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«Dopo che Elijah e Jessie sono andati a letto ho frugato l’appartamento, ma non ho trovato alcun trasmettitore. Questo complicava la faccenda. Un biraggio adeguatamente orientato può funzionare anche senza trasmettitore, ma questo richiede un equipaggiamento elaborato.

«L’analisi della situazione mi ha portato alle seguenti conclusioni: l’unico posto della Città dove un uomo può fare ciò che gli pare senza essere disturbato è il Personale. Il costume che impone l’assoluta riservatezza è tale che in quel luogo nessuno osa nemmeno guardarsi. Il Personale del settore è vicino all’appartamento di Elijah, quindi il fattore distanza è a

«E cosa hai scoperto?» domandò Baley, rapido.

«Niente, Elijah. Nessun segno di biraggi.»

Il dottor Fastolfe disse: «Ebbene, signor Baley, le sembra ragionevole tutto questo?».

Ma ora l’incertezza di Baley era scomparsa. «Ragionevole fino a un certo punto, e molto lontano dalla perfezione. Ciò che il suo agente non sa è che mia moglie mi ha detto dove ha avuto l’informazione e quando. Ha saputo che era un robot appena uscita di casa, e anche allora la voce circolava da ore. Quindi il fatto non è trapelato dalla nostra conversazione.»

«Tuttavia» disse Fastolfe «il comportamento di R. Daneel è spiegato, non trova?»

«C’è qualcosa che non è affatto spiegato» ritorse Baley, velenoso. «Quando, dove e come la notizia è trapelata? Come si è sparsa la voce che in Città c’era un robot Spaziale? Per quanto ne so eravamo solo in due a sapere la verità, il questore Enderby e io. E non l’abbiamo detta a nessuno. Questore, c’è qualcun altro nel Dipartimento a conoscenza di questa storia?»

«No» rispose Enderby, ansioso. «Nemmeno il sindaco. Solo noi e il dottor Fastolfe.»

«E lui» aggiunse Baley, indicando Daneel.

«Io?» chiese R. Daneel.

«Perché no?»

«Io sono rimasto con te tutto il tempo, Elijah.»

«Nient’affatto!» gridò Baley, paonazzo. «Sono stato al Personale mezz’ora o più prima di accompagnarti al mio appartamento. In quel lasso di tempo non ci siamo visti né parlati, ed è allora che ti sei messo in contatto con il vostro gruppo nella Città.»

«Che gruppo?» chiese Fastolfe.

«Che gruppo?» fece eco, quasi simultaneamente, il questore Enderby.

Baley si alzò e andò al ricevitore tridimensionale. «Questore, voglio che ascolti attentamente ciò che sto per dire. Mi faccia sapere poi se non quadra. Viene denunciato un delitto, e guarda caso proprio nel momento in cui lei sta entrando a Spacetown perché ha un appuntamento con la vittima. Le viene mostrato il cadavere di qualcosa che si ritiene sia umano, ma poi il cadavere viene bruciato e non è possibile esaminarlo.

«Gli Spaziali insistono che l’assassino è un terrestre, anche se l’unico modo per sostenere questa teoria è ammettere che un abitante della Città sia arrivato qui attraversando l’aperta campagna, di notte e da solo. Sa meglio di me quanto sia inverosimile tutto questo.

«Poi mandano un cosiddetto robot nella Città, anzi, insistono nel mandarlo. La prima cosa che il robot fa è minacciare una folla umana con un fulminatore. La seconda è diffondere la notizia che un automa fabbricato dagli Spaziali si aggira per New York. Anzi, le informazioni che fornisce sono così specifiche che la gente sa del suo lavoro con la polizia: Jessie me l’ha detto chiaro. Ciò significa che tra non molto si verrà a sapere che è stato il robot a puntare quel fulminatore; forse già adesso, nei quartieri del Jersey dove cresce il lievito e negli stabilimenti idroponici di Long Island, si mormora che un robot-killer è in libertà.»

«È impossibile, impossibile!» gemette Enderby.





