Добавить в цитаты Настройки чтения

Страница 7 из 47



— Dirà che era un cavallo — fece Orr, in tono calmo ma dolente. — Lo è sempre stato. Dopo il mio sogno. Era un cavallo. Ho creduto che forse, visto che era stato lei a suggerirmi il sogno, forse anche lei, come me, poteva conservare il doppio ricordo. Ma ora vedo che non è affatto così. — E i suoi occhi, che ora non fissavano più in basso, si puntarono nuovamente su Haber con la loro chiarezza, la loro carica di sopportazione, la loro tranquilla e disperata richiesta di aiuto.

Quell’uomo era malato. Bisognava curarlo. — Vorrei che lei tornasse da me, George. Domani, se le è possibile.

— Be’, il lavoro…

— Si faccia dare un’ora di permesso, e venga da me alle quattro. Lei è in Terapia Volontaria. Lo comunichi al suo capufficio, e non provi nessun falso pudore nel dirglielo. Prima o poi, l’82 per cento della popolazione finisce in Terapia Volontaria, per non parlare del 31 per cento che finisce in quella obbligatoria. Quindi, venga da me alle quattro, e riprenderemo a lavorare insieme. Otterremo certamente dei buoni risultati, lo sa anche lei. Per ora, eccole una ricetta per del meprobamato: terrà un po’ in sordina i suoi sogni, ma senza eliminare lo stadio-d. Può richiedere all’automatico una nuova dose ogni tre giorni. Se le succede di fare un sogno, o qualsiasi altra esperienza, che la spaventa, telefoni a me, giorno e notte. Ma non credo che le possa succedere, se prende il meprobamato; e se è disposto a lavorare seriamente con me, in poco tempo potrà fare a meno dei farmaci. Risolveremo tutto questo suo problema dei sogni, lo metteremo sul tappeto, in chiaro. D’accordo?

Orr prese la ricetta su scheda perforata. — Sarebbe un enorme sollievo — disse. Sorrise: un sorriso un po’ sforzato, infelice, ma con una sfumatura ironica. — Ah, a proposito del cavallo… — fece.

Haber, che lo superava di tutta la testa, lo fissò.

— Mi ricorda lei — disse Orr.

Haber lanciò subito un’occhiata alla riproduzione. Era vero. Grosso, robusto, irsuto, color castano rossiccio, lanciato su di te al galoppo…

— Forse — chiese, in tono simpatico e perspicace, — il cavallo del sogno assomigliava a me?

— Certo, le assomigliava — disse il paziente.

Quando Orr fu uscito, Haber si sedette e rimase a fissare un po’ allarmato la riproduzione fotografica di Tamma



CAPITOLO TERZO

Coloro che sono aiutati dal Cielo sono da noi chiamati figli del Cielo. Essi non imparano attraverso lo studio. Essi non elaborano mediante il lavoro. Essi non ragionano servendosi della ragione. Arrestare la comprensione a ciò che non può essere compreso è un grande conseguimento. Chi non saprà farlo verrà distrutto dalla Falce dei Cieli.

George Orr lasciò l’ufficio alle 3 e mezza e si diresse alla stazione del metrò; a piedi, perché non possedeva un’auto. Forse, risparmiando, si sarebbe potuto permettere una VW a vapore e relativa tassa di circolazione, ma a che scopo? Il centro era un’isola pedonale, ed egli abitava proprio laggiù. Aveva preso la patente, ancora negli a

Orr guadagnò l’uscita alla fermata di Est Broadway, e si fece strada per quattro isolati attraverso la folla crescente degli impiegati che uscivano dall’ufficio, fino a raggiungere la East Tower Willamette: un colo

Nell’Oregon occidentale era sempre piovuto, ma ora vi pioveva incessantemente; una pioggia continua e calda. Era come vivere sotto un eterno scroscio di brodaglia tiepida.

Le «Città Nuove» — Umatilla, John Day, French Glen — erano state costruite a est delle Cascate, in una zona dove trent’a

Miss Crouch, con un sorriso privo d’interesse, lo fece entrare immediatamente. Orr avrebbe detto che gli uffici degli psichiatri, come le tane di coniglio, avevano sempre due porte: una d’ingresso e una d’uscita, ma quello di Haber aveva una porta sola. Però Orr dubitava che i pazienti corressero il rischio di scontrarsi mentre entravano e uscivano da lì. Alla Clinica Universitaria gli avevano detto che il dottor Haber teneva soltanto un numero limitato di pazienti, dato che, essenzialmente, era un ricercatore. Questo gli aveva fatto pensare a una persona affermata e un po’ ritirata, e il comportamento gioviale e sicuro del medico gli aveva confermato tale convinzione. Ma oggi, meno nervoso, si accorse di vari particolari che non aveva notato. L’ufficio non dava l’impressione cuoio e acciaio cromato caratteristica del successo finanziario, né l’impressione stracci e provette del disinteresse scientifico; il rivestimento delle poltrone e del divano era in vinile, la scrivania era un tavolo metallico con rivestitura in laminato plastico imitazione legno. Nulla, lì dentro, era genuino. Il dottor Haber, grosso, capigliatura folta e rossiccia, denti bianchi, esclamò con un gran vocione: — Buon giorno!