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Sulla soglia della cabina Graff si volse. — Mi domando se non siate dei bambocci lenti di comprendonio. I vostri cervellini non ha

Per il resto del volo nessuno aprì bocca. Il ragazzino seduto a fianco di Ender prestò scrupolosa attenzione a non sfiorarlo neppure.

Io non sono un killer, disse Ender a se stesso più volte. Non sono Peter. Qualunque cosa lui dica, io non lo sono e non voglio esserlo. Mi sono soltanto difeso. Avevo cercato di sopportare. E ho avuto pazienza. Non sono come lui ha detto.

Una voce dall’interfono li informò che la navetta era in fase di avvicinamento alla Scuola. Occorsero venti minuti per la decelerazione e l’attracco. Enders si tirò avanti per la scaletta in coda al gruppo, e arrampicandosi nella direzione che alla partenza era stata il basso ebbe l’impressione che gli altri fossero quasi ansiosi di lasciarselo alle spalle. Al termine del corridoio flessibile che collegava la navetta alle strutture della Scuola c’era in attesa Graff.

— Hai fatto buon viaggio, Ender? — gli domandò gentilmente.

— Credevo che lei fosse mio amico. — A dispetto dei suoi sforzi Ender sentì che gli tremava la voce.

Graff parve sorpreso. — E dove hai preso questa idea, Ender?

— Perché lei… — Perché lei era stato buono con me, e onesto. - Lei non mi ha mai mentito.

— E non voglio mentirti neppure adesso — disse Graff. — Il mio compito non è di essere tuo amico. È di formare quelli che dovra

— Lei li ha indotti a detestarmi.

— Sul serio? E tu che pensi di farci? Nasconderti in un angoletto? O baciare il sedere a tutti quanti perché ricomincino a volerti bene? Hai un solo modo perché smettano di odiarti: diventare così bravo che nessuno ti possa ignorare. Io ho detto loro che sei il migliore. Adesso farai da

— E se non ci riuscissi?

— Peggio per te. Senti, Ender, non mi rende felice pensare che tu abbia paura o ti senta solo. Ma là fuori ci sono gli Scorpioni. Dieci miliardi, cento miliardi, o per quel che ne sappiamo un miliore di miliardi. Forse con altrettante astronavi. Con armi a noi del tutto sconosciute. E con la ferma volontà di usarle per spazzarci via. Non è in gioco la Terra, Ender. Soltanto noi, soltanto la razza umana. Per quel che riguarda il pianeta noi potremmo anche scomparire, e lui andrebbe avanti verso il prossimo passo nell’evoluzione della vita. Ma l’umanità non vuole estinguersi. Come specie, noi abbiamo il dovere e l’istinto della sopravvivenza. Un istinto che si crea nelle avversità e nel loro susseguirsi finché, come prodotto dallo sforzo di generazioni, la razza dà alla luce un genio. Quello che riesce a inventare la ruota, o la luce elettrica, o il volo. Quello che costruisce una città, una nazione, un impero. Capisci il senso di questo?

Ender rifletté che lo capiva, ma non era del tutto sicuro, così non disse niente.

— No, naturalmente no. Allora sarò più chiaro. Gli esseri umani ha

— Soltanto questo? Nient’altro che strumenti?

— Individualmente gli esseri umani sono degli strumenti, che altri ha

— Questa è una menzogna.

— No, è soltanto metà della verità. Dell’altra metà potrai preoccupartene dopo che avremo vinto questa guerra.

— Potremmo essere distrutti prima che io diventi grande — disse Ender.

— Spero che non accada — borbottò Graff. — Comunque, stando qui a parlare con me non fai i tuoi interessi. Gli altri pensera

In altre parole, levati dai piedi e lasciami in pace. - Arrivederci — disse Ender. Una mano dopo l’altra si spinse lungo il corridoio nella direzione in cui gli altri erano scomparsi.

Graff lo seguì con lo sguardo.

Accanto a lui uno degli insegnanti disse: — È lui quello su cui contiamo?

— Lo sa Iddio — mormorò Graff. — Se non fosse lui, meglio che Ender ce lo faccia capire al più presto.





— Forse non è nessuno di loro — disse l’insegnante.

— Forse. Ma se le cose sta

— Lo farò.

Per un poco i due rimasero in silenzio.

— Anderson…

— Mmh?

— Il ragazzo sbaglia. Io sono suo amico.

— Lo so.

— È intelligente. Te lo dico col cuore, ha del carattere.

— Ho letto i rapporti.

— Pensa a quel che gli stiamo facendo, Anderson.

L’altro lo fissò con aria di sfida. — Stiamo cercando di farne il miglior comandante in campo della storia.

— Per poi gettare sulle sue spalle il destino del mondo. Dovrei sperare che quello che cerchiamo non sia lui, per il suo bene. E lo spero.

— Consolati, magari gli Scorpioni ci fara

Graff sorrise. — Hai ragione. Sai una cosa? Le tue profezie sono ottime per tirare un uomo su di morale.

CAPITOLO QUINTO

GIOCHI

— Lei ha tutta la mia ammirazione. Un braccio rotto…, questo è stato un colpo da maestro.

— È stato un incidente.

— Sul serio? E io che le ho già fatto ampi elogi nel rapporto ufficiale!

— La cosa è andata oltre il limite. Ha trasformato in una specie di eroe quell’altro piccolo bastardo. E potrebbe aver guastato parecchi di loro ancor prima dell’addestramento. Credevo che avrebbe chiamato aiuto.

— Chiamare aiuto? Via, ero convinto che fosse questo a renderlo prezioso ai suoi occhi: il fatto che lui risolve da solo i suoi problemi. Quando sarà fuori, con attorno a sé una flotta nemica, che chiami aiuto o meno dovrà sfangarsela da solo.

— Chi avrebbe immaginato che quel piccolo imbecille si sarebbe sganciato le cinture? E come se non bastasse, è andato a sbattere nella paratia nel modo peggiore.

— È soltanto un ulteriore esempio della stupidità militare. Chi ha un grammo di cervello cerca di far carriera in un altro campo, magari nelle assicurazioni sulla vita.

— Se è così, c’è da stare poco allegri.

— Dobbiamo soltanto accettare il fatto che lei e io siamo dei subordinati, infine. Col destino dell’umanità nelle nostre mani. Questo dà un delizioso senso di potere, no? Specialmente al pensiero che se perdiamo stavolta non resterà più nessuno per criticarci.