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Ma ora, ora so di avere agito bene. Ora so che avevo ragione, facendo quello che ho fatto. L’arco e la freccia ne sono la prova migliore. Un tempo io pensavo che l’Uomo fosse partito sulla strada sbagliata, credevo che in un momento dimenticato di un luogo dimenticato di un passato dimenticato, nell’era oscura e selvaggia che era stata la culla dell’umanità, l’Uomo fosse partito con il piede sbagliato, avesse preso la direzione errata. Ma ora capisco di essermi sbagliato, io, non l’Uomo un tempo. C’è una strada e una strada sola che l’Uomo può percorrere… la strada dell’arco e della freccia.
Perché ho tentato, lo sa il Signore come ho tentato!
Quando abbiamo trovato i dispersi, quando li abbiamo radunati e portati a casa, alla Casa dei Webster, io ho tolto loro le armi, non solo dalle loro mani ma anche dalle loro menti. Ho riscritto tutta la letteratura che poteva essere riscritta, e ho bruciato il resto. Sono stato un censore e l’ho fatto per il loro bene. Ho insegnato loro di nuovo a leggere e a cantare e a parlare e a pensare. Ho insegnato loro una nuova maniera di farlo, la maniera giusta di farlo. E nei libri non c’era più alcuna traccia di guerra e di armi, non c’era più alcuna traccia di odio e di storia, perché la storia è odio… ho tolto ogni traccia di battaglie e di imprese eroiche, ho soffocato anche l’ultimo squillo di trombe gloriose.
Ma è stato tempo sprecato. Perché un uomo inventerà sempre un arco e una freccia, malgrado tutto quello che si possa fare, malgrado tutte le cose che si possano tentare.
Era disceso giù per la lunga collina e aveva attraversato il torrente che scendeva ansioso verso il fiume, e ora stava salendo di nuovo, stava salendo nelle tenebre della scoscesa collina rocciosa.
Si udivano dei leggeri fruscii e il suo nuovo corpo gli diceva che erano dei topi, topi che scalpicciavano frusciando nelle gallerie che avevano scavato tra l’erba alta. E per un istante avvertì la piccola felicità che si sprigionava dai topi intenti a correre e a giocare, i piccoli pensieri liberi e semplici dei topi ebbri di gioia.
Una do
Ma un uomo aveva ucciso. Una do
Negli a
Il castello dei Mutanti si stagliava nero contro il cielo, così nero e torvo da scintillare, quasi, al chiaro di luna. Non ne usciva alcuna luce, e questo non era strano, perché dal castello dei Mutanti non era mai uscito un solo raggio di luce. Né, per quanto era dato sapere, la porta si era mai aperta sul mondo esterno. I Mutanti avevano costruito i castelli, su tutta la Terra, e vi erano entrati, e questa era stata la fine. I Mutanti si erano intromessi nelle cose degli uomini, avevano combattuto una specie di guerra beffarda contro gli uomini, e quando gli uomini se ne erano andati, anche i Mutanti se ne erano andati.
Jenkins arrivò ai piedi dell’ampia scala di pietra che conduceva alla porta del castello, e si fermò. Con la testa rovesciata indietro, guardò l’edificio che torreggiava titanico sopra di lui.
Immagino che Joe sia morto, si disse. Joe aveva una vita lunga, come tutti i Mutanti, ma non era immortale. Non avrebbe vissuto per sempre. E mi sembrerà strano incontrare un altro Mutante e sapere che non si tratta di Joe.
Cominciò a salire la grande scalinata, muovendosi con estrema lentezza, teso in ogni fibra del suo corpo prodigioso, attendendosi da un momento all’altro di captare il primo segno di beffarda ironia che sarebbe inevitabilmente disceso sopra di lui dalla costruzione immensa.
Ma non accadde nulla.
Jenkins salì gli ampi scalini e si fermò davanti alla porta e cercò qualche mezzo da usare per fare sapere ai Mutanti che lui era arrivato.
Ma non c’era niente. Non c’era un campanello e non c’era un cicalino e non c’era neppure un battente. La porta era grande e massiccia, semplice e piana, con un saliscendi dei più comuni. E questo era tutto.
Esitante, Jenkins alzò la mano e batté la porta, e batté di nuovo, e poi aspettò. Non ci fu risposta. La porta rimase muta e immobile.
Bussò di nuovo alla porta, questa volta con forza maggiore. E non ebbe risposta.
Lentamente, cautamente, sollevò la mano e la posò sul saliscendi, premette col pollice. Il saliscendi si abbassò e la porta si aprì e Jenkins varcò la soglia, entrando nel castello.
«Tu hai il cervello bacato,» disse Lupo. «Io li costringerei a venire a prendermi. Se ci riescono. Li farei correre come non ha
Peter scosse il capo.
«Forse tu faresti così, Lupo, e forse per te sarebbe giusto. Ma per me no. I webster non fuggono mai.»
«Come fai a saperlo?» domandò il lupo, niente affatto scosso dalla dichiarazione. «Stai facendo delle chiacchiere senza senso. Nessun webster è stato costretto a fuggire, prima d’oggi, e se fino a oggi nessun webster è stato costretto a fuggire, come fai a sapere che non…»
«Oh, sta’ zitto,» disse Peter.
Salirono in silenzio per il sentiero sassoso che portava alla cima della collina.
«C’è qualcosa che ci segue,» disse Lupo.
«Ti lasci trasportare dall’immaginazione,» disse Peter. «Che cosa potrebbe seguirci?»
«Non so, ma…»
«Senti qualche odore?»
«Be’, no.»
«Senti qualcosa, o vedi qualcosa?»
«No, non vedo e non sento niente, ma…»
«Allora non c’è niente che ci segue,» dichiarò con sicurezza Peter. «Non è più il tempo in cui si doveva temere che qualcosa ti seguisse!»
Il chiaro di luna filtrava tra le cime degli alberi, bagnava le fronde, trasformando la foresta in un regno incantato e sfumato, dipinto di nero e d’argento. Dal fiume che scorreva in fondo alla valle giungeva lo starnazzare lontano e soffocato di anatre rissose, prese da chissà quale disputa di mezzanotte. Una brezza dolce e leggera sfiorava il fianco della collina, e portava con sé un po’ della nebbia del fiume.
La corda dell’arco di Peter si impigliò in un cespuglio e Peter si fermò per liberarla. Alcune delle frecce che portava con sé gli caddero di mano, e lui dovette chinarsi a raccoglierle.
«Faresti meglio a trovare qualche altro sistema per portare quegli aggeggi,» grugnì Lupo. «La corda si impiglia dappertutto e quegli stecchi ti cadono e…»
«Ci ho pensato,» gli disse Peter, con calma. «Forse la soluzione sarebbe una specie di sacca da appendermi in spalla.»
Continuarono a salire la collina.
«Che cosa intendi fare quando avrai raggiunto la Casa dei Webster?» domandò Lupo.
«Vedrò Jenkins,» disse Peter. «Gli dirò quello che ho fatto.»