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Il gufo sbucò fuori della foresta e sorvolò i tetti del villaggio per andare a posarsi, sollevando uno spruzzo di neve, sul melo più grande nell’orto del fabbro. Il tronco era tutto ricoperto di vischio.

Seppe di essere nel posto giusto non appena le sue zampe toccarono la corteccia. L’albero era irritato per la sua presenza, lei sentiva che cercava di respingerla.

"Io non me ne vado" pensò.

Nel silenzio della notte l’albero disse: "Fai pure la prepotente, allora, solo perché sono un albero. Tipico di una do

"Almeno ti stai rendendo utile" pensò la No

"Non è una brutta vita" pensò l’albero. "Sole. Aria fresca. Tempo per riflettere. In primavera anche le api."

Nel suo modo di pronunciare "api" c’era una nota lasciva che quasi indusse la No

"Sono venuta per la bambina, Esk" sibilò.

"Una bambina promettente" pensò l’albero. "La osservo con interesse. Inoltre, le piacciono le mele."

"Bestia che non sei altro" esclamò scioccata la No

"Che ho detto? Scusami se non mi esprimo bene."

La vecchia strega scivolò più vicina al tronco.

"Devi lasciarla andare" pensò. "La magia comincia a manifestarsi."

"Di già? Sono impressionato."

"È il genere di magia sbagliato!" protestò lei. "È la magia di un mago, non la magia delle do

"Grandioso!", esclamò l’albero.

La No

L’albero si scrollò e dai suoi rami ve

"Allora devi insegnarle."

"Insegnarle? Che ne so io della formazione dei maghi."

"Allora mandala all’università."

"È una femmina" protestò la No

"E con questo? Chi dice che le do

La vecchia esitò. Era come se l’albero avesse chiesto perché i pesci non possono essere uccelli. Tirò un gran respiro e fece per parlare. Ma si arrestò. Sapeva che la risposta esisteva, una risposta tagliente, incisiva, fulminante e soprattutto una risposta lapalissiana. Solo che, cosa estremamente irritante, non le riusciva di ricordarla.

"Le do

"Se si definisce strega una che adora l’impulso pancreativo, che venera, cioè, il fondamentale…" cominciò l’albero e andò avanti per parecchi minuti. No

L’albero terminò il suo monologo.





La No

"La sua base teorica, sì."

"Voi maghi vi fate di sicuro delle strane idee."

L’albero ribatté: "Non sono più un mago, soltanto un albero".

La No

Il gufo abbandonò il ramo. Se la No

Di una cosa lei era assolutamente certa. Mai le do

Tornò al cottage che la notte cominciava a impallidire. Dopo il so

La verga era appoggiata alla parete, vicino alla dispensa.

La No

— Capisco — disse alla fine. — Allora le cose sta

Si mosse adagio e dal cantuccio presso il focolare prese un paio di ceppi che buttò sulla brace e pompò il mantice finché le fiamme non si levarono alte nel camino.

Allora si voltò, borbottò sottovoce per precauzione qualche incantesimo protettivo, e afferrò la verga. Che non oppose resistenza, tanto che lei per poco non perse l’equilibrio. Ma adesso che la teneva in mano, ne percepiva la vibrazione, il netto e possente crepitio della sua magia. E scoppiò a ridere.

Era tutto così semplice, allora. La verga adesso non opponeva più alcuna resistenza.

Invocando una maledizione sui maghi e le loro opere, la sollevò sopra la testa e la sbatté con violenza sui ceppi, là dove il fuoco ardeva più gagliardo.

Esk mandò un grido. Il suono rimbalzò attraverso le assi della camera da letto e fendette l’aria nel cottage semibuio.

La No

Esk sedeva sul letto, illesa ma urlante. La vecchia la prese in braccio e cercò di confortarla. Non era sicura di come ci si comportava in simili casi. Ma dei colpetti distratti sulla schiena e vaghe parole rassicuranti parvero funzionare. E gli urli diventarono lamenti e, alla fine, singhiozzi. Qua e là la No

Dopo un bel po’, riadagiò la bimba sul letto, le rimboccò le coperte e scese piano le scale.

La verga era di nuovo al suo posto contro la parete. Né lei fu sorpresa nel vedere che il fuoco non aveva lasciato alcuna traccia.

Girò la poltrona a dondolo in modo da averla di fronte e si sedette con il mento su una mano, sul viso un’espressione di cupa determinazione.

La poltrona prese a dondolarsi da sola. Era l’unico rumore nel silenzio che si faceva più spesso e si spandeva a riempire la stanza come una terribile nebbia scura.

La mattina seguente, prima del risveglio di Esk, la vecchia nascose la verga nella paglia, in luogo sicuro.

Esk mangiò la sua colazione e bevve un bicchierone di latte di capra, senza il minimo segno degli avvenimenti delle ultime ventiquattro ore. Era la prima volta che si trovava nel cottage della No

Scoprì così che la vita nel cottage non era del tutto normale. A cominciare, per esempio, dal nome delle capre.