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Cohen non aveva passato molto tempo in compagnia di Duefiori. Altrimenti non si sarebbe sorpreso quando l’altro a

Bethan lanciò un’occhiata a Cohen.

— Avrebbe dovuto dire quelle cose?

— È insciolito, te lo garantisco.

E infatti, tre persone si staccarono dal gruppo intorno al fuoco e si diressero verso di loro. Non avevano l’aria di essere intenzionati a slegare nessuno. Anzi, i due uomini sembravano del tipo di quelli che, vedendo altri legati, si mettono a gingillarsi con i coltelli, a fare commenti pesanti e a sghignazzare un bel po’.

Herrena si presentò sguainando la spada e puntandola al cuore di Duefiori.

— Chi di voi è Scuotivento il mago? — chiese. — C’erano quattro cavalli. Lui è qui?

— Uhm, non so dov’è. Stava cercando delle cipolle — rispose l’ometto.

— Allora voi siete suoi amici e verrà a cercarvi. — Dopo uno sguardo a Cohen e Bethan, Herrena osservò meglio il Bagaglio.

Trymon aveva insistito che non dovevano toccare il Bagaglio. Se la curiosità può uccidere il gatto, la curiosità di Herrena avrebbe potuto massacrare un branco di leoni.

Sfilò la rete e afferrò il coperchio della cassa.

Duefiori sussultò.

— È chiuso — disse la do

— Non… non ha la chiave — rispose Duefiori.

— C’è la serratura — precisò lei.

— Be’, sì, ma se vuole restare chiuso, resta chiuso — spiegò a disagio Duefiori.

Accorgendosi del sogghigno di Gancia, Herrena perse la pazienza.

— Voglio che venga aperto. Gancia, pensaci tu — ordinò e ritornò vicino al fuoco.

Gancia estrasse un coltello lungo e dalla lama sottile e si chinò fino quasi a toccare il viso dell’ometto.

— Lei lo vuole aperto — disse. Guardò l’altro uomo con una smorfia.

— Lei lo vuole aperto, Weems.

— Già.

Gancia agitò adagio il coltello davanti al viso di Duefiori.

— Senti — disse questi in tono paziente. — Non credo che tu capisca. Nessuno può aprire il Bagaglio se lui è di umore da restare chiuso.

— Oh, già, dimenticavo. Naturale, è una cassa magica, giusto? Che ha delle gambette, dicono. Senti, Weems, ci sono gambe dalla tua parte? No?

Sempre con il coltello puntato alla gola di Duefiori, continuò: — Questa faccenda mi fa incavolare. Lo stesso vale per Weems. Lui non parla molto, ma agisce e fa la gente a pezzetti. Quindi — apri — la — cassa!

Si girò a sferrare un calcio a una parete della cassa, così forte da lasciarci un brutto graffio.

Seguì un lievissimo clic.

Gancia sogghignò. Il coperchio si sollevò adagio, pesantemente. Il riflesso del fuoco distante brillò sull’oro… una grande quantità di oro, piastre, catene, monete luccicanti nel tremolio delle ombre.

— Molto bene — disse piano Gancia.

Si voltò a guardare gli uomini ignari intorno al fuoco, che vociavano contro qualcuno fuori della caverna. Poi fissò Weems, con le labbra che si muovevano senza produrre alcun suono nello sforzo per lui insolito di fare un calcolo aritmetico mentale.

Quindi abbassò gli occhi sul suo coltello.

In quel momento il pavimento della grotta si mosse.

— Ho sentito qualcuno — affermò uno degli uomini. — Laggiù, tra… uhm… le rocce.





Dall’oscurità ve

— Ehi, voi!

— Che c’è? — chiese Herrena.

— Siete in grande pericolo — gridò il mago. — Dovete spegnere il fuoco!

— No, no — protestò la do

— C’è questo grosso vecchio troll…

— Tutti sa

— Verissimo! — urlò disperato Scuotivento. — Solo che, vedi, questo particolare troll non può farlo.

— Non può? — Herrena esitò. Era colpita dal terrore che vibrava nella voce dell’altro.

— Sì, perché, vedi, glielo avete acceso sulla lingua.

In quel momento il pavimento della grotta si mosse.

Il Vecchio No

Così, dopo un po’, si dimentica delle sue estremità. Comincia a cristallizzarsi ai bordi finché non rimane che una piccola fiammella di vita all’interno di una grande collina dagli inconsueti strati rocciosi.

Il Vecchio No

La cosa lo fece arrabbiare. Dei comandi si trasmisero lungo le vie neurali di silicone impuro. Nel profondo del suo corpo silicaceo la pietra prese a scivolare lungo speciali linee di frattura. Alberi crollarono, il manto erboso si spaccò mentre le dita, grandi come navi, si aprivano e affondavano nel terreno. Due enormi frane rocciose si produssero in alto sul pendio: occhi che si aprivano simili a grandi concrezioni opaline.

Scuotivento, naturalmente, non poteva scorgere tutto questo, dato che i suoi occhi vedevano soltanto alla luce del giorno. Però notò l’imponente massa scura spostarsi lentamente e poi i

Il sole si levò.

Non così i suoi raggi. Questo perché la famosa luce solare del mondo-Disco, la quale, come già indicato, viaggia molto lentamente attraverso il suo possente campo magico, bagnò le terre intorno all’Orlo e intraprese la sua silenziosa battaglia contro le armate della notte in ritirata. Si riversò come oro fuso sul paesaggio addormentato: brillante, limpida e, soprattutto, lenta. [Non precisamente, è logico. Gli alberi non bruciarono, le persone non diventarono tutto a un tratto ricchissime e a un tempo decisamente defunte, e dai mari non si levò il vapore. In realtà, "non come oro fuso" sarebbe un paragone più appropriato.]

Herrena non esitò. Con grande presenza di spirito corse all’estremità del labbro inferiore del Grande No

Il vecchio troll si spinse in su, come un uomo grasso che cerca di fare gli esercizi di sollevamento a terra.

I prigionieri questo non erano in grado di vederlo. Sapevano soltanto che il pavimento della caverna continuava a ondeggiare sotto di loro e che c’era un gran fracasso, tutt’altro che piacevole.

Weems afferrò Gancia per un braccio.

— È un terremoto — disse. — Andiamocene di qui.

— Non senza quell’oro — ribatté Gancia.

— Che cosa?

— L’oro, l’oro. Uomo, potremmo diventare ricchi come Creosote!

Weems poteva pure avere un quoziente d’intelligenza a temperatura ambiente, ma riconosceva l’idiozia quando la vedeva. Gli occhi del compagno brillavano più dell’oro e pareva che si fossero fissati sul suo orecchio sinistro.

Weems lanciò un’occhiata disperata al Bagaglio. Era ancora aperto con aria invitante. Il che era strano. Infatti, era lecito pensare che tutte quelle scosse gli avrebbero richiuso il coperchio.

— Non potremmo mai trasportarlo — dichiarò. E aggiunse: — È troppo pesante.

— Potremmo portarcene via un po’, accidenti! — urlò Gancia e con un balzo si avvicinò alla cassa mentre il pavimento tremò ancora.