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Un grattare furtivo giunse improvvisamente dalla porta. Sorpreso, Grant si irrigidì, e ascoltò. Il rumore si ripeté. Poi, un guaito sottile, leggero e gentile come una carezza di seta.

Rapidamente Grant riunì i documenti e li infilò nella loro cartella, li riportò sul tavolo, e avanzò verso la porta. Quando l’aprì, Nathaniel scivolò silenziosamente nella stanza, come un’oscura ombra sinuosa.

«Oscar,» disse il cagnolino. «Non sa che sono qui. Oscar me le darebbe sode se sapesse che sono qui.»

«Chi è Oscar?»

«Oscar è il robot che si prende cura di noi.»

Grant sorrise al cane:

«Che cosa vuoi, Nathaniel?»

«Voglio parlare con te,» disse Nathaniel. «Tu hai parlato a tutti gli altri. A Bruce e al no

«D’accordo,» lo invitò Grant. «Avanti, allora, parla.»

«Tu hai dei pensieri,» disse Nathaniel.

Grant corrugò la fronte.

«Hai ragione. Forse sì, forse sono davvero preoccupato. La razza umana ha sempre dei pensieri, ha sempre delle preoccupazioni. Ormai dovresti sapere questo, Nathaniel.»

«Ti preoccupi di Juwain. Proprio come il no

«Non mi preoccupo per lui, Nathaniel,» protestò Grant, correggendolo. «Mi faccio soltanto delle domande. Rifletto e mi chiedo tante cose, e poi spero. La speranza vive sempre, sai.»

«Ma perché parlate sempre di questo Juwain?» domandò Nathaniel. «E chi è, che cosa ha…»

«In realtà, non è nessuno,» dichiarò Grant. «Cioè, vedi, una volta è stato qualcuno, ma è morto molti a

«Io so pensare,» disse Nathaniel, con orgoglio. «Io penso moltissimo, a volte. Ma non devo pensare come pensano gli esseri umani. Bruce mi dice che non devo. Lui dice che io devo pensare i pensieri di un cane e lasciare stare i pensieri degli uomini. Lui dice che i pensieri dei cani sono buoni quanto i pensieri degli uomini, e che forse sono anche migliori.»

Grant a

«In queste parole c’è molto di vero, Nathaniel. Dopotutto, tu devi pensare diversamente dall’uomo. Tu devi…»

«Ci sono tante cose che i cani sa

«Medianici?» domandò Grant.

«Sì, proprio questo,» dichiarò Nathaniel. «Non riesco a ricordare tutte quelle parole.»

Grant prese il pigiama che aveva posato sul tavolo.

«Che ne dici di passare la notte con me, Nathaniel? Ti puoi sistemare ai piedi del letto.»

Nathaniel lo guardò a occhi spalancati, occhi grandi e rotondi e umidi.

«Accidenti, vuoi dire che lo desideri sul serio?»

«Ma certo che lo desidero. Se dobbiamo essere soci, cani e uomini, faremo meglio a partire alla pari, non trovi?»

«Vedrai che non sporcherò il letto,» disse Nathaniel. «Te lo assicuro, sinceramente. Oscar mi ha fatto il bagno stasera.»

Agitò un orecchio, in quel momento.

«Però,» aggiunse, «Credo che gli siano sfuggite una pulce o due.»

Grant guardò, perplesso, la pistola atomica. Era un oggetto maneggevole, serviva a una quantità di cose utili, poteva essere usata per una larga gamma di funzioni, da quella di accendisigaro a quella di arma mortale e infallibile. Costruita per durare più di mille a

La puntò contro il terreno e la scosse vigorosamente e la pistola continuò testarda a rifiutarsi di funzionare. La batté con cautela contro un sasso vicino, e non otte

