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Oh, quando arriveremo a Lisbona,

Le bianche navi ci attendera

Oh, quando arriveremo…

Un uomo, sulla prima canoa, cominciò a cantare, e due o tre voci, sulla seconda, si unirono alla sua. Intorno a quel breve canto nostalgico si stendeva il silenzio della foresta disabitata.

Le rive si abbassarono ancora, si allontanarono, dive

Non c’era nessuno sveglio, negli abitati. Si avvicinarono attraversando le risaie, guidati dalle loro lanterne oscillanti. Aspirarono la pesante fragranza del fumo di torba nell’aria. Procedettero silenziosi come la pioggia lungo la via tra le casette addormentate, fino a quando Welcome gridò — Ehi, siamo arrivati! — e spalancò la porta di casa sua. — Sveglia, mamma! Sono io!

Cinque minuti dopo, metà del paese era in strada. Le luci si accendevano, le porte si spalancavano, i bambini saltellavano, cento voci parlavano, gridavano, interrogavano, lanciavano parole di benvenuto e di lode.

Lev andò incontro a Southwind, quando lei arrivò quasi di corsa, con gli occhi inso

Poi la sua espressione cambiò: guardò intorno, frettolosamente, girò lo sguardo sull’allegro scompiglio, e tornò a guardare Lev.

— Oh — disse. — Lo sapevo. Lo sapevo.

— Su, verso nord. A circa dieci giorni di marcia. Stavamo scendendo nella gola di un fiume. Le pietre gli sono scivolate sotto le mani. C’era un nido di scorpioni delle rocce. All’inizio sembrava che stesse bene. Ma c’erano decine di punture. Le mani gli si sono gonfiate…

Lev strinse le mani della ragazza; lei continuò a guardarlo negli occhi.

— È morto durante la notte.

— Ha sofferto molto?

— No — rispose Lev, mentendo.

Gli occhi di lei si riempirono di lacrime.

— Adesso è là — disse lui. — Gli abbiamo fatto un tumulo di macigni bianchi. Vicino a una cascata. Adesso… adesso è là.

Dietro di loro, tra il chiasso e il chiacchiericcio, si levò chiara una voce di do

Le mani di Southwind dive

— Vieni con me — disse lui, e cingendole le spalle con un braccio la condusse in silenzio alla casa di sua madre.



La lasciò là, con la madre e con la madre di Timmo. Uscì dalla casa e si fermò esitando, poi ritornò a passo lento verso la folla. Suo padre gli ve

— Eri con Southwind?

— Sì. Non posso…

Per un momento rimase abbracciato al padre, e la mano dura e magra gli accarezzò il braccio. Gli occhi gli s’inumidirono, offuscando la luce delle torce. Quando si staccò, Sasha indietreggiò e lo guardò, senza dir nulla, con gli occhi fissi e la bocca nascosta dagl’ispidi baffi grigi.

— Tu stai bene?

Sasha a

— Sì. Una valle. La valle di un fiume. A cinque chilometri dal mare. C’è tutto quello che ci occorre. È bellissima, dominata dalle montagne: una catena dopo l’altra, sempre più alte, più alte delle nubi, e più bianche… Non puoi immaginare quanto si debba guardare in su, per vedere le vette più alte. — Lev si era fermato.

— Ci sono montagne, fra qui e là? Fiumi?

Lev abbassò lo sguardo dalla bianca visione delle vette e fissò il padre negli occhi.

— Quanto basta per impedire che i Padroni ci seguano fin là?

Dopo un momento Lev sorrise. — Forse — disse.

S’era in pieno periodo di raccolta del riso di palude, e molti dei coltivatori non potevano venire, ma tutti gli abitati mandarono a Shantih un uomo o una do

Era una do

Vera diede il bentornato agli esploratori. Parlò della morte di Timmo, e brevemente, con calma, di Timmo stesso, come l’aveva visto il giorno della partenza. Parlò del viaggio di cento giorni attraverso il territorio disabitato. Avevano scoperto una grande area a nordest della baia di Songe, disse, e avevano trovato ciò che volevano trovare: il sito per una nuova colonia, e un percorso transitabile per raggiungerlo. — Molti di noi, qui — disse, — non sono entusiasti all’idea di un nuovo insediamento tanto lontano da Shantih. E fra noi ci sono anche alcuni nostri vicini della città, che forse desiderano partecipare ai nostri piani e alle nostre discussioni. È necessario considerare attentamente e discutere liberamente la questione. Quindi, lasciamo anzitutto che Andre e Lev parlino per gli esploratori e ci dicano cos’ha

Andre, un uomo timido e robusto sulla trentina, riferì il loro viaggio al nord. Aveva la voce bassa e non parlava con scioltezza, ma la folla ascoltò attentamente la sua succinta descrizione del mondo che si stendeva aldilà dei loro campi. Alcuni, verso il fondo, allungavano il collo per vedere gli uomini della città, dei quali Vera aveva a

Andre concluse in un mormorio il suo racconto e lasciò il posto a Lev, un giovane snello dalle ossa robuste e dai folti e lucenti capelli neri. Anche Lev esordì con qualche esitazione, cercando a tentoni le parole per descrivere la valle che avevano scoperto e per spiegare perché la ritenevano adatta a un insediamento. Via via che parlava, la sua voce acquistò calore; cominciò a dimenticare se stesso, come se vedesse davanti a sé ciò che descriveva: l’ampia valle e il fiume che avevano chiamato Sereno, il lago più in alto, gli acquitrini dove cresceva il riso selvatico, le foreste di buon legname, gli assolati pendii dove si potevano piantare frutteti e seminare campi e dove le case sarebbero state libere dal fango e dall’umidità, parlò della foce del fiume, una baia ricca di conchiglie e di alghe commestibili; e parlò delle montagne che torreggiavano sopra la valle, a nord e a est, riparandola dai venti che rendevano così freddi e fangosi gli inverni di Songe. — Le vette s’i