurare modificava lo schema?»

«Proprio come aveva previsto Heisenberg. Per quanto sembri impossibile, è vero. Verificato e riverificato. Gli elettroni esistono in uno stato costante di onda e particella, finché qualcosa non li misura. La misurazione dell’elettrone ne forza la condensazione in una realtà o nell’altra.»

Lisa cercò di immaginare un mondo subatomico in cui tutto era in uno stato di costante potenziale. Non aveva senso. «Se le particelle subatomiche compongono gli atomi, e gli atomi compongono il mondo che conosciamo, tocchiamo e percepiamo, dov’è la linea di demarcazione tra il mondo fantomatico della meccanica quantistica e il nostro mondo fatto di oggetti reali?»

«Ancora una volta, l’unico modo per condensare il potenziale è farlo misurare da qualcosa. Strumenti di misurazione di questo genere sono una presenza costante nell’ambiente. Può essere lo scontro con un’altra particella, un fotone che colpisce qualcosa. L’ambiente misura costantemente il mondo subatomico, condensando il potenziale in una realtà solida. Guardi le sue mani, per esempio. Le particelle subatomiche che costituiscono i suoi atomi operano in base alle regole indistinte del mondo dei quanti, ma all’esterno si espandono nel mondo di miliardi di atomi che costituisce la sua unghia. Quegli atomi si scontrano, si spintonano e interagiscono, misurandosi reciprocamente, forzando il potenziale in una realtà fissa.»

«Okay…»

A

Painter a

«Ma basta capire quei tre punti», disse A

«Ma che cosa c’entra questo con la Campana?» chiese Lisa «Quando eravamo nella biblioteca del castello, lei ha parlato di ‘evoluzione quantica’.»

«È vero. Che cos’è il DNA? Non è nient’altro che una macchina delle proteine, giusto? Produce tutti i mattoni basilari delle cellule.»

«Detto in parole povere, sì.»

«Allora semplifichiamo ancora di più. Il DNA non è fatto forse di codici genetici bloccati in legami chimici? E che cosa spezza questi legami, accendendo e spegnendo i geni?»

«Il movimento degli elettroni e dei protoni.»

«E queste particelle subatomiche, a quali regole obbediscono: quelle classiche o quelle dei quanti?»

«Quelle dei quanti.»

«Perciò, se un protone ha il potenziale di trovarsi in due posti, A o B, accendendo o spegnendo un gene, in quale di quei posti si troverà?»

«Se ha il potenziale di trovarsi in entrambi i posti, allora è in entrambi i posti. Il gene è sia acceso sia spento. Finché qualcosa non lo misura.»

«E che cosa lo misura?»

«L’ambiente.»

«E l’ambiente di un gene è…»

Lisa sgranò gli occhi. «La molecola di DNA stessa.»

A

«Aspetti», replicò Lisa. «Questa affermazione la deve ancora provare.»

«Facciamo un esempio, allora. Ricorda quei batteri che non erano in grado di digerire il lattosio? Che quando erano privati di altro nutrimento e avevano a disposizione soltanto il lattosio mutavano a un ritmo miracoloso per sviluppare un enzima in grado di digerirlo?» A





Lisa era disposta a provarci. «Okay, se il protone poteva essere in entrambi i posti, allora per la teoria dei quanti era in entrambi i posti. Perciò il gene era mutato e non mutato. Era in uno stato potenziale che comprendeva tutt’e due le cose.»

«Continui», la stimolò A

«Quindi la cellula, fungendo da strumento di misurazione dei quanti, avrebbe forzato il DNA a condensarsi in un modo o nell’altro. A mutare o a non mutare. E, poiché la cellula è viva e influenzata dal suo ambiente, avrebbe fatto pendere il piatto della bilancia da una parte, sconfiggendo il caso, per produrre la mutazione benefica.»

«Ciò che gli scienziati chiamano ‘mutazione adattiva’. L’ambiente influenza la cellula, la cellula influenza il DNA e così avviene la mutazione che reca beneficio alla cellula. Il tutto azionato dalla meccanica quantistica.»

Lisa cominciava ad avere un’idea vaga di dove sarebbero andati a finire. A

Lisa capì. Sono le nostre cellule che dirigono l’evoluzione, reagendo all’ambiente e condensando il potenziale in DNA, per adattarvisi meglio. Poi entra in gioco la selezione naturale darwiniana, per preservare le mutazioni.

«Ma la cosa ancora più importante», disse A

«E Dio non ha nulla a che vedere con questo?» chiese Lisa, ripetendo una domanda che le aveva fatto A

A

Lisa capì che A

A

Lisa tratte

«Il campo che essa produce, se si riuscisse a controllarlo, ha la capacità non soltanto di far evolvere il DNA in una forma perfetta, ma di condurre anche l’umanità alla perfezione.»

«E noi?» chiese Painter. Dalla sua espressione era evidente che non era impressionato dall’ardore della do

La luce negli occhi di A

«Il contrario?»

«La malattìa che ha colpito le nostre cellule…» A

Painter la fissò, esterrefatto.

La voce della do