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Le notizie riguardanti Cohen ancora non si erano propagate. Così la coppia che bruciava i libri non fece caso a lui che, avvicinatosi, si era appoggiato a un muro. Frammenti di carta bruciata fluttuavano nell’aria arroventata e si disperdevano sopra i tetti delle case.

— Che state facendo? — domandò l’eroe.

Un membro della setta della stella, una do

Due uomini uscirono dalla casa e guardarono minacciosi Cohen, o almeno il suo orecchio sinistro.

Cohen allungò una mano e prese il pesante libro che la do

— Il Necrotelecomnicon — lesse il nano. — Lo usano i maghi. Credo che serva per contattare i morti.

— Tipico dei maghi — osservò Cohen. Saggiò una pagina tra pollice e indice: era sottile e molto morbida. I caratteri, dall’effetto alquanto sgradevole di sostanza organica, non lo turbavano minimamente. Sì, un libro del genere poteva dimostrarsi un vero amico per un uomo…

— Sì? Desideri qualcosa? — chiese a uno della stella che lo aveva afferrato per un braccio.

— Tutti i libri di magia devono essere bruciati — rispose quello. Un po’ incerto, però, perché qualcosa nei denti di Cohen gli dava una sensazione strana.

— Perché?

— Così ci è stato rivelato.

Il sorriso di Cohen, ora largo e aperto, brillava minaccioso. — Io penso che dovremmo andarcene — affermò nervosamente Lackjaw. Nella strada, dietro di loro, si era formato un raggruppamento di seguaci della stella.

— Io penso che mi piacerebbe ammazzare qualcuno — ribatté Cohen, sempre sorridendo.

— La stella ordina che il Disco deve essere purificato — disse l’uomo, indietreggiando.

— Le stelle non parlano. — Cohen sguainò la spada.

— Se mi uccidi, altri mille prendera

Il tono di voce di Cohen era ragionevole: — Già, ma non è questo il punto, no? Il punto è, che tu morirai.

Il pomo d’Adamo dell’altro cominciò ad andare su e giù come uno yoyo.

Lanciò un’occhiata alla spada dell’eroe.

— È vero, sì — ammise. — Senti che ti dico… e se noi spegnessimo il fuoco?

— Buona idea.

Lackjaw lo tirava per la cintura. Gli altri correvano verso di loro. Erano in tanti, molti armati. Sembrava proprio che le cose si mettessero male.

Cohen li sfidò agitando la spada, poi si girò e si mise a correre. Il nano aveva difficoltà a stargli dietro.

— Buffo — ansimò, mentre s’infilavano a precipizio in un altro vicolo. — Ho pensato… per un minuto… che volessi rimanere… e affrontarli.

— Considerala… una… finta.

Arrivati all’estremità del vicolo, Cohen si addossò al muro, tirò di nuovo fuori la spada, chinò la testa da un lato per captare meglio il rumore dei passi che si avvicinavano, quindi fece roteare la spada all’altezza dello stomaco. Il risultato fu un rumore sgradevole e urli. Ma Cohen ormai si era allontanato su per la strada, correndo con la sua solita andatura dinoccolata per via dei calli dolenti.

Con Lackjaw che pistava al suo fianco con viso arcigno, riparò in una osteria dipinta con le stelle rosse, saltò con appena un gemito su un bancone, lo fece tutto di corsa (il nanetto, con perfetta coreografia, lo seguiva sotto di esso senza nemmeno bisogno di chinarsi in due), giunto in fondo, balzò giù, si fece strada attraverso le cucine e si ritrovò fuori in un altro vicolo.

Dopo diverse giravolte, si ripararono in un portone. Cohen, appoggiato al muro, respirava affa

— Allora — ansimò — che cosa hai trovato?

— Uhm, le ampolline — rispose Lackjaw.

— Soltanto?

— Be’, io dovevo andare sotto il tavolo, no? Anche tu non hai fatto molto meglio.

