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Nelle primissime ore del mattino Gibson fu svegliato da un vigoroso colpo alla porta. Era Jimmy che gli gridò di alzarsi subito e di uscire. Si vestì in tutta fretta, ma quando fu pronto Jimmy era già in strada. Lo raggiunse davanti all’albergo. Da ogni parte arrivava gente. Tutti si fregavano gli occhi ancora pieni di so
Ci volle un minuto buono prima che Gibson capisse che cosa aveva svegliato la città. L’alba stava spuntando in quel momento: il cielo a est era rischiarato dai primi raggi del Sole nascente. A est? Gran Dio, ma il chiarore si stava diffondendo a ovest!
Gibson non era affatto superstizioso, ma per un attimo la sua mente fu sommersa da un’onda di pensieri irrazionali. Ma solo per un attimo. Subito la logica riprese il sopravvento. La luce che si allargava sull’orizzonte era sempre più luminosa. Poi i primi raggi toccarono le colline intorno alla città. Si muovevano in fretta, troppo in fretta per essere i raggi del Sole. E a un tratto una meteora dorata, fiammeggiante, si alzò sopra il deserto e salì verso lo zenith con moto quasi verticale.
Fu proprio la sua stessa velocità a tradirne la vera natura. Quello era Phobos, o meglio, quello che fino a poche ore prima era stato Phobos. Adesso invece era un giallo disco di fuoco, e Gibson poteva sentirne il calore sulla faccia. La città intorno a lui era ammutolita nella contemplazione del miracolo, conscia, anche se ancora confusamente, di ciò che quel miracolo avrebbe significato per Marte.
Ecco dunque il Progetto Aurora. Gli avevano dato un nome appropriato! Adesso finalmente tutte le tessere del mosaico combaciavano, però lo scopo primo non era ancora chiaro. Aver trasformato Phobos in un piccolo sole secondario era un prodigio di… di ingegneria nucleare, forse, ma Gibson non vedeva ancora come questo avrebbe contribuito a risolvere i problemi della colonia. Si stava tormentando con mille interrogativi, quando il sistema di altoparlanti di Porto Lowell, che veniva usato raramente, si svegliò all’improvviso e la voce di Whittaker riempì le strade.
«Buon giorno a tutti» disse la voce del maggiore. «Immagino che a quest’ora siate svegli e abbiate assistito a quanto è successo. Il Presidente è sulla via del ritorno dal suo viaggio interspaziale e vorrebbe parlarvi. Gli cedo il microfono.»
S’intese uno scatto metallico, poi qualcuno disse sottovoce: «Siete in comunicazione con Porto Lowell.» Un attimo dopo dagli altoparlanti uscì la voce di Hadfield. Era stanca ma trionfante: era la voce di un uomo che aveva combattuto una battaglia di importanza vitale e l’aveva vinta con tutti gli onori.
«Salve, amici» disse. «È Hadfield che vi parla. Mi trovo ancora nello spazio ma sto tornando da voi. Atterrerò fra un’ora. Spero che il vostro nuovo sole vi piaccia. Secondo i nostri calcoli dovra
«Il vostro nuovo sole vi darà un decimo del calore solare, il che farà salire la temperatura di Marte a un livello quasi pari a quello della temperatura terrestre. Ma questa non è la ragione per la quale abbiamo bombardato Phobos, o perlomeno non è la ragione principale. Assai più che di calore Marte ha bisogno di ossigeno. Ebbene tutto l’ossigeno necessario a fornirgli un’atmosfera respirabile quasi quanto quella terrestre giace sotto i vostri piedi, imprigionato nella sabbia marziana. Due a
«Fin da questo momento, però, ne trarremo benefici tangibili. Prima di tutto farà più caldo, almeno quando Phobos e il Sole splendera
«Naturalmente ci sara
«È questo che volevo dirvi. Può darsi rimpiangiate il sacrificio che siamo stati costretti a compiere per ridare vita a questo pianeta. Ma rammentate una cosa: Marte ha perso una luna ma ha guadagnato un sole. Chi metterebbe in dubbio quale dei due beni sia il più prezioso? E adesso… buona notte a tutti!»
Ma a Porto Lowell nessuno pensò di tornare a letto. Per quello che riguardava la città la notte era finita e il nuovo giorno era spuntato. Com’era possibile staccare gli occhi dal minuscolo disco dorato che proseguiva la sua scalata al cielo, mentre il suo calore cresceva di minuto in minuto? Gibson si chiese che cos’avrebbero pensato di quel nuovo fenomeno le piante marziane. Avanzò lungo la strada verso il limite più vicino della cupola, e guardò attraverso la parete trasparente. Era proprio come aveva previsto: le piccole piante si erano tutte risvegliate e avevano rivolto la faccia al nuovo sole. Chissà come sarebbero state contente, pensò Gibson, quando nel cielo i due astri avessero brillato insieme.
Il razzo del Presidente atterrò un’ora più tardi, ma Hadfield e gli scienziati del Progetto Aurora evitarono la folla entrando in città a piedi dalla Cupola Sette e inviando a fare da esca all’entrata principale il mezzo di trasporto. Il trucco funzionò talmente bene che poterono rincasare tutti prima che la gente se n’accorgesse, sottraendosi a festeggiamenti che non avrebbero apprezzato a causa della stanchezza. Non poterono però impedire i numerosi assembramenti che si formarono in tutta la città, e nei quali ognuno affermava di aver sempre saputo sin dall’inizio cosa fosse in realtà il Progetto Aurora.
Phobos si stava avvicinando allo zenith, ed era perciò molto più vicino e quindi molto più caldo di quando era sorto, quando Gibson e Jimmy videro i loro compagni dell’Ares tra la piccola folla di coloro che avevano cortesemente ma fermamente insistito perché George aprisse i battenti prima dell’orario normale. Ognuno sosteneva di essere andato lì unicamente perché aveva avuto la certezza di trovare gli altri.