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CAPITOLO VENTIDUESIMO
Ormai il villaggio era tranquillo. Le celebrazioni della Società del Fuoco erano terminate; i bianchi erano tornati ad Albuquerque ed a Santa Fe. La piazza del villaggio era illuminata da lunghe chiazze di raggi lunari. In casa Estancia il televisore era acceso. Ramon e Lupe vi erano seduti davanti come ipnotizzati, e così anche la loro no
In piedi fuori di casa, intento a fissare il bagliore bluastro dello schermo, Charley fu scosso da un leggero brivido. L’inverno si stava appressando al Rio Grande. Quel pomeriggio era caduto qualche fiocco di neve; forse ne sarebbe venuta giù un bel po’, per Natale. Charley non si preoccupava del freddo. Sotto la giacca lacera aveva due cose che gli procuravano calore: una lettera scritta con una calligrafia zoppicante sopra un pezzetto quadrato di plastica rilucente, ed un piccolo tubo di metallo che era in grado di emettere un incredibile raggio di luce.
Attraversò la piazza, senza alcuna meta in particolare, seguito al piccolo trotto dal suo cane.
Quella sera la luna era assai brillante. Poteva vedere le stelle, però, senza troppa difficoltà. Ecco le tre stelle luminose della costellazione di Orione. Ecco la stella di Mirtin. Charley si sentì meglio solo ad averla riconosciuta lassù.
Fra due a
Ed un giorno verrò nello spazio a trovarti, Mirtin! Proprio nel tuo sistema solare! Non mi hai forse detto che ben presto noi saremmo arrivati fin là? E che ci sarei stato anch’io?
Gironzolò per il villaggio, attraverso la piazza deserta ed al di là del vecchio kiva, lungo la spianata coperta di arbusti, oltre la sottostazione elettrica. Non si recò fino alla caverna di Mirtin, poiché sapeva che l’avrebbe trovata vuota. Ci era già andato parecchie volte, tanto per dare un’occhiata, ma non c’era alcun bisogno di ripetere quel pellegrinaggio proprio quella sera così fredda. Si fermò sul ciglio dell’arroyo, pensando al liceo ed a tutto ciò che avrebbe imparato, e pensando anche a quel che avrebbe significato per lui andarsene dal villaggio e dalle sue strade so
Charley sollevò gli occhi al cielo.
— Ehi, Dirnani! — gridò. — Siete lassù, stasera? Potete vedermi? Ehi, sono io, Charley Estancoa! Sono quello che ha portato le tortillas a Mirtin!
Quanto volavano alti, i dischi volanti? Forse uno di essi, proprio in quel momento, stava roteando sopra la sua testa, a quindici chilometri di quota? Avevano delle macchine che potevano captare le voci dalla Terra?
— Potete sentirmi? — gridò ancora. — Sono io! Suvvia, volate più bassi, fatevi vedere! So tutto di voi!
Non successe nulla. In un certo senso, non si era aspettato che succedesse qualcosa, ma sapeva che erano lassù… e che osservavano.
Prese il laser dal suo nascondiglio e lo accarezzò. Lo regolò sul minimo e toccò la levetta, osservando poi il raggio luminoso che fuoriusciva dal tubo e tagliava di netto il ramo secco più basso di un albero. Era un oggetto incredibile, un giocattolo straordinario. Charley si ripromise di scoprire un giorno in che modo funzionava.
Lo rimise via.
Poi, con voce tranquilla, disse: — Statemi a sentire, io so che siete lassù. Fatemi solo un favore. Dite a Mirtin da parte mia che spero si rimetta presto. E ditegli grazie per aver parlato con me. Grazie per avermi insegnato tante cose. È tutto. Ringraziate Mirtin per me, eh?
Attese. Dopo un attimo, visto che non succedeva nulla, cominciò a dirigersi verso il villaggio. Si fermò, prese un sasso e lo lanciò nell’arroyo. Il suo cane abbaiò e fece grandi balzi, come se volesse addentare le stelle. Un’improvvisa raffica di vento spazzò ululando il pianoro.
Poi Charley vide una scia brillante sopra di lui… una linea vacillante di luce che sembrava sgorgare proprio dalla sommità del cielo e che discese verso il basso lentamente, perdendosi poi vicino all’orizzonte. Il suo polso aumentò il battito, e lui si mise a ridere. Stavolta non era stata una nave Dirnana, ma solo una normalissima stella cadente, tutto lì. Conosceva bene la differenza. Quello non era nulla di speciale, solo un pezzo di roccia e di metallo che si era incendiato a contatto con l’atmosfera.
Ma lo prese ugualmente come un segno. Il popolo di Mirtin gli aveva risposto, lo aveva riconosciuto. In quel preciso momento, loro si trovavano lassù, nelle loro navi. E avrebbero avuto cura di lui.
Fece un ce
— Grazie — disse. — Ehi, grazie, Dirnani!
Ritornò a grandi salti verso il villaggio, con il cane che gli correva dietro uggiolando, e nessuno dei due si fermò a riprendere fiato finché non furono in vista delle vecchie case di mattoni.