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Sedevano a fianco a fianco, eppure adesso Ged lo guardava come da una grande distanza, attraverso un abisso. I suoi occhi erano turbati, e tardò a rispondere.

Infine a

Udendo queste parole, il suo amico seppe che erano vere. Ed ebbe paura. Ma posò la mano sulla spalla di Ged e disse soltanto: — Benissimo, allora: va bene.

Anche quella notte Ged vegliò, perché non riusciva a dormire nell’oscurità. E non volle dormire quando spuntò il terzo giorno. Continuarono a correre sul mare con quell’incessante, lieve, terribile velocità, e Veccia si stupì del potere di Ged che riusciva a mantenere un vento magico tanto forte, per ore e ore, lì sul mare aperto, dove lui sentiva il proprio potere indebolito e smarrito. E continuarono e continuarono, fino a quando Veccia ebbe l’impressione che quanto aveva detto Ged si sarebbe avverato e che sarebbero andati oltre le sorgenti del mare, a oriente, oltre le porte del giorno. Ged stava a prua, e guardava avanti come sempre. Ma adesso non scrutava l’oceano, o almeno non l’oceano che vedeva Veccia, un deserto di acqua agitata all’orlo del cielo. Negli occhi di Ged c’era una cupa visione che si sovrapponeva al mare grigio e al cielo grigio: e l’oscurità crebbe, e il velo s’infittì. Veccia non vedeva nulla di tutto questo, tra

All’improvviso Ged si alzò, a prua, e parlò a voce alta. Il vento magico cadde. La Vistacuta rallentò, e si sollevò e ricadde tra le immense onde come un pezzetto di legno. Sebbene il vento del mondo spirasse forte come sempre dal nord, la bruna vela pendeva floscia, immota. E così la barca galleggiava sulle onde, agitata dal loro grande moto lento ma senza procedere in nessuna direzione.

Ged disse: — Ammaina la vela. — Veccia si affrettò a ubbidire, mentre lo Sparviero slegava i remi e li infilava negli scalmi e cominciava a remare.

Veccia, che vedeva solo le onde alzarsi e abbassarsi a perdita d’occhio, non riusciva a comprendere perché adesso procedessero a remi; ma attese, e poco dopo si accorse che il vento del mondo si affievoliva e le onde si acquietavano. La barca non salì e non discese più con tanta violenza, finché sembrò procedere, sotto i forti colpi di remo di Ged, su un’acqua quasi immobile, come in una baia racchiusa tra due bracci di terra. E sebbene Veccia non potesse scorgere ciò che Ged vedeva, quando tra un colpo e l’altro di remo si voltava a guardare ciò che stava sulla rotta della barca… Sebbene Veccia non potesse vedere i pendii neri sotto le stelle immote, cominciò a scorgere con il suo occhio di mago un’oscurità che saliva dalle cavità delle onde tutt’intorno alla barca, e vide le onde stesse divenire lente e torpide come se fossero ostacolate dalla sabbia.

Se era un incantesimo d’illusione, era incredibilmente potente: far sembrare terra il mare aperto. Cercando di chiamare a raccolta lucidità e coraggio, Veccia pronunciò l’incantesimo della rivelazione, scrutando tra le lente parole, in attesa di un cambiamento o di un tremito dell’illusione in quello strano prosciugarsi dell’abisso dell’oceano. Ma non c’era nulla. Forse l’incantesimo, sebbene dovesse influire solo sulla vista e non sulla magia in atto intorno a loro, lì non aveva potere. O forse non era un’illusione, ed erano giunti alla fine del mondo.

Senza badare a lui, Ged remava sempre più adagio, voltandosi a guardare, scegliendo un percorso tra canali o scogli e secche che lui solo poteva vedere. La barca ebbe un sussulto, quando la chiglia strusciò. Sotto quella chiglia stavano gli immensi abissi del mare, eppure loro erano incagliati. Ged ritrasse i remi negli scalmi: e quel rumore fu terribile, perché non c’erano altri suoni. Tutte le voci dell’acqua, del vento, del legno, della vela erano sparite, perdute in un immane e profondo silenzio che forse non si sarebbe mai spezzato. La barca stava immobile. Non spirava alito di vento. Il mare si era mutato in sabbia, cupa e ferma. Nulla si muoveva nel cielo scuro o su quel terreno irreale che sconfinava nell’oscurità intorno alla barca, fino a perdita d’occhio.

Ged si alzò e prese il suo bastone, e con passo leggero scavalcò il bordo della barca. Veccia credette di vederlo sprofondare nel mare, il mare che sicuramente si trovava dietro l’asciutto e fioco velo che nascondeva acqua e cielo e luce. Ma il mare non c’era più. Ged si allontanò dalla barca. La scura sabbia mostrava le sue orme, e frusciava un poco sotto i suoi passi.

Il bastone cominciò a risplendere, non di luce incantata ma di un limpido fulgore bianco, che presto dive

Ged avanzava, allontanandosi dalla barca ma senza una direzione. Non c’erano direzioni, lì: né nord né sud né est né ovest, voltanto verso e via da.





A Veccia, la luce portata da Ged sembrava una grande stella lenta che si muovesse nell’oscurità. E l’oscurità intorno si addensò, a

Dapprima era informe, ma quando si avvicinò assunse la forma di un uomo. Sembrava un vecchio, grigio e torvo, e veniva verso Ged; ma già mentre Ged vedeva in quella figura suo padre il fabbro, si accorse che non era un vecchio ma un giovane. Era Diaspro: la bella faccia giovane e insolente di Diaspro, e il mantello grigio dalla fibbia d’argento, e l’andatura impettita. Pieno di odio era lo sguardo che fissava su Ged attraverso l’aria buia. Ged non si fermò ma rallentò il passo, e mentre avanzava sollevò più in alto il bastone. Il bastone s’illuminò di più, e nella sua luce l’aspetto di Diaspro abbandonò la figura che si avvicinava e che dive

Allora Ged levò alto il bastone, e lo splendore di questo dive

A voce alta, chiaramente, infrangendo quell’antico silenzio, Ged pronunciò il nome dell’ombra, e nello stesso momento l’ombra, senza labbra e senza lingua, parlò dicendo la stessa parola: — Ged. — E le due voci erano una sola voce.

Ged protese le mani lasciando cadere il bastone e afferrò la sua ombra, l’io nero che si tendeva verso di lui. Luce e tenebra s’incontrarono, e si congiunsero, e furono una cosa sola.

Ma a Veccia, che osservava atterrito nel crepuscolo tenebroso, da lontano, oltre la sabbia, parve che Ged fosse sopraffatto, perché vide il chiaro fulgore affievolirsi. La rabbia e la disperazione lo travolsero, e balzò sulla sabbia per aiutare l’amico o morire con lui, e corse verso quel piccolo scintillio di luce che svaniva nella vuota oscurità della terraferma. Ma mentre correva la sabbia sprofondò sotto i suoi piedi, e lui vi si dibatté come tra le sabbie mobili, in una pesante corrente d’acqua, fino a che, con un suono ruggente e nello splendore del giorno e nel freddo rabbioso dell’inverno e nel sapore amaro del sale, il mondo gli ve