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«E ora che il clan dei Waalenberg è stato sterminato», riferì Gray, «anche quel mostro è finalmente sepolto.»

«O almeno si spera», replicò Painter.

«Sono in contatto con Khamisi, che ci tiene informati sulla pulizia della tenuta. Finora ha

Khamisi era stato nominato sovrintendente capo ad interim della riserva di Hluhluwe-Umfolozi. Il governo sudafricano gli aveva attribuito poteri di polizia per l’emergenza e l’incarico di coordinare l’aiuto delle tribù locali col capo Mosi D’Gana. Anche la dottoressa Paula Kane e Marcia Fairfield gli fornivano supporto tecnico nella gestione delle reazioni dell’intelligence internazionale alla guerriglia e alla devastante esplosione.

Le due do

Gray aveva lo sguardo fisso sul paesaggio che sfrecciava oltre il finestrino. Sperava che a Oxford vigesse la massima sicurezza. Sospettava che il tasso di microcriminalità attorno all’università stesse per subire un improvviso e significativo aumento.

Pensando a Fiona, Gray si ricordò che doveva sentire Ryan. Dopo l’assassinio del padre, il giovane aveva messo all’asta la tenuta di famiglia, deciso a sfuggire finalmente all’ombra di Wewelsburg.

Meglio così.

«Monk e Kat?» chiese Painter, richiamando la sua attenzione. Il tono di voce era più sereno. Aveva quantomeno messo da parte il dolore per la perdita dell’amico. «Ho sentito che ieri si sono fidanzati ufficialmente.»

Gray si rese conto di sorridere, per la prima volta, quel giorno. «Infatti.»

«Che il cielo ci aiuti.»

Condivisero quel breve lampo di felicità: la vita continuava. Discussero qualche altro dettaglio, poi l’autista infilò l’auto nei viali alberati di Takoma Park, fermandosi davanti a una piccola casa vittoriana verde.

Painter scese.

Lisa era già lì.

«Abbiamo finito?» chiese Painter a Gray.

«Sissignore.»

«Fammi sapere che cosa scopri in Europa. E prenditi pure qualche giorno in più.»

«Grazie, signore.»

Painter porse il braccio a Lisa e la coppia si diresse verso la casa.

Mentre Gray scendeva dall’auto, Monk lo raggiunse e indicò la do

Gray li guardò salire le scale della veranda. I due erano stati quasi inseparabili da quando avevano lasciato la tenuta dei Waalenberg. Morta A

Sembrava che la Campana non avesse soltanto guarito il corpo.

Gray soffermò lo sguardo per un istante sulle loro mani intrecciate e rifletté sulla proposta di Monk. Ma era ancora troppo presto per fare previsioni. Se la vita e la coscienza erano un fenomeno quantistico, forse lo era anche l’amore.

Amare o non amare.

L’onda o la particella.

Forse per Painter e Lisa erano ancora entrambe le cose, un potenziale sospeso che soltanto il tempo avrebbe stabilizzato.

«Non so», borbottò Gray.





Si avviò verso la casa, pensando al proprio futuro.

Come tutti, anche lui aveva una sua realtà da misurare.

EPILOGO

Wroclaw, Polonia,

ore 18.45

Era in ritardo.

Mentre il sole calava all’orizzonte, Gray avanzava sul ponte verde di ghisa. La struttura attraversava il fiume Oder, una distesa piatta verde, lucente come uno specchio.

Gray guardò l’orologio. Sara sarebbe atterrata di lì a poco. Si erano dati appuntamento al caffè di fronte al loro albergo, nel centro storico. Ma prima lui aveva un altro capitolo da chiudere, un ultimo colloquio.

Una coppia di cigni neri solcava le acque sottostanti e nel cielo scorrazzavano alcuni gabbiani, che si riflettevano nel fiume. L’aria profumava di mare e dei lillà che crescevano lungo gli argini. Gray aveva iniziato la sua missione su un ponte di Copenhagen e lo terminava su un altro ponte.

Sollevò lo sguardo verso l’antica città, ornata di guglie nere, torrette con tetti di rame e campanili rinascimentali. La città di Wroclaw un tempo si chiamava Breslavia ed era una fortezza al confine tra la Germania e la Polonia. Interi quartieri erano stati rasi al suolo durante la seconda guerra mondiale, quando la Wehrmacht tedesca si era scontrata con l’Armata Rossa.

Era quello il motivo per cui Gray ci era andato.

Davanti a lui sorgeva l’Isola della Cattedrale. Le due torri gotiche della cattedrale di San Giova

La piccola e modesta chiesa dei Santi Pietro e Paolo era sulla sinistra, la parete posteriore che si fondeva con l’argine di mattoni del fiume. Gray vide la porticina di una carbonaia che conduceva dalla sponda rocciosa del corso d’acqua all’entrata posteriore della canonica.

Forse un certo bambino un tempo aveva giocato in quei paraggi?

Un bambino perfetto…

Gray aveva scoperto negli archivi russi desecretati di recente che il bambino era cresciuto all’orfanotrofio un tempo gestito dalla chiesa dei Santi Pietro e Paolo. Molti bambini erano rimasti orfani a causa della guerra, ma Gray aveva ristretto le possibilità in base all’età, al sesso e al colore dei capelli.

L’ultimo di quei parametri era sicuramente biondo-platino.

Gray aveva anche trovato documenti relativi alla perlustrazione della città da parte dell’Armata Rossa — che aveva setacciato le montagne in cerca dei laboratori sotterranei dei nazisti — nonché alla scoperta presso la Miniera di Wenceslas. I russi avevano quasi catturato l’Obergruppenführer delle SS Jakob Sporrenberg, il no

Ma l’aveva fatto davvero?

Era quell’incertezza che aveva spinto Gray e una manciata di ricercatori della Sigma a scavare in vecchi archivi, seguendo una pista ormai fredda da tempo, ricomponendo frammenti sparsi. Poi la scoperta: il diario del prete che gestiva l’orfanotrofio, che raccontava di un bambino ritrovato fra le braccia della madre morta. Lei era stata sepolta in una tomba anonima in un cimitero nelle vicinanze.

Ma il bambino era sopravvissuto. Era cresciuto lì, era entrato in seminario ed era stato istruito dallo stesso prete che l’aveva salvato, per poi diventare padre Piotr.

Gray raggiunse la porta della canonica. Aveva chiamato per fissare un appuntamento col prete sessante

Sentiva dei canti provenire dalla chiesa, dove era in corso una funzione.

Dopo qualche istante, la porta si aprì.

Gray riconobbe subito l’uomo che lo salutò, perché aveva visto quel viso senza rughe e coi folti capelli bianchi con la riga in mezzo in alcune vecchie foto. Padre Piotr era vestito in modo informale, con jeans, una camicia nera, il collare bianco che ne indicava la professione e un maglione leggero abbottonato.