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Baley disse: «Io credo che la cosa più conveniente sia spedire altrove un po’ della popolazione in eccesso.» Era più una risposta all’immagine che si era creato mentalmente che alle parole di Norris.

«E chi la vorrebbe?» fece l’altro, in tono leggero.

«Potremmo andare su un pianeta disabitato.»

Norris si alzò e dette un colpetto sulla spalla del collega. «Lije, mangia il pollo e cerca di tornare in te. Secondo me hai preso qualche pillola da sballo.» Se ne andò, ridacchiando.

Baley lo seguì con lo sguardo e vide che rideva ancora. Norris avrebbe raccontato in giro le sue idee e i pagliacci dell’ufficio (ogni ufficio ne ha qualcuno) ci avrebbero marciato per settimane. Ma perlomeno non avrebbero pensato a Vince, ai robot e al declassamento.

Baley sospirò e piantò la forchetta nel pollo, che si era raffreddato e raggrinzito.

Quando ebbe finito lo sformato di noci, R. Daneel si alzò dalla scrivania che gli avevano assegnato quella mattina e s’avvicinò.

Baley lo guardò a disagio. «E allora?»

«Il questore non è in ufficio e non si sa quando tornerà. Ho detto a R. Sammy che useremo noi la stanza e che nessuno è autorizzato a entrare, salvo il questore stesso.»

«Perché dovremmo andare là dentro?»

«Maggior sicurezza. Sarai d’accordo con me che è tempo di pensare alla prossima mossa: non vuoi abbandonare l’indagine, vero?»

Era proprio quello che Baley voleva, ma non poteva dirlo. Si alzò e fece strada verso l’ufficio di Enderby.

Una volta dentro, Baley disse: «Va bene, Daneel. Quale sarebbe la prossima mossa?».

Il robot ribatté: «Collega Elijah, dalla notte scorsa non sei più te stesso. C’è un’alterazione nella tua aura mentale.»

Un tremendo sospetto balenò nella mente di Baley. «Sei telepatico?»

Era una prospettiva orribile, e capitava in un momento orribile.

«No, naturalmente no» disse R. Daneel.

Il panico di Baley si calmò. «Allora che diavolo sarebbe quest’aura mentale?»

«È soltanto un’espressione che uso per descrivere una sensazione che tu non puoi provare.»

«Che sensazione?»

«È difficile spiegarlo, Elijah. Ricorderai che originariamente sono stato progettato per studiare la psicologia umana, in modo da poter riferire alla gente di Spacetown.»

«Sì, lo so, poi ti ha

«Infatti, Elijah. Ma il mio progetto originale resta inalterato: io sono stato fatto per sottoporre gli uomini all’analisi cerebrale.»

«Cioè analizzare le onde del cervello?»

«Ehm, sì. Lo scopo può essere raggiunto anche senza l’applicazione di elettrodi, se esiste il ricevitore adatto. La mia mente è un ricevitore. Questo principio non viene applicato sulla Terra?»

Baley non lo sapeva. Ignorò la domanda e chiese, con cautela: «Quando misuri le onde cerebrali, che cosa ottieni?».

«Non pensieri compiuti, Elijah. Getto uno sguardo sulle emozioni e posso analizzare il temperamento, gli impulsi sotterranei, le attitudini di un uomo. Per esempio, sono stato io ad accertare che il questore Enderby era incapace di uccidere un uomo nelle circostanze che si sono verificate a Spacetown.»

«E lo ha

«Sì, la procedura non presentava rischi. Sono una macchina molto scrupolosa, da quel punto di vista.»

Di nuovo un pensiero folgorante colpì Baley: «Un momento! Il questore non sa di essere stato analizzato, vero?»





«Non c’era bisogno di ferire i suoi sentimenti.»

«Voglio dire: ti sei limitato a guardarlo e basta. Niente elettrodi, niente aghi e grafici…»

«Certamente no. Sono un’unità autosufficiente.»

Baley si morse il labbro inferiore per la rabbia e l’avvilimento. Era svanita l’ultima discrepanza, l’unica scappatoia che ancora avrebbe permesso di addossare il delitto a Spacetown.

R. Daneel aveva detto che il questore era stato analizzato e un’ora dopo il questore stesso, con perfetto candore, aveva ammesso di non conoscere il significato dell’operazione. Chiunqe fosse stato sottoposto a un elettroencefalogramma tradizionale, con elettrodi e grafici, sotto il sospetto d’omicidio, ne avrebbe conservato il ricordo per sempre.

Ma ora la discrepanza era sfumata. Il questore era stato analizzato sensa saperlo: R. Daneel diceva la verità, Julius Enderby anche.

«Bene» disse brusco Baley. «Che cosa dice la cerebroanalisi sul mio conto

«Che sei turbato.»

«Bella scoperta, vero? Si capisce che sono turbato!»

«Nel caso specifico il disturbo è dovuto a un conflitto motivazionale. Da una parte la tua leatà ti spinge a indagare tra i cospiratori terrestri che ieri ha

«Al diavolo le mie cellule cerebrali!» esplose Baley, furente. «Ti ho già detto che non ha senso fare ricerche fra i tuoi cosiddetti cospiratori! Non ha

«Perfino mio figlio è riuscito a scoprire senza difficoltà il posto dove ci nascondevamo. Ha chiamato il Dipartimento, non ha dovuto qualificarsi. I nostri preziosi cospiratori avrebbero potuto fare lo stesso, se veramente avessero voluto colpirci.»

«E non volevano?»

«È chiaro di no. Se avessero voluto creare disordini, quale occasione migliore del negozio di scarpe? Invece se ne sono andati come agnellini davanti a un solo uomo e un solo fulminatore. Un solo robot e un fulminatore, dovrei dire; aggiungi che se ti avessero riconosciuto per quello che sei, avrebbero capito che quel fulminatore non avrebbe mai sparato. Non sono che un branco di medievalisti, di i

«So che tipo di gente passa al medievalismo attivo: deboli, sognatori che trovano la vita troppo dura e si perdono in un mondo ideale del passato che non è mai esistito. Se tu potessi analizzare una setta come fai con i singoli individui, scopriresti che i medievalisti non sono più inclini all’omicidio di un Julius Enderby.»

R. Daneel disse: «Non posso accettare le tue dichiarazioni come un fatto convincente».

«Che vuoi dire?»

«Il tuo cambiamento d’opinione è stato troppo rapido. E poi ci sono delle incongruenze: hai combinato l’incontro con il dottor Gerrigel diverse ore prima che andassimo alla mensa. A quell’epoca non sapevi del mio sacchetto per il cibo e quindi non avevi motivo di sospettarmi d’omicidio. Se le cose sta

«Ti sospettavo anche allora.»

«La notte scorsa hai parlato nel so

Baley sgranò gli occhi: «Che ho detto?».

«Solo la parola "Jessie", ripetuta parecchie volte. Credo ti riferissi a tua moglie.»

Baley rilassò i muscoli tesi. Debolmente, disse: «Ho avuto un incubo. Sai che cos’è un incubo?».

«Non per esperienza personale, ovviamente. Ma il dizionario lo definisce un brutto sogno.»

«E tu sai che cos’è un sogno?»

«In base alle definizioni dei testi, sì. È un’esperienza illusoria che si fa durante quella temporanea interruzione della coscienza che voi chiamate so

«D’accordo, vada per illusione. Ma a volte le illusioni sembrano maledettamente reali. Io ho sognato che mia moglie era in pericolo: capita spesso, alla gente. La chiamavo per nome, e anche questo è un fatto che succede spesso. Puoi fidarti di quello che dico.»