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«Il superuomo.»

«Esatto. La società prese il nome dalla mitica terra di Thule, i resti del regno perduto di Atlantide, la terra di una razza superiore.»

Monk emise un verso di scherno.

«Come dicevo, mio no

Gray comprendeva quale fosse l’attrattiva di quel mito. Se quegli antichi guerrieri erano superuomini, i loro discendenti, i tedeschi dell’era moderna, ne conservavano ancora il patrimonio genetico. «Era la base della filosofia ariana.»

«Le loro credenze erano mescolate anche a misticismo e simbologia occulta. Non le ho mai capite del tutto. Comunque, secondo i miei familiari, mio no

Merkwürdig. Strano.

Gray si avvicinò. «Che c’è?»

Il vecchio fece scorrere un dito scarno sulla terza di copertina. Tornò alla prima pagina, poi di nuovo all’ultima. «L’albero genealogico della famiglia Darwin non era disegnato soltanto sulla seconda di copertina, ma anche sulla terza. All’epoca ero soltanto un ragazzo, ma lo ricordo chiaramente.» Joha

«Mi faccia vedere», disse Gray, riprendendo il libro. Esaminò la terza di copertina più attentamente. Fiona e Monk lo affiancarono.

Gray scorse la rilegatura con un dito, poi esaminò attentamente la copertina. «Guardate qui. Sembra che qualcuno abbia tagliato l’ultimo foglio e l’abbia incollato sulla terza di copertina. Sopra il risguardo originale.» Gray si voltò verso Fiona. «Può essere stata Grette?»

«Manco per idea. Piuttosto avrebbe strappato la Gioconda.»

Se non era stata Grette…

Gray guardò Joha

«Sono certo che nessuno, nella mia famiglia, l’avrebbe fatto. La biblioteca è stata venduta solo qualche a

Rimaneva soltanto Hugo Hirszfeld.

«Un coltello», disse Gray, dirigendosi verso un tavolo da giardino.

Monk prese il coltellino svizzero dal suo zaino e lo porse a Gray. Con la punta del coltello, Gray incise i bordi del foglio incollato sulla terza di copertina, poi ne sollevò un angolo. Si staccò facilmente, soltanto i bordi erano incollati.

Joha

Staccò il foglio e scoprì il risguardo originale. C’era l’altra metà dell’albero genealogico della famiglia Darwin, ben fatto e ordinato. Joha

«Orribile», commentò Joha

Sopra l’albero genealogico era stato disegnato uno strano simbolo, grande quanto l’intera pagina, e sembrava fosse scolpito nel cartone della copertina.

Con lo stesso inchiostro nero, sotto il simbolo era stata scritta una riga in tedesco: Gott, verzeih mir.

Dio, perdonami.

Monk indicò il simbolo. «Cos’è quello?»

«Una runa», spiegò Joha

«Lei conosce il significato di questo simbolo in particolare?» chiese Gray.





«No. Non è un argomento interessante per un ebreo tedesco. Non dopo la guerra.» Joha

Gray chiuse la Bibbia e raggiunse Joha

La serra fu illuminata da un lampo. Joha

«Historisches Museum des Hochstifts Paderborn», disse Joha

«Perché?»

Joha

«Quindi era davvero il castello di Dracula…» borbottò Monk.

Joha

«Ma al museo ci sapra

Il vecchio a

Gray intuiva che c’era una convergenza di legami e di eventi, tutti incentrati sulla società occulta di Thule. Ma cosa, esattamente? Gli servivano altre informazioni. Era inevitabile una visita al museo del castello.

Joha

Grazie a Himmler.

Gray capiva l’origine della rabbia di quell’uomo e il motivo per cui aveva chiesto al figlio di uscire. Era un fardello familiare che era meglio non scoprire. Joha

Gray raccolse la Bibbia e fece ce

Joha

Ben presto Gray e gli altri raggiunsero la veranda, all’ingresso principale. La pioggia continuava a cadere copiosa dal cielo minaccioso. Il cortile era deserto. Non ci sarebbero state escursioni, quel giorno, né in bicicletta né a piedi.

«Andiamo», disse Gray, incamminandosi sotto la pioggia.

«Una giornata perfetta per assaltare un castello», osservò Monk, sarcastico.

Mentre attraversavano di gran lena il cortile, Gray notò un’altra auto parcheggiata accanto alla loro. Il cofano fumava sotto la pioggia. Doveva essere appena arrivata. Era una Mercedes bianca.

9. IL SABOTATORE

Himalaya,

ore 12.32