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Luz stava pensando da ore e ore, un passo dopo l’altro, che appena si fossero fermati si sarebbe lasciata cadere sulla terra o sulla sabbia o nel fango, si sarebbe lasciata cadere e non si sarebbe più mossa fino al mattino. Ma quando si fermarono vide Martin e Andre, in testa alla piccola colo

— Martin pensa che la bussola non sia esatta — disse Andre. Con aria dubbiosa la porse a Luz, come se lei potesse giudicarne la precisione con un’occhiata. Lei vide soltanto la delicata fattura, la piccola cassa di legno lucido, il cerchio d’oro, il vetro, il fragile ago brunito che tremolava fra i punti finemente incisi: "che oggetto miracoloso, bello e improbabile", pensò. Ma Martin lo guardava con disapprovazione. — Sono sicuro che devia verso est — disse. — In quelle colline devono esserci masse di minerali di ferro che fa

— Bene — disse Luz, ascoltando la propria voce per la prima volta dopo varie ore. — È molto importante?

Andre si mordicchiò il labbro. Aveva la faccia esausta e gli occhi socchiusi, spenti. — Per andare avanti, no — rispose. — Purché ci sia il sole, o di notte qualche stella. Ma per disegnare la carta…

— E se svoltassimo ancora verso est? Oltre quelle colline. Non acce

— Non possiamo ancora segnare la pista?

Poiché non volevano lasciare piste che altri potessero seguire, cercavano di tracciare il percorso sulla carta. Una carta poteva essere portata a Shantih da alcuni messaggeri, dopo un paio d’a

A volte Luz si aggrappava all’idea della carta, a volte se ne spazientiva. Martin ci teneva moltissimo, ma teneva soprattutto a nascondere il loro passaggio. Come diceva Italia, rabbrividiva ogni volta che qualcuno calpestava un fuscello e lo spezzava. Senza dubbio, in quei dieci giorni di cammino avevano lasciato il minor numero di tracce possibile per sessantasette persone.

Martin scrollò la testa alla domanda di Luz. — Vedi, fin dalla partenza abbiamo scelto il percorso più ovvio e più facile.

Andre sorrise. Aveva un sorriso asciutto, come una fessura nella corteccia di un albero, e restringeva i suoi occhi come due fessure più sottili. Per questo a Luz piaceva stare con Andre, e attingere forza da lui, da quel sorriso paziente e ironico, come se sorridesse un albero.

— Considera le possibilità, Martin! — disse Andre, e Luz comprese cosa stava immaginando: un gruppo di uomini della città, i bravi di Macmilan, con moschetti e fruste e tutto, sulle alture del Songe, che guardavano a nord, a est, a sud, l’enorme territorio disabitato, grigio-rossastro, ondulato, scurito dalla pioggia, sconfinato, senza sentieri e senza voce… e cercavano di decidere quale tra le cento direzioni possibili era stata scelta dai fuggitivi.

— Sta bene — disse lei. — Allora attraversiamo le colline.





— Non sarà più difficile che trascinarci fra questi arbusti — disse Andre.

Martin a

— Qui o altrove — disse Andre; e tirò fuori l’abbozzo di mappa sporco e sgualcito, per aggiungere un appunto.

— Subito? — chiese Luz. — O ci accampiamo?

Di solito non si accampavano prima del tramonto, ma quel giorno avevano percorso un lungo tratto. Luz girò lo sguardo sugli arbusti spinosi color bronzo, che arrivavano all’altezza delle spalle e che crescevano spaziati di un paio di metri, cosicché venivano a formare milioni di sentieri tortuosi e senza meta. Si vedevano solo poche persone del gruppo: quasi tutti si erano seduti a riposare appena era stato dato l’alt. Il cielo era plumbeo, un’unica nube omogenea. Da due notti non pioveva, ma il freddo diventava sempre più intenso.

— Be’ — disse Andre, — qualche chilometro ancora e arriveremo ai piedi delle colline: là potremmo trovare un riparo. E acqua. — La guardò con aria interrogativa, in attesa del suo giudizio. Andre, Martin, Italia, e gli altri che sceglievano il percorso, spesso si rivolgevano a lei e a un paio delle do

— Pochi chilometri — disse. Si stupiva sempre quando diceva qualcosa del genere. «Pochi chilometri», come se fossero stati meno di nulla, benché durante le ultime sei ore non avesse sognato altro che sedersi, soltanto sedersi, per un minuto, un mese, un a

— Qualche minuto di riposo — aggiunse; e si sedette, sfilandosi lo zaino e massaggiandosi le spalle indolenzite. Anche Andre si affrettò a sedersi. Martin andò a parlare con alcuni degli altri, per discutere il cambiamento di percorso. Nessuno di loro era visibile: erano tutti svaniti nel mare di cespugli spinosi e già si prendevano quei pochi minuti di riposo, stesi sul terreno grigio e sabbioso costellato di spine. Luz non vedeva neppure Andre, ma solo un angolo del suo zaino. Il vento di nordovest, leggero ma freddo, faceva frusciare i ramoscelli secchi dei cespugli. Non c’erano altri suoni.

Sessantasette persone: non si vedevano, non si sentivano. Svanite. Perdute. Una goccia d’acqua nel fiume, una parola gettata al vento. Qualche bestiola si muoveva tra la vegetazione, senza andare molto lontano, e poi si fermava: e non faceva molta differenza per quel territorio selvaggio, non più della caduta di una spina tra milioni di spine o dello spostamento di un granello di sabbia.

La paura che Luz aveva imparato a conoscere in quei dieci giorni di viaggio salì come una nebbia grigia nei campi della sua mente, come un brivido di cecità. Era sua, sua per eredità e per formazione; era per tener lontana la sua paura, la loro paura, che erano stati i