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Esk si alzò il più possibile sulla punta dei piedi e tastò con la mano il tronco dell’albero per cercare la tacca. Questa volta ebbe fortuna, ma la traccia segnata dalle incisioni le rivelò che si trovava a quasi due chilometri dal villaggio e che era scappata nella direzione sbagliata.

Nel cielo c’era uno spicchio di luna e una manciata di stelle, piccole, lucenti e fredde. Intorno a lei la foresta era un intrico di nere ombre e di pallida neve. E non tutte le ombre erano immobili, lei se ne rendeva conto.

Tutti sapevano che nelle montagne c’erano i lupi, perché certe notti il loro ululato riecheggiava giù dalle cime, ma raramente si avvicinavano al villaggio. I moderni lupi erano la progenie di antenati che erano sopravvissuti perché avevano imparato che la carne umana aveva spigoli aguzzi.

Ma l’inverno era estremamente rigido e quel branco era abbastanza affamato da dimenticare tutto della selezione naturale.

Esk ricordava le raccomandazioni che si facevano a tutti i bambini. Arrampicarsi su un albero. Accendere un fuoco. Quando ogni altro mezzo fallisce, trovare un bastone e almeno picchiarli. Non cercare mai di correre più veloci di loro.

L’albero dietro a lei era un faggio, dal tronco liscio. Impossibile arrampicarcisi.

Esk osservò una lunga ombra staccarsi da una chiazza buia e farsi un po’ più vicina. Si inginocchiò, stanca, spaventata, incapace di pensare, e frugò nella neve così gelida da bruciarle le dita, in cerca di un bastone.

No

Si concentrò per ricordarsi di avere delle braccia e non delle ali, e perciò nessun bisogno di saltellare. Dopo una trasformazione, era sempre consigliabile restare stesa per un po’, per riabituare la mente al proprio corpo. Ma sapeva di non averne il tempo.

— Accidenti alla bambina — borbottò e cercò di volare sulla spalliera del letto. La cornacchia, che già decine di volte aveva vissuto quella esperienza e che considerava (per quanto gli uccelli siano capaci di considerare qualcosa, il che è davvero poco) che una buona dieta di cote

Trovati gli stivali, la No

— Oh, ma

Sulla crosta di ghiaccio, riusciva a stento a distinguere le piccole impronte, già quasi cancellate dalla neve fresca. Imprecando e borbottando. No

Nella fucina il gatto bianco si svegliò sul suo personale ripiano dov’era acciambellato, nell’udire i rumori provenienti dall’angolo più buio. Il fabbro aveva accuratamente richiuso le grandi porte quando era uscito con i ragazzini divenuti quasi isterici. Il gatto osservò con interesse l’ombra sottile che tentava il chiavistello e controllava i cardini.

Le porte erano di quercia, rese più dure dal calore e dagli a

Il fabbro, che percorreva in fretta il sentiero, udì un suono nel cielo. Anche la No

Anche i lupi lo udirono, mentre volteggiava basso sulle cime degli alberi e si avventava sulla radura. Ma lo udirono troppo tardi.

Adesso No

Un rumore di rami spezzati. Una sagoma grossa e pesante si abbatté su un abete vicino alla No

Quindi il silenzio.

La No

Scorse un largo circolo dove la neve era appiattita. Ai margini, dei lupi erano stesi a terra morti oppure saggiamente decisi a non muoversi.

La verga era piantata diritta nella neve e alla No

Al centro del circolo c’era anche un mucchietto, arrotolato su se stesso. La vecchia si inginocchiò con un certo sforzo e allungò una mano per toccarlo con delicatezza, ma si fermò un momento prima di sfiorare la spalla di Esk. Alzò uno sguardo minaccioso sulla verga intagliata, sfidandola a muoversi ancora.





L’aria si fece più spessa. Sembrò che il bastone arretrasse anche senza muoversi. Allo stesso tempo un che di indefinibile fece comprendere in modo inequivocabile alla strega come la verga non si considerasse sconfitta. Per lei si trattava semplicemente di una mossa tattica e non desiderava in alcun modo che la vecchia pensasse di avere vinto, perché non era affatto così.

Esk ebbe un brivido. La No

— Sono io, piccola. La No

Il mucchietto rimase immobile.

La vecchia si morse un labbro. Non sapeva mai bene cosa fare con i bambini, che lei considerava (seppure le capitava di pensarci) una via di mezzo tra gli animali e gli esseri umani. I neonati li capiva. Bastava dargli del latte da una parte e mantenere l’altra parte pulita per quanto possibile.

Gli adulti erano ancora più facili, perché provvedevano da sé a nutrirsi e a tenersi puliti. Ma tra i due c’era tutto un mondo di esperienza di cui lei non si era mai occupata. Per quanto ne sapeva, era sufficiente impedire che gli succedesse qualcosa di fatale e sperare che tutto finisse per il meglio.

La No

— I lupi cattivi ci ha

Per qualche misteriosa ragione, la cosa sembrò funzionare. Una voce soffocata ve

— A otto a

La palla non rispose.

— Probabilmente a casa ho del latte e dei biscotti — arrischiò allora la vecchia.

Senza ottenere alcun effetto.

— Eskarina Smith, se non ti comporti subito come si deve, ti arriva uno schiaffo!

Esk tirò cautamente fuori la testa.

— Non c’è bisogno di fare così.

Quando il fabbro giunse al cottage, la No

— Uhm. — Il fabbro non sapeva bene come intavolare la conversazione con una persona che si supponeva morta. — Loro, uhm, mi ha

— Stavo facendo un riposino e mi devo essere appisolata. Ho il so

— Già — fece l’uomo, incerto. — Bene. Va tutto bene, allora. Che è successo con Esk?

— Si è presa un po’ di paura. — La no