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La titanide si alzò e le rivolse un inchino piegando le gambe anteriori.

— Che il sacro flusso ci unisca — mormorò Robin, inchinandosi a sua volta, e osservando quella che presumibilmente doveva essere la sua compagna di viaggio. Oboe era coperta di uno spesso pelo, simile a un velluto, spesso sette o otto centimetri. Solo in corrispondenza delle palme delle mani, di piccole aree sulla punta dei seni, e di parti della faccia si poteva scorgere la pelle nuda, che era di un ricco color verde oliva. Anche il pelo era color oliva, ma segnato da ghirigori simili alle impronte digitali degli uomini. Solo il pelo della coda e i capelli erano bianchi come neve. Pareva un grosso animale di pezza, con cuciti due grandi occhi castani.

— Conoscete Cornamusa, vero? — proseguì Cirocco. — Il Vecchio Cornamusa è… diciamo, il nipote del primo titanide che abbiamo incontrato. La sua retromadre è stata la prima Cornamusa Miscioie… — S’interruppe, perché incontrava difficoltà a pronunciare la parola. — Mic-so-io-ni-a nata. Poi s’incrociò con il suo antepadre. Sembra una cosa molto riprovevole dal punto di vista umano, ma vi assicuro che per i titanidi è una saggia misura di eugenetica. Cornamusa è un Duetto Lidio. — Ruttò, con aria sorpresa. — Come tutti noi.

— Cosa intendi dire? — domandò Chris.

— Tutti gli esseri umani sono Duetti Lidii — disse Cirocco. Trovò una pe

— Osserva qui — disse. — Questo è un Duetto Lidio. La riga in alto è la femmina, quella in basso il maschio. L’asterisco è l’uovo non fecondato. La freccia in alto indica dove va l’uovo, e quella sotto indica chi scopa e chi si fa scopare, primario e secondario. Duetto Lidio: antemadre e retromadre sono femmine; antepadre e retropadre sono maschi. Esattamente come negli umani. L’unica differenza è che i titanidi devono farlo due volte. — Rivolse a Chris un’occhiata ammiccante. — Doppio godimento, eh?

— Rocky, non sarebbe meglio…

— È l’unico modo in cui i titanidi si accoppiano come lo fa

— Rocky…

— Come fa? — chiese Chris, incuriosito. — Ha un rapporto sessuale con se stessa? — Gaby gli rivolse un’occhiata disgustata, ma l’intervento di Chris non ebbe molta importanza, perché Cirocco non udì le sue parole. Fissava il tavolo dondolando la testa, e guardava lo schema che lei stessa aveva disegnato.

— Non è come pensi — gli spiegò Oboe. — Sarebbe fisicamente impossibile. Si fa manualmente. Si raccoglie il seme e poi lo si inserisce. Il seme di un retropene può fecondare un’antevagina, ma solo se si tratta dello stesso individuo, non tra…

— Ragazzi, ragazzi, lasciatemi un po’ di respiro, per piacere. D’accordo? — Gaby passò lo sguardo su tutti, e alla fine lo posò su Cirocco. Poi fece una smorfia e si alzò in piedi. — Signore e signori e titanidi, speravo che questo viaggio potesse essere pianificato meglio. Credo che Rocky avesse da dire alcune cose, ma non importa. Può dirle un’altra volta.

— ’ltra volta — borbottò Cirocco.

— Bene. Comunque, la prima parte del viaggio è molto facile. Ci limiteremo a scendere il fiume, senza un pensiero al mondo. Basterà caricare l’equipaggiamento sulle barche, e metterle in acqua. Perciò, cosa ne direste di alzarci e di partire?

— Partire! — le fece eco Cirocco. — Un brindisi! Al cammino che dobbiamo fare! Che ci porti all’avventura, e che ci faccia ritornare a casa sani e salvi. — Si alzò in piedi e sollevò il boccale. Robin dovette usare entrambe le mani per sollevare il suo, e lo spinse verso quello degli altri, con grandi tinti

Però, non aveva perso i sensi. Robin non seppe decidere se fosse un bene o un male.

— Aspettate un momento — disse poi Cirocco, sollevando le braccia. — Sapete cosa fa la birra. Devo andare a incipriarmi il naso. Arrivo subito. — Si avviò dondolando verso l’altra sala.

