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Così era giunto Pioppo, che aveva presentato i suoi omaggi — nulla di più — a Ogion, e che, riferì Muschio, non usciva mai dal castello. Da allora, aveva continuato la strega, il nipote non si era più visto, e si diceva che stesse tutto il giorno a letto. «Sembra un bambino malato, tutto raggrinzito», aveva detto una delle do

«Be’», confermò Tenar, «è davvero una brutta storia. Nel villaggio non dicono niente?»

Muschio alzò le spalle. Era la solita reazione: «Lascia perdere». La gente comune non doveva giudicare la condotta dei potenti. E c’era una sorta di fedeltà cieca, di legame con le proprie origini: il vecchio era il loro signore, il Signore di Re Albi, e nessuno poteva sindacare il suo comportamento… La stessa Muschio la pensava così, almeno in parte. «È rischioso», fu l’unico commento che fece. «Una simile trovata rischia di non riuscire», ma non disse che era qualcosa di malvagio.

Al castello nessuno aveva visto quel giovane, Faina. Per assicurarsi che avesse lasciato la zona, Tenar chiese a un paio di conoscenti, al villaggio, se avessero visto uno che gli assomigliava, ma otte

Adesso, Tenar prendeva con sé la bambina quando si recava al villaggio o quando si allontanava dalla casa.

A Therru, la vicinanza forzata non dispiaceva. Stava accanto a Tenar come avrebbe fatto una bambina molto più piccola, e lavorava con lei o giocava. I suoi giochi consistevano nel ripiglino, nel fare cestini, e nel baloccarsi con un paio di figurine intagliate nell’osso che Tenar aveva trovato in un sacchettino di fili d’erba, tra le cose di Ogion. Una di esse era un animale che poteva essere un cane o una pecora, e l’altra era una figura umana, uomo o do

«Dovrei cominciare a istruirla», pensava Tenar, preoccupata. «Ogion mi ha detto di insegnarle tutto, e io che cosa le insegno? A cucinare e a filare?» E un’altra parte della sua mente le rispondeva, con la voce di Goha: «E non sono due arti utili e nobili? La saggezza risiede solo nelle parole?»

La cosa, però, continuò a preoccuparla, e un pomeriggio, mentre Therru pettinava la lana per pulirla e renderla più lavorabile, e lei stessa la cardava, all’ombra del pesco, disse: «Therru, forse dovresti cominciare a imparare il vero nome delle cose. C’è una lingua in cui tutte le cose ha

La bambina ascoltava in silenzio.

Tenar posò il pettine e prese da terra una piccola pietra. «In quella lingua», disse, «la pietra si chiama tolk.»

Therru la osservò attentamente e ripeté la parola, tolk, ma senza voce, limitandosi a formarla con le labbra, che erano sempre tirate verso la parte destra, a causa della cicatrice.





La pietra continuò a rimanere una semplice pietra sul palmo di Tenar.

Nessuna delle due fece commenti.

«È ancora presto», disse infine Tenar. «Forse ci sono altre cose che devo insegnarti, adesso.» Lasciò cadere a terra la pietra e riprese il pettine e una massa di lana grigia e soffice che Therru aveva preparato per la cardatura. «Forse è meglio aspettare che ti sia dato il tuo nome vero. È ancora presto. Ascolta, questo, invece, è il momento di insegnarti le storie. Posso raccontarti storie dell’Arcipelago e delle terre di Karg. Una volta ti ho narrato una storia che mi era stata raccontata dal mio amico Aihal il Taciturno. Adesso te ne racconterò un’altra che ho imparato dalla mia amica Lodola, quando la raccontava ai nostri figli. La storia di Andaur e Avad. In un tempo lontano come mai, in un paese distante come Selidor, c’era un uomo chiamato Andaur, un boscaiolo, che si recò da solo nella foresta. Un giorno, in mezzo ai boschi, abbatté una grande quercia che, nel cadere, gridò con voce umana…»

Fu un piacevole pomeriggio per tutt’e due.

Ma quella notte, mentre giaceva accanto alla bambina addormentata, Tenar non riuscì a prendere so

Si rizzò a sedere, e gridò, nella sua lingua materna: «La maledizione ritorni su chi l’ha scagliata!» Alzò quindi la mano destra e l’abbassò, puntandola in direzione della porta. Poi balzò giù dal letto e corse alla porta, la spalancò e urlò alla foschia della notte: «Sei arrivato troppo tardi, Pioppo. Io sono già stata divorata molti a

Non ci fu risposta, non si udì alcun rumore, tra

Tenar sbarrò la porta, vi appoggiò il bastone di Ogion, e andò a controllare Therru, per vedere se dormiva ancora. Però, quella notte, non riuscì a prendere so

La mattina seguente, Tenar portò Therru al villaggio: intendeva chiedere a Ventaglio se voleva la lana che lei e la bambina avevano filato. Era soprattutto una scusa per allontanarsi dalla casa e per stare per qualche tempo tra la gente. Il vecchio disse che sarebbe stato lieto di tessere la sua lana, e parlarono per qualche minuto, sotto il grande ventaglio dipinto, mentre l’apprendista li guardava imbronciata e continuava a manovrare la spola. Quando Tenar e Therru lasciarono la casa del tessitore, qualcuno corse a nascondersi dietro la casetta in cui, un tempo, Tenar era andata ad abitare. La do