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— E cosa farete, se loro non accettera

— Passeremo alla quarta fase. Disubbidienza civile.

— Cos’è?

— Il rifiuto di ubbidire a qualunque ordine o legge emanati dall’autorità contestata. Costituiamo una nostra autorità, parallela e indipendente, e seguiamo per la nostra strada.

— Così?

— Così — disse lui, sorridendo. — Sulla Terra, sai, ha funzionato molte volte. Contro ogni genere di minacce e di arresti, di torture e di attacchi. Puoi leggere la Storia della Mirovskaya…

— Non so leggere i libri — replicò Luz, con quella sua aria sdegnosa. — Una volta ho provato… Se funzionava tanto bene, perché vi ha

— Non eravamo abbastanza numerosi. I governi erano troppo potenti. Ma non ci avrebbero mandati in esilio, vero, se non avessero avuto paura di noi?

— È quello che dice mio padre dei suoi antenati — osservò Luz. Aveva le sopracciglia contratte sugli occhi scuri e pensosi. Lev la scrutò, ammutolito per un momento dal suo silenzio, affascinato dalla sua stranezza. Perché, sebbene lui insistesse nel dirle che era una di loro, Luz non lo era: non era come Southwind, come Vera, come tutte le altre do

Era così intento a guardarla che, sebbene Southwind avesse detto qualcosa, non la udì: e quando Luz riprese a parlare, lui trasalì, e per un momento la stanza della casa di Southwind gli sembrò un luogo estraneo, alieno.

— Vorrei che potessimo dimenticare tutto — disse Luz. — La Terra… Cent’a

— Quale?

— Un nome che non significa nulla. Ubu, o Baba. Oppure Fango. È tutto fango… Se la Terra si chiama «terra», perché questo mondo non si può chiamare «fango»? — Luz sembrava incollerita, come avveniva spesso: ma quando Lev rise, rise anche lei. Southwind si limitò a sorridere, ma disse con quella sua voce sommessa : — Sì, è giusto. E allora potremmo farne un mondo nostro, invece d’imitare sempre quello che facevano sulla Terra. Se non ci fosse violenza non sarebbe necessario che esistesse la nonviolenza…

— Partire dal fango e costruire un mondo — osservò Lev. — Ma non capisci che è ciò che stiamo facendo?

— Torte di fango — disse Luz.

— No, costruiamo un nuovo mondo.

— Con i frammenti di quello vecchio.

— Se la gente dimentica ciò che è accaduto in passato, deve ricominciare da capo e non arriva mai al futuro. Per questo continuavano a fare le guerre, sulla Terra. Dimenticavano cos’era stata l’ultima. Noi stiamo cominciando. Perché ricordiamo i vecchi errori, e non li commetteremo.

— Qualche volta mi sembra, — aggiunse Andre, che era seduto sul focolare e riparava un sandalo di Southwind (la sua attività secondaria era quella di ciabattino), — se non ti dispiace che lo dica, Luz, mi sembra che in città ricordino tutti i vecchi errori per poterli commettere di nuovo.

— Non so — replicò lei, indifferente. Si alzò e andò alla finestra. Era chiusa, perché la pioggia non era cessata, faceva più freddo e soffiava un vento da est. Il fuocherello, nel camino, dava luce e calore alla stanza. Luz voltava le spalle a quel tepore, guardando attraverso i piccoli vetri a

La mattina dopo il suo arrivo a Shantih, dopo aver parlato con Lev e gli altri, aveva scritto una lettera a suo padre. Una lettera breve, sebbene avesse impiegato l’intera mattina per scriverla. L’aveva mostrata prima a Southwind e poi a Lev. Ora, mentre Lev guardava Luz, mentre guardava quella figura forte ed eretta, nera contro la luce, gli parve di rivedere la lettera, con i neri tratti rigidi. Luz aveva scritto:

Onorato signore!





Ho lasciato la nostra casa. Resterò a Shantih perché non approvo i suoi piani. Io ho deciso di andarmene ed io ho deciso di restare. Nessuno mi tiene prigioniera ,o in ostaggio. Questa gente mi ospita. Se Lei li maltratterà, io non sarò al suo fianco. Ho dovuto compiere questa scelta. Ha commesso un errore con H. Macmilan. La senhora Adelson non c’entra con la mia venuta qui. È stata una mia scelta.

Rispettosamente, sua figlia

Luz Marina Falco Cooper

Non una parola d’affetto, non una richiesta di perdono.

E niente risposta. La lettera era stata portata subito da un corriere, il giovane Welcome: l’aveva infilata sotto la porta di casa Falco e se n’era andato. Appena era ritornato a Shantih, Luz aveva incominciato ad attendere la risposta di suo padre, a temerla ma anche — visibilmente — ad aspettarla. Erano passati due giorni. La risposta non era arrivata; non c’erano stati attacchi, di notte: niente. Tutti avevano discusso i cambiamenti che la defezione di Luz poteva aver causato nei piani di Falco: ma non ne discutevano davanti a lei, a meno che fosse lei stessa a parlarne.

Ora Luz disse: — Non capisco le vostre idee, davvero. Tutte le fasi, tutte le regole, tutto quel parlare.

— Sono le nostre armi — spiegò Lev.

— Ma perché combattere?

— Non c’è altra scelta.

— Sì, c’è. Andarsene.

— Andarsene?

— Sì! Andare a nord, nella valle che avete scoperto. Andarsene. Come ho fatto io — aggiunse Luz, guardandolo imperiosamente perché lui non aveva risposto subito. — Io me ne sono andata.

— E verra

Luz scrollò le spalle. — Non l’ha

Southwind fece udire un mormorio, di protesta, di simpatia: il mormorio diceva tutto ciò che era necessario dire, ma Lev lo tradusse: — Se ne curano, Luz, e verra

— Se verrà a cercarmi, andrò ancora più lontano.

— Dove?

Luz si voltò di nuovo, senza dir nulla. Tutti avevano pensato la stessa cosa: il territorio disabitato. Fu come se quel territorio selvaggio entrasse nella casetta, come se le pareti cadessero senza lasciare un riparo. Lev c’era stato, Andre c’era stato, per quei mesi d’infinita solitudine senza voci: adesso era nelle loro anime e non potevano mai sottrarsene completamente. Southwind non era stata nei territori selvaggi, ma là giaceva sepolto il suo amore. Anche Luz, che non li aveva mai visti o conosciuti, figlia di coloro che da cent’à