«No, non lo è. È esattamente quello che sta succedendo. Non vede, questore? C’è un complotto in Città, d’accordo, ma le fila sono tenute a Spacetown. Gli Spaziali vogliono lamentarsi di un delitto, vogliono i disordini, vogliono un attacco contro Spacetown. Più la situazione si deteriora, meglio va

Fastolfe disse, mite: «I disordini di venticinque a

«Allora non eravate pronti. Adesso sì.» Il cuore di Baley batteva all’impazzata.

«Signor Baley, lei ci attribuisce intenzioni abbastanza contorte. Se volessimo occupare la Terra, potremmo farlo in maniera molto più semplice.»

«Forse no, dottor Fastolfe. Il suo cosiddetto automa mi ha spiegato che l’atteggiamento dei Mondi Esterni verso la Terra non è affatto omogeneo. Credo che in quel momento dicesse la verità. Forse una occupazione immotivata del nostro pianeta verrebbe conda

«Come un omicidio, eh? Voleva arrivare a questo? Deve ammettere che la cosa più conveniente sarebbe un omicidio simulato, perché non avrebbe senso sacrificare la vita di uno di noi.»

«Avete costruito un robot identico al dottor Sarton, gli avete sparato e poi avete mostrato i resti al questore Enderby.»

«E poi» continuò il dottor Fastolfe «avendo usato R. Daneel per impersonare il dottor Sarton nel falso delitto, avremmo usato il dottor Sarton per impersonare R. Daneel nelle false indagini.»

«Esatto. Le sto dicendo questo in presenza di un testimone che non può essere eliminato perché non si trova qui fisicamente; un testimone importante, che verrà ascoltato dal governo della Città e dalla stessa Washington. Siamo pronti ad affrontarvi perché conosciamo i vostri piani. Se necessario il nostro governo riferirà direttamente al vostro popolo, esponendo la situazione per quella che è. Dubito che un inga

Fastolfe scosse la testa: «La prego, signor Baley, lei si sta comportando in modo irragionevole. Ciò che dice è del tutto campato in aria. Supponga, per un solo momento, che R. Daneel sia ciò che dice di essere: un robot. Non ne seguirebbe che il corpo esaminato dal questore Enderby sia effettivamente quello di Sarton? Sarebbe ragionevole supporre che fosse un robot anche quello: il questore ha assistito alla fabbricazione di R. Daneel e sa che ce n’è uno solo».

«Se siamo a questo punto» disse Baley, cocciuto «il questore non è un esperto di robotica. Potreste averne a dozzine, di automi del genere, e mantenere tutti all’oscuro.»

«Si attenga al problema, signor Baley: che cosa succederebbe se R. Daneel fosse veramente R. Daneel? Non cadrebbe a pezzi tutto il suo ragionamento? Su che basi fonderebbe il melodrammatico, implausibile complotto che ha immaginato?»

«Se fosse R. Daneel, ma è proprio questo che nego. Per me è un uomo.»

«Eppure lei non ha esaminato la questione a fondo, signor Baley» disse Fastolfe. «Per distinguere un robot, anche umanoide, da un essere umano, non è necessario fare complicate e traballanti deduzioni da episodi insignificanti. Mi spiego meglio: hai mai tentato di pungere R. Daneel con uno spillo?»

«Cosa?» Baley spalancò la bocca.

«È un esperimento semplice. Ce ne sono altri non altrettanto facili, come guardare la sua pelle e i suoi capelli al microscopio, oppure osservare il modo in cui "respira": sembra che lo faccia proprio come noi, specie quando si serve dell’aria per parlare, ma ha mai notato che passano minuti senza che respiri affatto? E del resto si potrebbe raccogliere un campione dell’aria da lui espirata e misurare il contenuto di anidride carbonica; o prendergli un campione di sangue, o cercare di sentirgli il polso, o il battito cardiaco sotto la camicia. Capisce che cosa voglio dire, signor Baley?»

«Sono solo parole» disse Baley, a disagio. «Non mi lascerò incantare. È vero, non ho tentato nessuno di questi esperimenti: ma crede che il suo cosiddetto robot mi avrebbe permesso di fargli un’ipodermica o auscultarlo con lo stetoscopio?»