Cohen guardò con disprezzo il meloncino che era riuscito ad acchiappare al volo durante la fuga.

— Deve essere piuttosto duro — commentò, mentre addentava la scorza.

— Ci vuoi del sale? — gli chiese il nano.

Senza rispondere, Cohen teneva in mano il melone, a bocca aperta.

Lackjaw si guardò in giro. La strada senza uscita dove si trovavano era vuota, fatta eccezione per una cassa lasciata contro un muro.

L’eroe la fissava. Tese il melone al compagno senza guardarlo e uscì alla luce del sole. Il nano lo osservò strisciare intorno alla cassa silenziosamente (per quanto glielo permettevano le giunture scricchiolanti come un veliero a vele spiegate) e pungolarla una o due volte con la spada, ma con grande precauzione, quasi si aspettasse di vederla esplodere.

— È soltanto una cassa — gli gridò il nano. — Che c’è tanto di speciale in una cassa?





Senza parlare, Cohen si accovacciò a fatica e guardò da vicino la serratura sul coperchio.

— Che cosa c’è dentro? — domandò Lackjaw.

— Non ti piacerebbe saperlo — rispose l’altro. — Aiutami a rialzarmi, vuoi?

— Sì, ma questa cassa…

— Questa cassa, questa cassa è… — Cohen agitò le braccia con aria vaga.

— Oblunga?

— Sopra

— Sopra

— Già.

— Oh! — Il nano e Cohen rimasero per un momento a guardarla.

— Cohen?

— Sì?

— Che significa sopra

— Be’, sopra

Lo stivaletto rinforzato d’acciaio del nano risuonò contro una parete della cassa. Cohen trasalì. Non accadde nulla.

— Capisco — disse l’omino. — Sopra

— No — dichiarò il suo compagno. — Non… non avrebbe dovuto comportarsi così.

— Capisco — a

— Sì. Oppure portarti via la gamba con una za

— Ah! — Il nano prese gentilmente Cohen per un braccio. — Quaggiù si sta bene ed è ombroso. Perché non ti riposi un po’…

Cohen si svincolò.

— Sta fissando quel muro — disse. — Guarda, ecco perché non fa attenzione a noi due. Fissa il muro.

— Sì, certo — approvò il piccoletto per calmarlo. — Naturalmente, sta fissando quel muro con i suoi occhietti…

— Non essere idiota, lei non ha occhi — sbuffò Cohen.

— Scusa, scusa — si affrettò a dire l’amico. — Fissa il muro senza occhi, scusami.

— Secondo me, qualcosa la preoccupa — a

— Be’ è naturale, no? Immagino che desideri che ce ne andiamo e la lasciamo in pace.

— Per me, è molto perplessa — aggiunse Cohen.

— Sì, sembra certamente perplessa — assentì il nano.

— Tu come fai a dirlo? — lo rimbrottò il compagno, con un’occhiataccia.

Lackjaw trovava che i loro ruoli si erano ingiustamente ribaltati. I suoi occhi passavano da Cohen alla cassa e la sua bocca si apriva e si chiudeva.

— E tu come fai a dirlo? — ribatté.

Ma Cohen non lo ascoltava. Si era seduto davanti alla cassa, immaginando che la parete con la serratura fosse quella frontale, e la osservava intento. Lackjaw si tirò indietro. "Strano" si disse "ma quel da

— Va bene — disse alla fine Cohen. — So che tu e io non andiamo molto d’accordo, ma tutti e due stiamo cercando di trovare qualcuno che ci sta a cuore, okay?

— Io sono… — cominciò il nano, e si rese conto che l’altro stava parlando alla cassa.

— Quindi dimmi dove sono andati.

Lackjaw vide esterrefatto il Bagaglio allungare le sua gambette, prendere lo slancio e precipitarsi contro il muro più vicino. Seguì un’esplosione di mattoni d’argilla e calcinacci polverosi.