L’oscurità stava calando sulle colline che si rincorrevano sinuose e interminabili da un orizzonte all’altro. Lontano, in un punto imprecisato della valle attraversata dal fiume d’argento, un gufo lanciò il suo beffardo, irrazionale richiamo. Il richiamo del gufo parve irridere, nel silenzio, gli sforzi di Grant. Le prime stelle, piccole e dolci, sbocciarono come fiori lontani nel cielo, a oriente, dove l’oscurità si addensava nera e violetta, mentre a occidente il soffuso chiarore denso di sfumature verdognole che ricordava il passaggio del sole, il quale dopo una breve sosta sull’orlo del mondo era scivolato in basso, per rischiarare altre notti e altre colline, stava incupendo nei ricchi colori tenebrosi della notte vicina. Tra poco il cielo sarebbe stato colmo e scintillante di stelle, tra poco a oriente quelle prime fiammelle lontane avrebbero palpitato di splendore in un cielo color del velluto più scuro. Il crepuscolo stava consumando i suoi ultimi bagliori, la notte stava avanzando silenziosa e oscura.

Davanti al grosso macigno la catasta di ramoscelli secchi e di rami bruniti dal sole e dalle stagioni era già pronta, e, un poco più lontano, Grant aveva accumulato dell’altra legna, raccolta nell’ultima ora del tramonto, legna che avrebbe alimentato per tutta la notte le fiamme guizzanti e confortevoli del fuoco dell’accampamento. Ma se la pistola non funzionava, non ci sarebbe stato il fuoco a tenergli compagnia nella lunga notte. La legna sarebbe rimasta scura e affastellata, e l’unica luce sarebbe stata quella delle stelle.

Grant imprecò, sottovoce, pensando al freddo della notte che si sarebbe insinuato nelle sue ossa, durante il so

Picchiò di nuovo la pistola sulla roccia, questa volta con maggiore forza. E, ancora, senza risultato.

Si udì scricchiolare qualcosa, un ramoscello che si spezzava nelle tenebre che andavano colmando sempre più rapidamente ogni anfratto, e Grant si rialzò di scatto, sorpreso. Accanto al tronco oscuro di uno dei giganti del bosco che torreggiavano nell’ombra sempre più fitta della sera era in piedi una figura umana, alta e dinoccolata.

«Salve,» disse Grant.

«Qualcosa che non va, straniero?»

«La mia pistola…» rispose Grant, ma si interruppe subito. Non aveva senso far conoscere a quella figura indistinta, confusa tra gli alti tronchi del bosco, che lui era disarmato.

L’uomo si fece avanti, tendendo la mano.

«Non funziona, eh?»

Grant si sentì togliere di mano la pistola.

L’ospite inatteso si acquattò per terra, incrociando le gambe, facendo degli strani suoni con la bocca, uno strano chiocciare sommesso che non aveva senso alcuno. Grant cercò di vedere cosa stesse facendo lo sconosciuto, ma l’oscurità che scendeva silenziosa e sempre più fitta trasformava la mano dell’uomo in una macchia nera come l’inchiostro, confusa, che si muoveva veloce sul lucido metallo della pistola.

Si udì uno scatto, e uno stridere metallico sommesso. L’uomo aspirò profondamente l’aria e rise forte. Si udì di nuovo lo stridere metallico, e poi di nuovo lo scatto, e infine l’uomo si alzò, porgendogli la pistola.

«Tutto sistemato,» disse. «Forse funziona meglio di quanto non abbia mai funzionato prima.»

Un ramoscello scricchiolò di nuovo, si spezzò nel silenzio carico di oscurità della sera.

«Ehi, aspetti un momento!» gridò Grant, ma l’uomo se ne era già andato, un fantasma nero che si muoveva tra i fantasmi dei tronchi.

Un brivido che non era il brivido della notte salì sinuosamente dal terreno e risalì lentamente, come un serpente oscuro, il corpo di Grant, gelandogli il sangue, fermandogli per un istante il cuore. Un brivido gli fece battere i denti, come se fosse stato nudo su quelle alte colline nel cuore dell’inverno, un brivido che gli fece rizzare i capelli sulla nuca, un brivido che gli diede la pelle d’oca, un brivido di disagio che la sua volontà non poteva sopprimere.