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— È molto vecchio e grosso e infido. Sono a

— Secoli — lo corresse Beryl.

— Li schiaccerà tutti come polpette — aggiunse Jasper, saltando su e giù sulle dita dei piedi del mago.

— Certe volte accade che un troll veramente grosso e vecchio se ne vada sulle colline tutto solo e — uhm — la roccia prende il sopravvento, se capisci che intendo.

— No.

Kwartz sospirò. — La gente a volte si comporta da animali, non è forse così? E a volte un troll si mette a pensare come una roccia e alle rocce le persone non va

Breccia, un troll magrolino con un rivestimento di arenaria, batté sulla spalla di Kwartz. — Allora li seguiamo? — chiese. — La leggenda dice che dovremmo aiutare questo essere molle, Scuotivento.

Kwartz si rialzò, stette per un momento a pensare, poi afferrò il mago per la collottola e con un solo movimento scricchiolante se lo mise sulle spalle.

— Andiamo — disse con voce ferma. — Se incontriamo il Vecchio No

Tre chilometri più in là dei cavalli trottavano in fila nella notte. Tre di loro trasportavano i prigionieri, legati e imbavagliati con grande perizia. Il quarto tirava un rozzo travois sul quale viaggiava il Bagaglio, legato, imbrigliato in una rete e silenzioso.

Herrena ordinò alla colo

— Sei proprio sicuro? — gli chiese. — Io non sento niente.

— Ho visto sagome di troll — rispose quello.

Lei si guardò intorno. In quel punto gli alberi, più radi, lasciavano vedere il suolo ghiaioso; di fronte a loro il sentiero conduceva verso una collina brulla e rocciosa, dall’aspetto particolarmente ingrato alla luce rossastra delle stelle.

Alla do

Sospirò. A un tratto, la carriera da segretaria non sembrava più una cattiva scelta.

Rifletté, e non per la prima volta, che essere una guerriera includeva diversi svantaggi. Non ultimo, il fatto che gli uomini non ti prendevano sul serio finché non li avevi ammazzati. E a quel punto, la cosa non aveva più nessuna importanza. C’era poi tutta quella bardatura di pelle, che la obbligava a mostrarsi temeraria, ma la tradizione su quel punto non scherzava. E inoltre c’era la birra. Per tipi come Hrun il Barbaro o Cimbar l’Assassino andava bene spassarsela tutta la notte nei bar malfamati. Ma Herrena non ci stava, a meno che non servissero bevande come si deve in bicchieri piccoli, preferibilmente con dentro una ciliegina. Quanto ai servizi igienici…

Ma lei era troppo grande e grossa per essere una ladra, troppo onesta per essere un’assassina, troppo intelligente per fare la moglie e troppo orgogliosa per abbracciare l’unica altra professione aperta in genere a una do

Così era diventata una guerriera, e brava, e andava ammassando una modesta fortuna che amministrava con parsimonia in vista di un futuro non ancora studiato in dettaglio, ma che avrebbe certamente incluso un bidet, se dipendeva da lei.

Si udì in distanza il rumore di legno che volava in schegge. I troll non avevano mai visto la necessità di camminare evitando gli alberi.

Herrena guardò di nuovo la collina. La sommità terminava in un largo altopiano — lei socchiuse gli occhi per vedere meglio — dove si aprivano delle caverne?

Caverne di troll. Forse, però, rappresentavano una soluzione migliore che vagare nella notte. E una volta spuntato il sole, non ci sarebbero stati più problemi.

La do

— Ci dirigeremo alle caverne e accenderemo un grande fuoco all’entrata — disse Herrena. — Ai troll il fuoco non piace.

Lui le diede uno sguardo che esprimeva la sua idea su chi avrebbe dovuto impartire gli ordini, ma le sue labbra dissero: — Sei tu il capo.

— Esatto.

La guerriera si voltò a guardare i prigionieri. Quella era la cassa, proprio come l’aveva descritta Trymon. Ma nessuno degli uomini aveva l’aspetto di un mago. Neppure di un mago fallito.





— Oh, povero me! — esclamò Kwartz.

I troll si fermarono. La notte li avviluppava come velluto. Un gufo fece udire il suo verso irreale… o almeno Scuotivento suppose che fosse un gufo. Lui non era molto versato in ornitologia. Poi fu l’usignolo a cantare, a meno che non fosse un tordo. Un pipistrello svolazzò sopra la sua testa. Di questo almeno era sicuro.

Era anche stanchissimo e tutto pesto.

— Perché "oh, povero me"? — chiese.

Si sforzò di guardare nell’oscurità. Sulle colline si scorgeva in distanza un punto che poteva essere un fuoco.

— Oh, a voi i fuochi non piacciono, vero? — disse.

Kwartz a

Scuotivento si guardò cauto intorno e tese l’orecchio per captare il rumore di un troll malintenzionato. Aveva visto ciò che i troll normali erano capaci di fare a una foresta. Loro non erano per natura distruttivi, solo che trattavano la materia organica come una specie di scomoda nebbia.

— Speriamo allora che non lo trovi — si augurò con fervore.

Kwartz sospirò. — In questo caso è alquanto improbabile. Glielo ha

— È la punizione divina sciu di me — gemette Cohen, cercando di liberarsi dai lacci senza riuscirci.

Duefiori lo guardò istupidito. Il colpo di fionda di Gancia gli aveva procurato un grosso bernoccolo dietro la testa e le cose non gli erano ben chiare, a cominciare dal proprio nome.

— Avrei dovuto shtare all’erta — continuò Cohen. — Avrei dovuto fare attenzione frashtornato da tutte le tue chiacchiere sciu come sci chiama, sciu quel tuo aggeggio per mashticare. Sci vede che mi shto rammollendo.

Si tirò su appoggiandosi ai gomiti. Herrena e il resto della banda si tenevano intorno al fuoco nella bocca della caverna. In un angolo, sotto la sua rete, il Bagaglio era fermo e silenzioso.

— C’è qualcosa di strano in questa caverna — osservò Bethan.

— Coscia? — domandò Cohen.

— Be’, guardala bene. Hai mai visto delle rocce come queste?

Cohen dovette riconoscere che il semicerchio di pietre intorno all’ingresso della caverna era insolito: ognuna era più alta di un uomo, assai consunta e incredibilmente lucente. Un semicerchio analogo era disposto sul soffitto. L’effetto generale era quello di un computer di pietra costruito da un druido con una vaga idea della geometria e nessun senso della gravità.

— Osserva anche le pareti.

Cohen fissò quella più vicina, che mostrava incrostate delle vene di cristallo rosso. Non era sicuro, ma gli sembrava quasi che dei puntini luminosi si accendessero e spegnessero nelle profondità della roccia.

Decisamente c’era anche un forte spiffero. Dalle buie profondità della caverna veniva un soffio d’aria costante.

— Sono sicura che soffiava nell’altra direzione quando siamo entrati — bisbigliò Bethan. — Tu che ne pensi, Duefiori?

— Be’, non sono un esperto in caverne. Ma stavo pensando che quelle specie di stalattiti che pendono dal soffitto sono molto interessanti. Un po’ bulbose, no?

Gli altri alzarono gli occhi a fissarle.

— Non so esattamente dirvi il perché — continuò l’ometto — ma credo che sarebbe una buona idea andarcene da qui.

— Oh, sci — disse sarcastico Cohen. — Sciuppongo che faremmo meglio a chiedere a queshta gente di slegarsci e lasciarsci andare, eh?