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Nel pomeriggio, Lev lavorò col padre e le altre tre famiglie che coltivavano il campo di riso palustre, perché l’ultimo raccolto era maturo e bisognava mietere, qualunque cosa accadesse. Suo padre andò a cena con una delle famiglie; Lev andò a mangiare con Southwind. Lei aveva lasciato la casa della madre e viveva sola nella casetta — a ovest del paese — che lei e Timmo avevano costruito quando si erano sposati. La casetta sorgeva isolata nei campi, ma in vista delle case alla periferia del paese. Spesso Lev, o Andre, o Italia (la moglie di Martin), o tutti e tre, venivano a cena, e portavano qualcosa da dividere con Southwind. La giovane do

Sapevano tutti perché erano lì: per confermarsi a vicenda d’essere tutti uniti, e per decidere cosa si doveva fare. Lo spirito del raduno era festoso, un po’ eccitato. Molti salivano a parlare e tutti dicevano, in un modo o nell’altro: — Non cederemo, non deluderemo i nostri ostaggi! — Quando parlò Lev, fu applaudito: nipote del grande Shults che aveva guidato la Lunga Marcia, esploratore dei territori disabitati, e benvoluto da tutti. Gli applausi si interruppero e ci fu un movimento tra la folla, che ormai contava più di mille persone. Era venuta la notte: le luci elettriche sotto il portico della Casa delle Riunioni, alimentate dal generatore del paese, erano fioche, ed era difficile vedere cosa stava succedendo. Un oggetto nero, tozzo e massiccio, sembrava spingersi tra la gente. Quando fu più vicino al portico si vide che era una massa di uomini, una squadra di guardie della città, che si muoveva come un blocco compatto. Il blocco aveva una voce: — Riunioni… ordine… pena… — e non si coglieva altro, perché tutti facevano domande, indignati. Lev, che stava sotto la luce, gridò per chiedere silenzio, e quando la folla tacque si udì la voce:

— Le riunioni di massa sono proibite: disperdetevi. Le riunioni pubbliche sono proibite per ordine del Supremo Consiglio, sotto pena di arresto e punizione. Disperdetevi subito e tornate a casa!

— No — disse la gente. — Perché dovremmo farlo? Che diritto ha

— Silenzio! — ruggì Andre, con una voce che nessuno gli conosceva. Quando la folla tacque di nuovo disse a Lev, mormorando come al solito: — Avanti, parla.

— La delegazione della città ha il diritto di parlare — disse Lev, con una voce alta e chiara. — E di essere ascoltata. E quando avremo ascoltato quello che ha

Guardò i soldati, e l’ufficiale ripeté in tono secco e concitato l’ordine di disperdersi. Quando ebbe finito, ci fu silenzio. Il silenzio si protrasse. Nessuno disse una parola. Nessuno si mosse.

— Avanti — gridò l’ufficiale, con voce forzata. — Muovetevi! Disperdetevi, tornate a casa.

Lev e Andre si guardarono, incrociarono le braccia e si sedettero. Holdfast, che era sotto il portico con loro, si sedette a sua volta; e poi Southwind, Elia, Sam, Jewel e gli altri. Anche la folla, sullo spiazzo, cominciò a sedersi. Era uno strano spettacolo, tra le ombre e la luce giallognola: le forme scure sembravano ridursi a metà della loro altezza, con un lieve fruscio e qualche mormorio. Alcuni bambini ridacchiavano. Dopo mezzo minuto erano seduti tutti. Restarono in piedi solo le guardie, venti uomini intruppati.

— Vi ho avvertiti — gridò l’ufficiale, e la sua voce era vendicativa e imbarazzata. Evidentemente non sapeva come comportarsi con quella gente che adesso era seduta per terra, in silenzio, e lo guardava con aria di pacifica curiosità, come se fosse stata un pubblico di bambini a uno spettacolo di marionette e la marionetta fosse lui. — Alzatevi e disperdetevi, o comincerò ad arrestarvi!

— Bene, arrestate i tren… i venti più vicini. Alzatevi. Voi alzatevi!

Le persone toccate dalle guardie si alzarono e rimasero in silenzio. — Può venire anche mia moglie? — chiese un uomo a un soldato, a voce bassa, non volendo spezzare il profondo silenzio della folla.

— Non ci sara

Dietro di loro, la folla taceva.

Poi si levò una voce, cantando. Altre voci l’imitarono, dapprima sommessamente. Era un vecchio canto, e risaliva ai tempi della Lunga Marcia sulla Terra.

Oh, quando arriveremo,

Oh, quando arriveremo alla terra libera,

Allora costruiremo la città,

Oh quando arriveremo…

Mentre il gruppo delle guardie e dei prigionieri procedeva nell’oscurità, il canto dive

I ventiquattro che erano stati arrestati dalle guardie o erano andati volontariamente ritornarono a Shantih il giorno dopo, verso sera. Erano stati messi in un magazzino, per la notte, forse perché la città non aveva posto abbastanza, e sedici erano do

Il fratello di Pamplona, Lione, era uno stimato frutticoitore; ma Pamplona, tardo e malaticcio, non aveva mai contato molto. Quello era il suo momento di gloria. Era stato in carcere, come Gandhi, come Shults, come sulla Terra. Si sentiva un eroe, ed era felice.

— Una multa? — chiese Andre, incredulo. — Denaro? Lo sa



— Una multa — spiegò Pamplona, tollerante, di fronte all’ignoranza di Andre, — vuol dire che dobbiamo lavorare per venti giorni nella fattoria nuova.

— Quale fattoria nuova?

— Una specie di fattoria nuova che fara

— I Padroni si da

— Sarà bene che lo facciano, se vogliono mangiare — disse una do

— E se non andrete a lavorare nella fattoria nuova?

— Non lo so — rispose Pamplona, confuso. — Nessuno l’ha detto. Non ci lasciavano parlare. Era un tribunale, con un giudice. Parlava lui.

— Chi era il giudice?

— Macmilan.

— Il giovane Macmilan?

— No, il vecchio, il consigliere. Ma c’era anche il giovane. È grande e grosso! Come un albero! E sorride sempre.

Lev sopraggiunse di corsa: aveva saputo del ritorno dei prigionieri. Abbracciò i primi che incontrò, nel gruppo che si era radunato sulla strada per accoglierli. — Siete tornati, siete tornati… Tutti?

— Sì, sì, sono tornati tutti, adesso puoi andare a cena!

— Gli altri, Hari e Vera…

— No, loro no. Non li ha

— Ma voi… Non vi ha

— Lev ha detto che non poteva mangiare fino a quando non foste tornati. Ha digiunato.

— Stiamo bene: va’ a mangiare. Che idea stupida!

— Vi ha

— Come ospiti, come ospiti — affermò il vecchio Pamplona. — Siamo tutti fratelli. Non è vero? E ci ha

— Ci ha