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A volte, qualcosa di ciò che giungeva all’orecchio di Chris gli risultava del tutto incomprensibile. Tutt’al più poteva pensare che erano "esperimenti". Ma per i titanidi qualsiasi tipo di suono rientrava nella musica. I tipi apprezzati dagli umani erano un piccolo gruppo, un angolino della grande famiglia delle forme musicali. Una delle esecuzioni udite da Chris erano solo delle note prolungate, in gruppi di tre o quattro, ciascuna spostata di pochi cicli al secondo rispetto alla frequenza dell’altra. Si formavano dei battimenti, e i titanidi riuscivano a trasformare in una particolare forma di musica anche quelli.

Attraversare la folla del Festival Rosso era come viaggiare dentro un mixer a cinquantamila piste con componenti elettroniche vive. Forse da qualche parte c’era un super-titanide, un super-ingegnere del suono, che spostava i cursori, amplificando una pista, abbassando il volume di un’altra, facendo emergere per pochi istanti una linea melodica, per poi farla svanire.

Ogni tanto, qualcuno indirizzava un canto alla sua compagna (o doveva dire il suo veicolo? la sua cavalcatura?) e lei salutava con la mano e rispondeva con qualche breve canto. Poi un titanide la chiamò in inglese.

— Che cos’hai, lì con te, Valiha?

— Il mio quadrifoglio portafortuna, spero — rispose Valiha. — Il mio biglietto per maternità.

Chris fu lieto di sapere il suo nome. A quanto pareva, la titanide lo conosceva, fin troppo bene, a dire il vero, e si aspettava che anche lui la conoscesse. Chris si domandò, e non per la prima volta, che cosa fosse successo tra loro.

La loro destinazione era un cratere dalle pareti rosicchiate e con un diametro di mezzo chilometro. Cercò nei propri ricordi il nome, che per qualche istante rimase fuori portata, e che poi si lasciò afferrare: Grandioso. Un nome che era privo di una spiegazione, ma che gli pareva giusto, come spesso gli capitava quando usciva da uno dei suoi attacchi. Anche la roccia posta ai margini del cratere aveva un nome, ma Chris non riuscì a farselo venire in mente.

Giunto al bordo di Grandioso si guardò alle spalle per dare un’occhiata all’accampamento dei titanidi, una gabbia di matti da cui si levava il rumore di mille orchestre intente ad accordare gli strumenti, un tumulto di colori che terminava in una lunga nube di polvere portata via dal vento.

Entrare nel cratere fu come scendere in un altro mondo. C’erano molti titanidi, ma senza la baldoria e l’anarchia dell’accampamento. Grandioso era coperto da un tappeto di erba verde, e su quel tappeto era tracciata una rete di linee bianche. I titanidi si erano disposti in piccoli gruppi, con un massimo di quattro per ogni riquadro, come pedine di un gioco su scacchiera. In alcuni dei riquadri si scorgevano strutture allegre ma dall’aria deperibile, come per esempio baldacchini di fiori. Altri erano spogli. Valiha entrò in quel dedalo, percorse quattro riquadri in avanti e sette di lato. Si unì a due altri titanidi, in un riquadro in cui erano contenuti alcuni oggetti strani, come corone di agrifoglio e un’intera serie di pietre lucide, il tutto disposto secondo configurazioni che a Chris non dicevano assolutamente niente.

Valiha fece le presentazioni, e Chris si sentì chiamare "Fortunato" Major. Cosa poteva averle raccontato? I due titanidi erano una femmina chiamata Cembalo (Trio Lidio) Preludio e un maschio dall’improbabile nome di Hichiriki (Quartetto Frigio) Madrigale. Anche Valiha, ve

— E tutto questo… — Evitando di terminare la frase, Chris sperava di nascondere la propria ignoranza di cose che invece, secondo la titanide, avrebbe dovuto sapere benissimo. Indicò le linee bianche, le pietre e le corone. — Che modo era, mi dicevi?

— Trio Mixolidio Doppio Bemolle — rispose lei. A quanto pareva, il nervosismo le metteva voglia di parlare, anche se si trattava di argomenti detti e ridetti. — È sulla targhetta che puoi vedere di fronte a noi. Capirai che non vuole dire niente… un Trio Mixolidio Doppio Bemolle non ha nessun significato nella musica; è solo una serie di parole inglesi che noi usiamo al posto delle parole vere, che tu non sapresti cantare. Oh, forse non l’ho detto, ma questo modo significa che Cembalo è l’antemadre e Hichiriki l’antepadre. Se otteniamo l’approvazione, Cembalo sarà il retropadre.

— E tu la retromadre — disse Chris, ormai fuori pericolo.

— Esatto. Loro due ha

— L’uovo.





— Eccolo. — Infilò la mano nel marsupio (comodo, pensò Chris, avere una borsa naturale) e gli lanciò un oggetto grosso come una pallina da golf. Sorpreso, lui per poco non lo lasciò cadere, e Valiha rise.

— Non ha il guscio — spiegò. — È il primo che vedi? — Aggrottò leggermente la fronte.

Chris era perplesso. Quell’uovo era piuttosto duro, e pareva pieno. Era una sfera perfetta, color dorato pallido, con dei ghirigori più scuri sulla superficie, simili alle impronte digitali. Era leggermente traslucido, e al suo interno si scorgevano aree lattiginose. Qualcuno aveva scritto sulla superficie alcuni caratteri nell’alfabeto dei titanidi.

Restituì l’uovo a Valiha, e guardò la targhetta indicatagli dalla titanide. Era posata a terra, era larga una decina di centimetri e sulla sua superficie erano incisi alcuni simboli e alcune linee:

— La lettera F significa "femmina" — disse qualcuno, dietro di lui. Si voltò, e vide due do

— E la M, ovviamente, sta per "maschio". L’asterisco alla destra è l’uovo semi-fecondato prodotto dall’antemadre, e la freccia che parte dalla riga in basso spiega come sia avvenuta la prima fecondazione. Questo è un Trio Mixolidio Doppio Bemolle, in cui l’antemadre è anche il retropadre. I gruppi mixolidii sono quelli con due femmine, a parte i Duetti Eoli, in cui sono tutte femmine. Tutti i gruppi eoli sono di sole femmine. I modi lidii sono di una sola femmina e di uno, due o tre maschi, e il modo frigio, di cui esiste solo il quartetto, ha tre femmine e un maschio, che è l’antepadre.

La do

La ragazza sospirò, raddrizzandosi.

— C’è ancora qualcosa che mi sfugge — disse, parlando con un leggero accento che Chris non riuscì a individuare. Indicò lo stesso Chris come se si fosse trattato di una statua. — Ma lui, cosa c’entra?

L’altra do

Parlando, aveva continuato a guardarlo; ora, per la prima volta, incontrò il suo sguardo, cercò in esso qualcosa e, non trovandolo, sorrise. Gli porse la mano.