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L’ascensore non era ancora arrivato e, anche se le porte si fossero aperte in quel momento, ci sarebbe voluto troppo tempo per salire. Non c’era modo di evitare una sparatoria.

A meno che…

Monk si accostò a Fiona. «Che ne dici di un po’ di dolore…» E indicò con un ce

Fiona non esitò e premette un bottone.

L’effetto fu istantaneo. Fu come se qualcuno avesse appiccato il fuoco alle code delle iene. Un urlo possente proruppe da una ventina di gole. Alcune creature si gettarono dalla balconata, cadendo fragorosamente al suolo. Altre rotolarono giù dalle scale, assalendo gli uomini. Artigli e denti attaccarono qualsiasi cosa che si muovesse, in preda a una furia cieca. Gli uomini urlavano e i fucili sparavano.

Alle spalle di Monk, finalmente si aprirono le porte dell’ascensore. Entrò nella cabina, trascinando con sé Fiona e guidando Lisa e Painter.

Ci fu una raffica di colpi nella loro direzione, ma per la maggior parte le forze dei Waalenberg erano concentrate sulle iene. Mosi e Brooks rispondevano al fuoco, battendo in ritirata verso l’ascensore.

Potevano farcela, ma poi? Allertate, le guardie dei Waalenberg avrebbero dato loro la caccia.

Monk premette a casaccio i bottoni dei piani sotterranei. Ci sarebbe stato abbastanza tempo per preoccuparsene in seguito.

Ma uno dei loro non era il tipo da procrastinare.

Gunther spinse A

A

Proteggi A

Infine l’ascensore si chiuse.

ore 15.16

Khamisi attraversava la giungla a tutta velocità, curvo sulla motocicletta. Paula Kane era seduta dietro di lui, col fucile in spalla. Un guerriero zulù e un’agente brita

In quel momento, però, erano una squadra ben affiatata.

«Sinistra!» gridò Paula.

Khamisi sterzò di colpo. La ca

Sparatorie ed esplosioni echeggiavano tutt’attorno.

D’un tratto, senza preavviso, la moto sbucò in un giardino ben curato. Khamisi frenò bruscamente, fermandosi con una sgommata sotto i rami di un salice.

Davanti a loro, il palazzo occupava l’intera visuale.

Khamisi sollevò il binocolo che portava appeso al collo e scrutò il tetto. Individuò l’eliporto dove era atterrato l’elicottero del parco. Un movimento attirò la sua attenzione. Regolò il binocolo, mettendo a fuoco una sagoma familiare: Tau. Il suo amico zulù era vicino al bordo del tetto e osservava la battaglia in atto sotto di lui.

Poi, da sinistra, dietro Tau, un’altra sagoma entrò nel suo campo visivo, con una spranga sollevata sopra la sua testa: Gerald Kellog.

«Non ti muovere», disse Paula. Poggiò il calcio del fucile sulla spalla di Khamisi e inquadrò l’uomo nel mirino di precisione. «Lo vedo.»

Khamisi aveva paura, ma restò immobile, fissando l’immagine nel binocolo.

Paula premette il grilletto e il fucile esplose un colpo assordante, che gli riecheggiò nelle orecchie.

La testa del sovrintendente Kellog si piegò all’indietro, di scatto. Tau rischiò di volare giù per lo spavento, ma finì disteso sul tetto, inconsapevole di avere appena avuto salva la vita.

Ma come se la stavano cavando gli altri, là dentro?

ore 15.17

«Ci ha conda

Gray si rifiutava di arrendersi. «Può rallentare la Campana, abbastanza per darmi il tempo di scendere a riparare lo schermo?»

Il vecchio fissava lo schermo bloccato, con la corona di luce blu. Sul suo viso era dipinta la paura. «Forse c’è un modo, ma…»



«Ma cosa?»

«Qualcuno deve entrare là dentro.» Indicò la camera d’irradiazione col bastone tremante e scosse la testa, rifiutandosi di offrirsi volontario.

Una voce li raggiunse, mentre la porta si apriva. «Ci vado io.»

Gray e Marcia si girarono, sollevando le pistole.

Il malandato gruppetto che si presentò ai loro occhi aveva dell’incredibile. Monk entrò per primo, sostenendo la do

Lui lo riconobbe e rimase scioccato. «Direttore Crowe?»

Lo raggiunse di corsa.

«Non c’è tempo», l’ammonì la do

«No…» gemette il vecchio.

La do

Monk fece un ce

«Non abbiamo molto tempo», disse Gray all’orecchio di Monk, sorpreso di quanto fosse sollevato per il suo arrivo. Era pervaso da una nuova speranza.

«Non me ne parlare.» Monk si sganciò una radio e la passò a Gray. «Fai muovere quell’affare. Io resto qui a occuparmi del resto.»

Gray prese la radio e uscì. Aveva mille domande, ma doveva rimandare a più tardi. Te

Era Fiona. «Vengo con te!» Fu al suo fianco ancora prima che raggiungesse le scale antincendio, poi sollevò una trasmittente. «In caso ti imbattessi in uno di quei mostri.»

«Pensa a starmi dietro», rispose lui.

«Ma piantala!»

Corsero fino a raggiungere il corridoio e il locale macchine del livello inferiore.

Monk parlò alla radio. «A

«Monk…» lo ammonì Gray, perché si concentrasse sul compito da svolgere.

«Sto per passare la radio ad A

Gray scosse la testa e fece per aprire con uno strattone la porta del locale.

Chiusa a chiave.

Fiona lo vide fare un secondo tentativo e sospirò. «Niente chiave?»

Gray aggrottò le sopracciglia, estrasse la pistola dalla cintura e mirò alla serratura. Il colpo echeggiò nel corridoio, aprendo un buco fumante nella porta. L’aprì con una spinta.

Fiona lo seguì. «Va bene lo stesso, immagino.»

Adesso Gray aveva davanti il gruppo motore che serviva a sollevare e abbassare lo schermo protettivo.

La radio emetteva strane scariche elettrostatiche, che andavano su e giù come le onde su una spiaggia. Dovevano essere interferenze causate dalla Campana, pensò Gray. Evidentemente Monk aveva passato la radio ad A

A conferma della sua supposizione, sentì la voce concitata della do