Si udì un urlo. Mentre Robin si stava ancora chiedendo chi fosse stato, Gaby si alzò e corse nell’altra stanza, riuscendo in qualche modo a farsi strada in mezzo al pigia-pigia dei titanidi.

— L’ho riconosciuto! È lui! È qui!





Ora riconobbe la voce di Cirocco e si chiese che cosa potesse averla spaventata a quel punto. Robin cominciava ad avere dei dubbi sulla personalità della Maga, ma non le pareva che potesse essere una codarda.

A un’estremità del bancone di mescita, nei pressi della porta, si era formata una piccola folla. C’era poca speranza che una della sua taglia riuscisse a vedere qualcosa in mezzo a tutti quei posteriori di titanidi che bloccavano la visuale, e perciò Robin saltò sul bancone stesso e poté in tal modo arrivare fin quasi al centro del gruppo.

Vide che Cirocco veniva confortata da un titanide che Robin non aveva mai visto. Gaby era poco lontano. In una mano aveva un coltello, e con l’altra faceva dei gesti minacciosi in direzione di un uomo che stava curvo sul pavimento, davanti a lei. Alla luce tremolante delle lampade si vedevano i denti di Gaby brillare come za

— Alzati, alzati — disse a denti stretti. — Sei uguale a tutte le altre merde sul pavimento, schifoso. È ora che qualcuno ti sbatta via, e me ne voglio occupare io.

— Non ho fatto niente — gemette l’uomo. — Lo giuro, chiedilo a Rocky. Non avevo intenzione di fare niente di male, sono stato bravissimo. Tu mi conosci, Gaby.

— Ti conosco fin troppo bene, Gene. Ho avuto due possibilità di ucciderti, e sono stata una stupida a lasciarmele sfuggire. Alzati, e affronta la tua sorte; questo, può farlo anche un verme come te. Alzati, o ti ammazzo laggiù come il maiale che sei.

— No, non farmi del male. — Si piegò su se stesso, tenendosi con le mani l’inguine, e cominciò a piagnucolare. Anche se fosse stato in piedi, avrebbe fatto compassione. Braccia e faccia, anzi, tutta la pelle visibile, erano coperte di vecchie cicatrici. Aveva i piedi nudi e sporchi, ed era vestito di stracci. Aveva una benda nera, come quella dei pirati, sull’occhio sinistro, e gli mancava parte di un orecchio.

— Alzati! — ordinò Gaby.

Con sua somma sorpresa, Robin udì che Cirocco prendeva la parola, e che parlava in tono del tutto privo dei fumi dell’alcool.

— Ha ragione, Gaby — disse, tranquilla. — Non ha fatto niente. Diavolo, non appena mi ha visto, ha cercato di scappare. Ho gridato soprattutto per la sorpresa di vedermelo davanti.

Gaby drizzò un poco la schiena. Dagli occhi le scomparve una parte della luce belluina.

— Intendi dire che non devo ucciderlo? — chiese, senza nessun tono particolare.

— Per l’amor di Dio, Gaby — mormorò Cirocco. Pareva calma, adesso, ma ancora un po’ tremante per l’agitazione di prima. — Non puoi tagliarlo a fette come una bestia da macello.

— Sì, lo so. Ho già sentito altre volte queste parole. — Appoggiò un ginocchio a terra per portarsi all’altezza dell’uomo, e con il piatto della lama gli fece girare la testa.

— Cosa fai, Gene, da queste parti? Cosa stai combinando?

Lui piagnucolò e balbettò per qualche istante. — Venivo a bere, nient’altro. La gola diventa secca, con questo caldo.

— I tuoi amici non sono qui. Ci deve essere una ragione, se sei venuto a Titantown. Tanto per dirne una, non correresti il rischio di incontrarmi, se non avessi dei buoni motivi per venire qui.

— Hai ragione, Gaby, hai ragione, mi fai paura, è vero. Sì, certo, il vecchio Gene sa che non deve mettersi sulla vostra strada. — Rifletté per un attimo, e fece una smorfia nel pensare alle implicazioni della cosa, cosicché si affrettò a cambiare discorso. — Me n’ero dimenticato, Gaby, non sapevo che eri qui, nient’altro.