Добавить в цитаты Настройки чтения

Страница 7 из 52

Con dispiacere capì dalla loro espressione che non avevano ascoltato il nome, il vero nome di Ogion; non le avevano dato retta.

«Oh!» esclamò. «Sono tempi davvero brutti, quando un simile nome non viene ascoltato, quando cade a terra come una pietra! Ascoltare non è più un Potere? Ascoltate, allora: il suo nome era Aihal. Il suo nome di morte è Aihal. Nei canti — sempre che se ne compongano ancora — sarà conosciuto come Aihal di Gont. Era un uomo che parlava poco. Ora non parla più. Forse, non ci sara

«Volete occuparvi voi di fargli scavare la fossa qui, dove ha chiesto?»

Prima il vecchio mago, poi quello giovane le rivolsero un ce

La do

KALESSIN

«Aspettalo», le aveva detto Ogion, che adesso era chiamato Aihal, un attimo prima che il vento della morte lo scuotesse per staccarlo dal mondo dei vivi. «È finita. Tutto è cambiato», le aveva detto, in un bisbiglio, e poi: «Tenar, aspettalo…» Ma non le aveva detto chi o che cosa. Forse Ogion aveva visto il cambiamento… ma che cambiamento? Che intendesse parlare della propria morte, della vita che lo stava abbandonando? Aveva parlato con gioia, con esultanza. E con le sue parole le aveva conferito l’incarico di rimanere là ad attendere.

«Che altro posso fare?» si chiese Tenar mentre spazzava il pavimento della casa di Ogion. «Che cos’altro ho fatto, in tutta la mia vita?» E, rivolgendosi al ricordo di lui, gli domandò: «Devo attendere qui, nella tua casa?»

«Si», le rispose Aihal il Taciturno senza parlare e le sorrise.

Cosi, lei spazzò la casa, svuotò il focolare della cenere, e portò fuori i giacigli. Gettò via un po’ di terraglia sbreccata e una pentola che perdeva, ma le trattò affettuosamente. Accostò anche la guancia a un piatto con una grossa crepa, prima di buttarlo tra le immondizie, perché era una testimonianza di quanto il mago fosse malato l’a

Prunella e il suo vecchio marito, Rivochiaro, che abitavano nella fattoria della Valle di Mezzo già da prima che lei ci arrivasse, potevano prendersi cura degli animali e delle piante; l’altra coppia che abitava nella fattoria, Tiff e Sis, si sarebbe occupata dei campi. Il resto sarebbe rimasto com’era, almeno per un po’ di tempo. I lamponi di Tenar li avrebbero raccolti i figli dei vicini. Peccato; i lamponi le piacevano. Lassù, sopra il Grande Precipizio, con la brezza del mare che non cessava mai, faceva troppo freddo per coltivare i lamponi. Ma il vecchio pesco di Ogion, nel suo angolo riparato e rivolto a sud, aveva diciotto frutti, e Therru li teneva d’occhio come un gatto che sorveglia un topo, finché, un giorno, la bambina entrò in casa e, con la sua voce roca, disse a Tenar: «Due delle pesche sono tutte rosse e gialle».

«Ah», commentò la do

«Posso piantarlo?» chiese Therru, mostrando il suo rugoso nocciolo di pesca.





«Certo. Il posto è buono, vicino all’altro albero. Ma non troppo vicino. Tutt’e due devono avere spazio per le radici e per i rami.»

La bambina scelse un punto e scavò una piccola fossa. Vi collocò il nocciolo e poi lo coprì. Tenar la osservò attentamente. Nel poco tempo trascorso da quando erano andate ad abitare lassù, Therru le pareva cambiata. Era ancora priva di reazioni, senza collera e senza gioia; ma in quei giorni la sua assoluta concentrazione, la sua immobilità si erano quasi impercettibilmente allentate. Therru aveva desiderato quelle pesche. Le era venuto in mente di piantare il nocciolo, di aumentare il numero di pesche che esistevano al mondo. Alla Fattoria delle Querce c’erano solo due persone di cui non avesse paura: Tenar e Lodola; ma a casa di Ogion aveva fatto subito amicizia con Erica, la pastorella di Re Albi, una giovane di vent’a

Quando Tenar era giunta a Re Albi, venticinque a

E Tenar si era sempre sentita abbandonata, esclusa. Era fuggita via dai Poteri delle Tombe del deserto, e poi era fuggita dai Poteri delle conoscenze e delle capacità che le offriva il suo tutore, Ogion. Aveva voltato la schiena a tutto questo, era andata dall’altra parte, nell’altra stanza, dove vivevano le do

E laggiù nella Valle di Mezzo, a Goha, moglie di Selce, le do

Ma ora, nella casa di Ogion, le cose erano diverse. Da quando lei e Muschio avevano vegliato insieme il morto, la vecchia le aveva fatto capire di volerle essere amica, seguace, serva, qualsiasi cosa Tenar le chiedesse. Tenar non sapeva bene in quale veste preferire la strega, che era una do