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C’era vicino… molto vicino…

A

«Lo so», la interruppe lui, brusco. «Adesso stia zitta e mi lasci pensare.»

A

Lo sfogo di Painter aveva fatto piombare il silenzio nel locale. Si sforzò di ripescare ciò che si nascondeva nella sua mente. Era come quando aveva invertito le cifre del numero di telefono. Le sue capacità intellettive erano come una lama sempre meno affilata.

«Il telefono satellitare… È qualcosa che c’entra col telefono satellitare…» bisbigliò, combattendo l’emicrania con tutta la sua forza di volontà. «Ma cosa?»

A

Finalmente ci arrivò. Come aveva fatto a essere così stupido?

Abbassò le braccia e aprì gli occhi. «Klaus sapeva che il castello era controllato elettronicamente. Allora perché ha fatto quella chiamata? Perché esporsi?»

Un gelido terrore lo attanagliò. Si voltò verso A

Gli altri presenti trasalirono a quella rivelazione. Si levarono alcune proteste adirate. Quella notizia aveva seminato molte speranze, accendendo un certo ottimismo sulla possibilità di costruire una seconda Campana. Speranze ormai infrante.

Ma certamente anche qualcun altro aveva creduto a quella voce.

«Soltanto Gunther conosceva la verità», rispose A

Painter ripercorse mentalmente la piantina del castello. Adesso sapeva perché Klaus aveva fatto quella telefonata e perché l’aveva fatta da lì. Il bastardo pensava di potersi nascondere in bella vista, ne era talmente sicuro che non si era nemmeno sbarazzato del telefono. Aveva scelto quel punto con un intento specifico.

«A

«Ho detto che era chiuso in un caveau.»

«Quale caveau?»

«Lontano dal luogo dell’esplosione, nel mio studio. Perché?»

Dalla parte opposta del castello.

«Si sono presi gioco di noi», sentenziò Painter. «Klaus ha fatto la telefonata da qui, sapendo che il castello era sotto controllo. Voleva distogliere la nostra attenzione dal caveau segreto e da quella presunta provvista di Xerum 525.»

A

«La telefonata di Klaus era un depistaggio. Il vero obiettivo era quell’ultima, fantasiosa scorta di Xerum 525.»

A

Anche Gunther capì. «Ci dev’essere un altro sabotatore.»

«Mentre noi siamo distratti, sta andando a cercare lo Xerum 525.»

«Nel mio studio!» esclamò A

Lui finalmente capì che cosa lo tormentava di più, perché sentiva quella stretta al cuore e quella sensazione di nausea. La verità affiorò d’un tratto, assieme a una fitta di dolore accecante: il sabotatore avrebbe incontrato qualcuno sul suo cammino.

Lisa stava perlustrando il piano superiore della biblioteca. Grazie alla scala di ferro battuto, aveva raggiunto la traballante balconata e stava girando attorno alla stanza, tenendosi alla balaustra.

Aveva trascorso l’ultima ora raccogliendo libri e documenti sulla meccanica quantistica. Aveva trovato anche il trattato originale di Max Planck, il padre della teoria dei quanti: una teoria che definiva un mondo sbalorditivo, composto di particelle elementari, in cui l’energia poteva essere frammentata in piccoli pacchetti, detti quanti, e dove la materia elementare si comportava sia come particelle sia come onde.

Tutto ciò le faceva venire il mal di testa. Che c’entrava con l’evoluzione?

Intuiva che, se una cura c’era, dipendeva dalla risposta a quella domanda.

Allungò una mano e inclinò un libro su uno scaffale, studiandone la rilegatura e strizzando gli occhi per leggere le lettere sbiadite.





Era quello il volume giusto?

Il trambusto nei pressi della porta attirò la sua attenzione. Sapeva che l’uscita era sorvegliata. Che stava succedendo? A

Raggiunta la scala, si voltò per scendere sul primo piolo.

Un grido acuto, immediatamente interrotto, la fece bloccare di colpo.

Proveniva da dietro la porta.

Reagendo d’istinto, Lisa risalì e si distese sulla balconata. Il pavimento della struttura, una grata di ferro, la riparava ben poco. Scivolò verso gli scaffali, nell’ombra, lontano dalle lampade a muro.

Rimase distesa immobile, mentre la porta si apriva e si richiudeva. Una sagoma s’intrufolò nella stanza. Era una do

Amica o nemica?

Lisa restò nascosta, in attesa di saperne di più.

Qualcosa conferiva a quella do

La do

Cacciando.

Lisa non osava respirare. Pregava che l’ombra la tenesse nascosta. Le poche lampade della biblioteca illuminavano il livello inferiore, così come il fuoco del camino, che crepitava e risplendeva di poche fiamme rade. Ma la balconata era in penombra.

Lisa guardò l’intrusa fare un altro giro, fermandosi al centro della stanza, con la katana insanguinata pronta all’uso. Con aria soddisfatta, la do

S’inginocchiò e la esaminò, soffermandosi sulla serratura a combinazione e sulla manopola.

Vedendo la do

Un forte rumore metallico la fece sobbalzare.

A qualche metro di distanza, un pesante volume era caduto da uno scaffale, finendo aperto sulla balconata. Le pagine svolazzavano ancora per l’impatto. Lisa riconobbe il libro che aveva estratto parzialmente qualche istante prima. Se n’era dimenticata, ma la gravità aveva fatto il resto, facendolo scivolare lentamente, finché non era caduto.

Al piano inferiore, la do

Lisa non poteva più nascondersi.

Büren, Germania,

ore 09.18

Gray aprì la portiera della BMW. Stava per salire a bordo, quando sentì un grido alle sue spalle. Si voltò verso l’ingresso dell’ostello. Ryan Hirszfeld correva verso di loro, ra

«Salite», ordinò Gray a Monk e Fiona, indicando la berlina.

Poi si voltò verso Ryan, che lo aveva raggiunto.

«State andando al castello… a Wewelsburg?» chiese il giovane, sollevando l’ombrello per riparare entrambi.