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Cohen sbirciò attraverso il buco. Dall’altro lato c’era un magazzino, un piccolo locale sporco e al centro del pavimento stava il Bagaglio, dal quale irradiava la più totale frustrazione.

— Un negozio — disse Duefiori.

— C’è qualcuno qui? — chiese Bethan.

— Urrgh — esclamò Scuotivento.

— Penso che dovremmo sistemarlo da qualche parte e portargli un bicchiere d’acqua. Se qui ne troviamo uno — dichiarò l’ometto.

— Qui c’è tutto meno che l’acqua — ribatté la ragazza.

Il locale era pieno di scaffali e gli scaffali erano pieni degli oggetti più disparati. Quelli che non c’entravano, pendevano a mazzi dai soffitto in ombra; casse e sacchi spargevano il loro contenuto sul pavimento.

Dall’esterno non veniva alcun suono. Con un’occhiata in giro, Bethan ne capì la ragione.

— Non ho mai visto tanta roba — disse Duefiori.

— C’è una cosa che manca — affermò la ragazza.

— Come puoi dirlo?

— Basta che tu dia un’occhiata. Non ci sono uscite.

Duefiori si guardò intorno. Al posto della porta e della finestra, ora c’erano scaffali dove s’impilavano scatole, con l’aria di essere lì da lungo tempo.

Duefiori sistemò Scuotivento su una sedia traballante vicino alla cassa del negozio e si mise a esaminare gli scaffali. Delle scatole contenevano chiodi, altre spazzole da capelli. Stecche di sapone ingiallito da tempo. Un assortimento di boccette contenenti sali da bagno ormai sciolti, sulle quali era attaccata un’etichetta incongrua che a

Bethan, che esaminava gli scaffali sull’altra parete, scoppiò a ridere.

— Guarda questo! — esclamò.

Duefiori ubbidì. La ragazza teneva in mano un… sì, un piccolo chalet di montagna, tutto ricoperto di conchiglie; l’autore di quell’obbrobrio aveva pirografato "Souvenir Speciale" sul tetto (il quale, naturalmente, si apriva con un motivetto musicale e poteva contenere delle sigarette).

— Hai mai visto una cosa simile? — domandò Bethan.

Duefiori scosse la testa e spalancò la bocca.

— Ti senti bene? — gli chiese Bethan.

— È la cosa più bella che abbia mai vista — rispose lui.

Dall’alto ve

Un grosso globo nero si era abbassato dal soffitto scuro. Su di esso si accendevano e spegnevano piccole luci rosse e, mentre loro lo fissavano, l’oggetto misterioso girò e li guardò con un grande occhio di vetro. Era minaccioso, quell’occhio. Dava la netta sensazione di stare osservando qualcosa di sgradevole.

— C’è qualcuno? — disse Duefiori.

Da dietro la cassa spuntò una faccia dall’espressione arrabbiata.

— Spero che siate intenzionati a pagarlo. — Espressione e tono implicavano che si aspettava una risposta affermativa dall’ometto, e che non gli avrebbe creduto.

— Questo? — esclamò la ragazza. — Non lo comprerei nemmeno se tu ci aggiungessi una manciata di rubini e…

— Lo compro io. Quanto? — si affrettò a dire Duefiori e si mise una mano in tasca. Si ra

— A dire la verità, non ho denari con me. Sono nel mio Bagaglio, ma io…

Con uno sbuffo sprezzante, la faccia sparì dietro la cassa e ricomparve dietro una confezione di spazzolini da denti.

Apparteneva a un uomo piccolissimo, che quasi spariva dietro un grembiule verde.

— Come, niente denaro? — Era arrabbiato. — Entrate nel mio negozio…





— Non era nostra intenzione — obiettò svelto Duefiori. — Non ci siamo accorti che ci fosse.

— Non c’era — affermò decisa Bethan. — È magico, non è vero?

Il piccolo negoziante esitò.

— Sì — ammise a malincuore. — Un pochino.

— Un pochino? — ripeté la ragazza. — Un pochino magico?

— Un bel po’, allora — ammise e indietreggiò. Poi: — Va bene — aggiunse, intimidito dallo sguardo di Bethan. — È magico. Non posso farci nulla. Quella stupida porta non poteva esserci e poi andarsene di nuovo, no?

— Già, e quell’affare nel soffitto non ci garba per niente.

L’omino guardò su e aggrottò la fronte. Quindi sparì da una porticina mezza nascosta tra la mercanzia. Un fracasso metallico e un gran ronzio e il globo nero scomparve nell’ombra. Ve

Il negoziante riapparve.

— Meglio? — domandò.

— È meglio, sì. — Duefiori sembrava dubbioso. — Io preferivo le erbe.

In quel momento Scuotivento ebbe un gemito. Stava per svegliarsi.

Sono state formulate tre teorie per spiegare il fenomeno dei negozi itineranti o, come sono genericamente chiamati, tabernae vagantes.

La prima postula che migliaia di a

La seconda teoria sostiene che essi sono la creazione di un Fato benevolo, con il ruolo di fornire esattamente la cosa giusta al momento giusto.

Per la terza, essi costituiscono semplicemente il mezzo molto astuto di aggirare i vari decreti sulla Chiusura Domenicale.

Le tre teorie, pur se diverse, ha

Scuotivento aprì gli occhi e per un momento restò sdraiato a contemplare il rettile impagliato. Che non era l’oggetto migliore da vedersi quando ci si sveglia da sogni agitati…

La magia! Era questo l’effetto che faceva! Nessuna meraviglia allora se i maghi non avevano un gran daffare con il sesso!

Naturalmente Scuotivento sapeva cos’erano gli orgasmi, a suo tempo ne aveva avuti alcuni, a volte perfino in compagnia. Ma niente nella sua esperienza si avvicinava nemmeno lontanamente a quell’intenso e ardente momento quando ogni nervo del suo corpo era pervaso da un fuoco bianco-azzurro e la magia allo stato puro gli si sprigionava dalle dita. Essa ti riempiva e ti sollevava e tu cavalcavi l’onda gonfia della forza elementare. Nessuna meraviglia che i maghi lottassero per il potere…

E così via. Tuttavia era l’Incantesimo nella sua testa che ne era l’artefice, non Scuotivento. Lui cominciava davvero a odiarlo, quell’Incantesimo. Era sicuro che se non avesse scacciato col timore tutti gli altri incantesimi che aveva cercato di apprendere, lui sarebbe diventato di diritto un mago decente.

In un angolo dell’animo provato di Scuotivento, il verme della ribellione ebbe un soprassalto.

"Bene" pensò. "Te ne ritornerai nell’Octavo, alla prima occasione che mi si presenta."

Si mise seduto.

— Che diavolo è questo? — chiese, tenendosi la testa per evitare che gli esplodesse.

— Un negozio — rispose cupo Duefiori.

— Spero che vendano dei coltelli perché avrei voglia di tagliarmi la testa. — Ma qualcosa nell’espressione dei due davanti a lui lo fece rinsavire.

— Era uno scherzo — affermò. — Più che altro, uno scherzo. Perché ci troviamo in questo negozio?

— Non possiamo uscirne — spiegò Bethan.

— La porta è scomparsa — aggiunse Duefiori.