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Alcune capa
La bella casa dei signori di M***, con la sua cappella bianca e i suoi boschetti di ceiba, si intravedeva in lontananza ai primi raggi della luna crescente, come un castello le cui torri e i cui tetti si erano sgretolati con il passare del tempo.
L'Amaime stava salendo con le piogge della notte, e il suo fragore me lo a
Dopo un quarto di lega, attraversai le onde del Nima, umili, diafane e lisce, che rotolavano illuminate fino a perdersi nell'ombra di boschi silenziosi. Lasciai la pampa di Santa R., la cui casa, in mezzo ai boschetti di ceiba e sotto il gruppo di palme che alzano le loro chiome sopra il tetto, nelle notti di luna assomiglia alla tenda di un re orientale appesa agli alberi di un'oasi.
Erano le due del mattino quando, dopo aver attraversato il villaggio di P***, smontai davanti alla porta della casa dove viveva il dottore.
Capitolo XVI
La sera dello stesso giorno il medico si congedò da noi, dopo aver lasciato Maria quasi completamente guarita e averle prescritto un regime per evitare il ripetersi dell'adesione, promettendole di visitarla spesso. Mi sentii indicibilmente sollevata nel sentirlo assicurare che non c'era alcun pericolo, e per lui, due volte più affezionato di quanto lo fossi stato fino ad allora, proprio perché si prevedeva una guarigione così rapida per Maria. Entrai nella sua stanza, non appena il dottore e mio padre, che lo avrebbe accompagnato per una lega di viaggio, furono partiti. Aveva appena finito di intrecciare i capelli, guardandosi in uno specchio che mia sorella teneva sui cuscini. Arrossendo, spinse il mobile da parte e mi disse:
–Queste non sono le occupazioni di una do
–Non c'è stato alcun pericolo in quel viaggio", risposi.
–Il fiume, sì, il fiume! Ho pensato a questo e a tante cose che potrebbero accaderti a causa mia.
Un viaggio di tre leghe? E questo lo chiami…?
–Quel viaggio in cui avreste potuto a
–Il medico a cavallo è un mulo; e il suo mulo paziente non è la stessa cosa di un buon cavallo.
–L'uomo che abita nella casetta vicino al passo", mi interruppe Maria, "quando stamattina ha riconosciuto il tuo cavallo nero, si è meravigliato che il cavaliere che si è buttato nel fiume ieri sera non sia a
–Sì", risposi, "e mi ha promesso di non lasciar passare due giorni di seguito in questi quindici giorni senza venire a trovarti.
–Non dovrete fare un altro viaggio notturno. Cosa avrei fatto se…
–Avresti pianto molto, vero? -risposi sorridendo.
Mi guardò per qualche istante e io aggiunsi:
–Posso essere sicuro di morire in qualsiasi momento convinto che…
–Da cosa?
E indovinare il resto ai miei occhi:
–Sempre, sempre! – aggiunse quasi di nascosto, sembrando esaminare il bellissimo pizzo dei cuscini.
–E ho cose molto tristi da dirti", continuò dopo qualche istante di silenzio, "così tristi che sono la causa della mia malattia. Tu eri sulla montagna. Mamma sa tutto; e ho sentito papà dirle che mia madre era morta di una malattia di cui non ho mai sentito il nome; che tu eri destinato a fare una bella carriera; e che io… io… non so se sia una questione di cuore o meno. Ah, non so se quello che ho sentito è vero – non merito che tu sia come sei con me.
Le lacrime le scivolarono dagli occhi velati alle guance pallide, che si affrettò ad asciugare.
–Non dire così, Maria, non pensarlo", dissi; "no, ti prego.
–Ma l'ho sentito, e poi non sapevo di me stesso.... Perché, allora?
–Sentite, vi prego, io… io… Mi permettete di ordinarvi di non parlarne più?
Aveva lasciato cadere la fronte sul braccio su cui era appoggiata e la cui mano stavo stringendo nella mia, quando sentii nella stanza accanto il fruscio dei vestiti di Emma che si avvicinava.
Quella sera, all'ora di cena, io e le mie sorelle eravamo in sala da pranzo ad aspettare i miei genitori, che tardarono più del solito. Alla fine li sentimmo parlare in salotto, come se stessero concludendo una conversazione importante. La nobile fisionomia di mio padre mostrava, nella leggera contrazione delle estremità delle labbra e nella piccola ruga tra le sopracciglia, che aveva appena avuto una lotta morale che lo aveva sconvolto. Mia madre era pallida, ma senza fare il minimo sforzo per apparire calma, mi disse mentre si sedeva a tavola:
–Non mi ero ricordata di dirvi che José è venuto a trovarci stamattina per invitarvi a una battuta di caccia; ma quando ha saputo la notizia, ha promesso di tornare domattina presto. Sapete se è vero che una delle sue figlie si sposa?
–Cercherà di consultarti sul suo progetto", osservò mio padre con aria assente.
–Probabilmente è una caccia all'orso", risposi.
–Di orsi? Cosa? Cacciate gli orsi?
–Sì, signore; è una caccia divertente che ho fatto con lui alcune volte.
–Nel mio Paese", disse mio padre, "ti considererebbero un barbaro o un eroe.
–Eppure questo tipo di gioco è meno pericoloso di quello del cervo, che viene praticato ogni giorno e ovunque; perché il primo, invece di richiedere ai cacciatori di ruzzolare inconsapevolmente tra eriche e cascate, richiede solo un po' di agilità e un'accurata mira.
Mio padre, il cui volto non mostrava più il cipiglio di un tempo, parlò del modo in cui si cacciavano i cervi in Giamaica e di quanto i suoi parenti fossero appassionati di questo tipo di passatempo, tra i quali Solomon si distingueva per la tenacia, l'abilità e l'entusiasmo, di cui ci raccontò, ridendo, alcuni aneddoti.
Quando ci alzammo da tavola, si avvicinò a me e mi disse:
–Tua madre e io abbiamo qualcosa da discutere con te; vieni nella mia stanza più tardi.
Quando entrai nella stanza, mio padre stava scrivendo dando le spalle a mia madre, che si trovava nella parte meno illuminata della stanza, seduta sulla poltrona dove si fermava sempre.