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STEPHEN KING

JOYLAND

Traduzione di Giova

Sperling & Kupfer

Joyland

Copyright © 2013 by Stephen King

Published by agreement with the author

c/o The Lotts Agency, Ltd © 2013

Sperling & Kupfer Editori S.p.A.

ISBN 978-88-200-5427-4 86-1-13

Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dell'immaginazione dell’autore o usati in chiave fittizia. Qualsiasi rassomiglianza a fatti reali o a persone, realmente esistenti o esistite, è puramente casuale.

A Donald Westlake

Joyland

La macchina ce l’avevo, ma la maggior parte delle volte, in quell’autu

Da settembre a ottobre, il cielo della Carolina del Nord era limpido e l’aria calda fin dalle sette del mattino, quando scendevo dalle scale esterne della mia camera al primo piano. Se avevo addosso una casacca leggera, di sicuro finivo per legarmela alla vita prima di avere percorso metà dei cinque chilometri che separavano la città dal parco divertimenti.

Mi fermavo sempre da Betty’s Bakeryper un paio di croissant ancora caldi. La mia ombra mi seguiva sulla sabbia, lunga almeno sei metri. I gabbiani speranzosi sentivano il profumo dei dolci nella carta oleata e mi facevano la posta dall’alto del cielo. E alla sera, quando ritornavo (senza fretta, non c’era nulla per cui valesse la pena di farlo, non a Heaven’s Bay, che si assopiva già alla fine dell’estate), l’ombra mi camminava accanto sull’acqua. Con l’alta marea ondeggiava appena, sembrava che ballasse pigramente.

Non ne sono proprio sicuro, ma credo che la do

Che andassi o tornassi, non mancavo mai di salutarli con un ce

Che dolce, eh?

A spezzarmelo era stata Wendy Keegan, che non mi meritava. Ci ho impiegato la maggior parte della vita a capirlo ma, come si suol dire, meglio tardi che mai. Lei veniva da Portsmouth, New Hampshire; io da South Berwick, Maine. Quasi la ragazza della porta accanto. Avevamo incominciato a «fare sul serio» (per usare una nostra espressione) al primo a

Per due a

«E io?» chiesi.

«Puoi sempre venire giù a trovarmi», rispose lei. «Mi mancherai da morire, Dev, ma probabilmente ci farà bene passare un po’ di tempo da soli.»

Una frase che quasi sempre è una conda

Ma non mi guardava negli occhi quando lo disse, e l’opportunità non si presentò mai. Troppi coinquilini, affermava, e troppo poco tempo. Certo, simili problemi non sono insormontabili, ma lo furono per noi, un particolare che avrebbe dovuto suggerirmi qualcosa; anzi, parecchio, almeno con il se

L’idea di un’altra estate passata a ramazzare i pavimenti della mensa e a riempire di stoviglie lerce le vecchie lavapiatti non mi andava tanto a genio, non mentre Wendy si sarebbe divertita un centinaio di chilometri a sud sotto le sfavillanti luci di Boston. Però era un lavoro sicuro, mi serviva e non avevo altre prospettive. Poi, alla fine di febbraio, una nuova possibilità mi arrivò letteralmente tra le mani grazie al nastro trasportatore della cucina.

Qualcuno stava leggendo un numero di Carolina Livingmentre si ingozzava di hamburger e patatine alla messicana, il piatto speciale del giorno. Aveva lasciato la rivista sul vassoio, che raccattai insieme con il resto. Stavo per buttarla nella spazzatura, ma pensai che una lettura gratis non andava sprecata (non dimenticatevi che ero uno studente lavoratore). La infilai nella tasca posteriore dei pantaloni e me ne dimenticai fino al ritorno nella mia stanza del dormitorio. Mentre mi stavo cambiando, cadde a terra, aprendosi alla rubrica degli a

Il proprietario aveva circolettato numerose offerte di lavoro; alla fine doveva avere deciso che nessuna faceva al caso suo, altrimenti Carolina Livingnon sarebbe mai finita tra le mie grinfie. In fondo alla pagina, un’inserzione catturò la mia curiosità anche se non era stata evidenziata. La prima riga recitava: VIENI A JOYLAND A LAVORARE IN UN POSTO DA FAVOLA! Quale studente di lettere sarebbe rimasto indifferente di fronte a un simile invito? E quale ventune