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Arthur C. Clarke

Voci di Terra lontana

(The songs of distant Earth, 1986)

Traduzione di Marco e Dida Paggi

A Tamara e Cherene, Valerie e Hector — per amore e lealtà.

In nessun luogo in tutto lo spazio o su mille mondi vi sara

LOREN EISELEY, The Immense Journey (1957)

Ho scritto un libro maledetto, e mi sento i

Melville a Hawthorne (1851)

Questo romanzo si fonda su un’idea nata quasi trent’a

Da dieci a

Ma ora abbiamo fatto un passo indietro. Non abbiamo rintracciato alcun segno di vita nel Sistema Solare, né i grandi radiotelescopi ha

Nel frattempo, la polemica infuria; come qualcuno ha detto, entrambe le risposte incutono un reverenziale timore. La disputa potrà essere risolta solo portando delle prove; l’uso della logica, ancorché plausibile, da solo non basta. Vorrei riprendere il dibattito tra dieci o vent’a

Con questo romanzo ho cercato, tra le altre cose, di creare un’opera narrativa realistica sul tema interstellare, così come in Preludio allo spazio (1951) ricorsi a tecnologie note o prevedibili per descrivere il primo viaggio compiuto dagli uomini fuori dalla Terra. Nulla vi è in questo libro che contesti o neghi i principi della fisica che conosciamo; l’unica estrapolazione azzardata è il «motore quantico», la cui paternità è comunque del tutto rispettabile (si veda Fonti e Ringraziamenti). Dovesse invece rivelarsi il sogno di un visionario, rimangono comunque diverse possibilità alternative; e se riuscissimo a immaginarle perfino noi, primitivi del ventesimo secolo, senza dubbio la scienza del futuro scoprirà qualcosa di meglio.

ARTHUR C. CLARKE Colombo, Sri Lanka, 3 luglio 1985

I. THALASSA



1. La spiaggia di Tarna

Mirissa aveva capito che Brant era arrabbiato quando la barca non era ancora uscita dalla risacca. Già la tensione del corpo mentre stava al timone — e anche il fatto stesso che non avesse ceduto la barra per quell’ultimo tratto all’abile Kumar — stavano a dimostrare che era successo qualcosa.

Mirissa uscì da sotto l’ombra delle palme e s’avviò lenta lungo la spiaggia, i piedi che sprofondavano nella sabbia umida. Kumar stava già ammainando la vela. Il «fratellino» di Mirissa, alto ormai quasi quanto lei e parecchio muscoloso, la salutò agitando un braccio. Quante volte lei aveva desiderato che Brant avesse il buon carattere di Kumar, che nulla era capace di scuotere…

Brant non aspettò che la barca s’incagliasse nella sabbia, ma saltò in acqua e, immerso fino al petto, ve

«Guarda!» vociò. «L’ha

Indicò con la mano libera verso nord.

«Questa volta… Questa volta non se la cavano così! E che il sindaco dica quel che diavolo le pare!»

Mirissa si scostò mentre il piccolo catamarano, simile a un pesce primordiale che uscisse per la prima volta sulla terraferma, avanzava lento sulla spiaggia scivolando sopra i rulli. Kumar spense il motore e saltò a terra accanto all’irato Brant.

«Io continuo a ripetergli che dev’essere stato un incidente» disse il giovane. «Forse un’àncora perduta. In fin dei conti, perché quelli dell’Isola Settentrionale dovrebbero fare una cosa simile?»

«Te lo dico io il perché» ribatté Brant. «Perché sono troppo pigri per farsi da sé la tecnologia. Perché ha

Vide il sorriso di Kumar e gli gettò contro l’intrico di filo di ferro.

L’altro lo prese al volo.

«Comunque, anche se fosse davvero un incidente, loro non devono gettare l’àncora qui. È zona chiusa, e sulle carte è scritto a chiare lettere VIETATO L’ACCESSO — AREA CHIUSA PER RICERCHE. Quindi bisognerà che protesti ufficialmente.»

Brant s’era già calmato; i suoi eccessi d’ira, anche i peggiori, raramente duravano più di qualche minuto. Per tenerlo dell’umore giusto, Mirissa gli passò lieve le dita lungo la schiena e gli chiese con voce dolce: «Hai preso qualche bel pesce?».

«Naturalmente no» rispose Kumar. «A lui interessano solo le statistiche: chilogrammi per chilowatt, questo genere di cose. Per fortuna avevo portato la mia ca

Scaricò dalla barca un pesce lungo quasi un metro: un animale affusolato e forte, i cui bei colori stavano rapidamente sbiadendo, gli occhi spenti già appa

«Non se ne vedono spesso di pesci così» disse con orgoglio. Stavano ammirando la sua preda quando la Storia ritornò a Thalassa, e il mondo semplice e spensierato che avevano conosciuto per tutta la loro giovane vita improvvisamente finì.

Il segno dell’arrivo della Storia era scritto nel cielo, quasi che una mano gigantesca avesse tracciato una riga col gesso da un capo all’altro della volta celeste. Sotto i loro occhi la scia scintillante prese a sfrangiarsi ai bordi rompendosi in masse più piccole di vapori, finché un ponte di neve parve collegare un orizzonte all’altro.