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Kivrin si chiese perché stessero suonando, se si trattava dei vespri o del mattutino, ma non aveva modo di saperlo perché Badri le aveva detto che non poteva prevedere quanto slittamento si sarebbe verificato; il tecnico aveva anche consigliato di rimandare la transizione del tempo necessario ad effettuare una serie di controlli, ma il Signor Gilchrist aveva ribattuto che secondo la Sezione Statistiche lo slittamento medio doveva essere di circa 6,4 ore.

Inoltre lei non sapeva a che ora fosse avvenuta la transizione. Era uscita dalla stanza di preparazione alle undici e tre quarti… aveva notato che la Signora Montoya stava controllando il proprio cronometro e le aveva chiesto che ore fossero… ma non sapeva quanto tempo fosse trascorso dopo quel momento. Le erano parse ore intere.

La transizione era stata fissata per mezzogiorno, quindi se era avvenuta all'ora stabilita e la Sezione Statistiche aveva avuto ragione in merito allo slittamento adesso dovevano essere le sei di sera, il che significava che era troppo tardi per i vespri. E poi, se si trattava dei vespri, perché la campana stava continuando a rintoccare?

Era possibile che stesse suonando per la messa, o per un funerale o un matrimonio. Nel medioevo le campane avevano suonato quasi di continuo… per avvertire di un'invasione o di un incendio o per aiutare un bambino sperduto a tornare al villaggio o perfino per allontanare le tempeste, quindi era possibile che quella particolare campana stesse suonando praticamente per qualsiasi ragione.

Se fosse stato presente, il Signor Dunworthy si sarebbe certo convinto che stava rintoccando a morto per un funerale.

— La durata media della vita nel 1300 era di trentotto a

O non si era morti congelati, rifletté Kivrin, che cominciava a sentirsi rigida per il freddo anche se era rimasta distesa immobile soltanto per breve tempo… senza contare che l'oggetto che le stava pungendo il fianco dava ormai l'impressione di aver attraversato la cassa toracica e di essere pronto a perforarle un polmone. Il Signor Gilchrist le aveva raccomandato di restare immobile per parecchi minuti e di alzarsi poi in piedi barcollando come se avesse appena ripreso i sensi, ma a lei pareva che parecchi minuti fossero un tempo tutt'altro che sufficiente se si considerava la valutazione che la Sezione Statistiche aveva fornito in merito al numero di persone che circolavano sulle strade. Di certo sarebbero passati più di parecchi minuti prima che sopraggiungesse un viandante e lei non era disposta a rinunciare al vantaggio che le poteva derivare dall'apparire priva di sensi.

E si trattava davvero di un vantaggio, nonostante la convinzione del Signor Dunworthy che mezza Inghilterra sarebbe stata pronta a gettarsi su una do

Adesso però stava avvertendo l'impulso incontenibile di fare come le aveva suggerito il Signor Gilchrist… alzarsi e guardarsi intorno. Il terreno era freddo, il fianco le doleva e la testa stava cominciando a pulsarle seguendo lo stesso ritmo della campana, proprio come la Dottoressa Ahrens le aveva detto che sarebbe successo. Viaggiare così indietro nel passato le avrebbe infatti procurato tutti i sintomi co



Si chiese anche se era distesa sulla strada, nel qual caso non poteva certo restare dov'era perché un cavallo al galoppo o un carro come quello che aveva tracciato i solchi presenti nel suolo sarebbe potuto passarle addosso a causa del buio.

Rifletté però che le campane non suonavano nel cuore della notte, e inoltre la luce che filtrava attraverso le sue palpebre chiuse era troppo intensa perché potesse essere buio. Se però i rintocchi che sentiva erano quelli dei vespri, avrebbe fatto bene ad alzarsi e a darsi un'occhiata intorno prima del cadere della notte.

Si rimise di nuovo in ascolto, percependo il canto degli uccelli, lo stormire degli alberi, il frusciare costante prodotto da qualcosa. Poi la campana si arrestò lasciando nell'aria l'eco del proprio suono, e nella quiete maggiore lei poté udire un rumore soffocato, come un respiro trattenuto o lo spostarsi di un piede sul terriccio morbido… un rumore che proveniva da molto vicino.

Si tese, sperando che il suo movimento involontario non fosse trapelato attraverso il mantello, e attese ancora senza però che le giungessero all'orecchio un rumore di passi o un suono di voci. E nel frattempo anche gli uccelli avevano smesso di cantare. Qualcuno o qualcosa le si era fermato accanto, ne era certa perché poteva udire il suo respiro e avvertire il suo alito su di lei. Quel qualcosa rimase là per molto tempo, immobile, e dopo quello che parve un intervallo infinito Kivrin si rese conto che stava trattenendo il fiato; esalando lentamente il respiro cercò di ascoltare ancora ma non riuscì a udire altro che il pulsare del proprio sangue. Tratto un profondo respiro emise un gemito e un sospiro.

Nulla. Quel qualcosa non si mosse e non emise un solo suono, dimostrando che il Signor Dunworthy aveva avuto ragione: fingere di essere privi di sensi non era il modo di fare il proprio ingresso in un secolo in cui i lupi si aggiravano ancora nelle foreste. E anche gli orsi. Senza preavviso, gli uccelli ripresero a cantare, il che significava che la presenza non era quella di un lupo o che l'animale si era allontanato. Kivrin protese nuovamente l'udito e infine aprì gli occhi.

Poteva vedere soltanto la propria manica che le ricadeva sul naso, ma il semplice atto di sollevare le palpebre accentuò il dolore alla testa. Richiudendo gli occhi emise un altro gemito e si mosse, spostando il braccio quanto bastava per poter vedere qualcosa di più quando avesse risollevato le palpebre. Con un terzo gemito riaprì gli occhi.

Non c'era nessuno in piedi accanto a lei e non era il cuore della notte… in alto la fetta di cielo visibile attraverso il groviglio di rami era tinta di un pallido azzurro grigiastro. Kivrin si sollevò a sedere e si guardò intorno.

— La gente di quell'epoca — le aveva detto come prima cosa il Signor Dunworthy, quando lei aveva espresso il proprio desiderio di recarsi nel medioevo, — era sporca e piena di malattie, la feccia della storia, e quanto prima si libererà di qualsiasi idea da favola al riguardo tanto meglio sarà.

Aveva avuto ragione, naturalmente, ma adesso lei si trovava in un bosco da favola: insieme al carro e a tutto il resto era andata a finire in un piccolo spazio aperto troppo ristretto e ombroso per poter essere definito una radura; alberi alti e spessi s'inarcavano su di esso.