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Con un sospiro, si sedette accanto al fuoco e per qualche tempo non fece assolutamente nulla.

Poi sentì bussare. Erano Rivochiaro e Ged… no, Falco, doveva chiamarlo… fermi sulla soglia. Il vecchio si dava grandi arie perché aveva molte storie da raccontare, Ged invece era silenzioso e aveva un’aria tranquilla, ed era ancora infagottato nel suo sudicio giaccone da pastore. «Entrate», disse Tenar. «Vi servo un po’ di tè. Che notizie ci sono?»

«Ha

«È riuscito a scappare?» chiese Tenar, inorridita.

«Solo gli altri due», disse Ged. «Non quello.»

«Ha

«Allora, è morto?» chiese Tenar, stupita.

Ged si era tolto il pesante giaccone e adesso sedeva accanto alla porta, per sfilarsi i gambali di cuoio. «Lui è vivo», disse, con il suo solito tono grave. «È con Edera, adesso. L’ho messo sulla carriola e l’ho portato giù questa mattina. C’era gente per strada ancor prima che facesse giorno, e davano la caccia a tutt’e tre. Ha

«Che do

Fissava negli occhi Ged, e questi le rivolse un fugace ce

Rivochiaro, però, voleva essere lui a raccontare, e così riprese, alzando la voce: «Ho parlato con alcune di quelle guardie e mi ha

Tenar scosse la testa.

«Allora, vado a raccontarglielo», disse il vecchio, lieto di poter essere il primo a darle una notizia così importante. Si avviò verso la porta, ma si girò ancora per dire a Ged: «Non avrei mai pensato che tu fossi tanto abile con il forcone!» Gli diede una pacca affettuosa sul ginocchio e si allontanò, ridendo.

Ged si tolse i gambali e le scarpe piene di fango, li posò sulla soglia, poi, con ai piedi solo le calze, si recò a scaldarsi al fuoco. Calzoni e giubba e camicia di lana tessuta in casa: un tipico pastore di Gont, con l’aria guardinga, il naso aquilino e gli occhi scuri e limpidi.

«Arriverà gente», le disse. «Per raccontarti di nuovo tutto quello che è successo, e per sentire ancora una volta ciò che è successo qui. Ha

Lei gli porse la sedia. «Devi essere esausto», mormorò.

«Ho dormito un poco, questa notte. Non riuscivo a rimanere sveglio.» Sbadigliò di nuovo. Guardò Tenar, per vedere come stava.





«Era la madre di Therru», disse lei, con un filo di voce.

Ged a

«Il nostro uomo è dalla strega», disse Ged. «Legato, nel caso che si senta troppo in forma. Con le ferite piene di ragnatele e di incantesimi per fermare l’emorragia. Lei ha detto che vivrà fino al giorno dell’impiccagione.»

«Impiccagione?»

«Lo stabilirà il tribunale del re, adesso che si riunisce di nuovo. O lo impicchera

Lei scosse la testa, aggrottò la fronte.

«Non vorrai che lo rimettano in libertà, Tenar», disse dolcemente Ged, osservandola con attenzione.

«No.»

«Devono essere puniti», continuò, senza smettere di guardarla.

«’Puniti.’ È quello che diceva lui. Punire la bambina. È cattiva. Deve essere punita. Punire me, perché l’ho presa. Perché sono…» Dovette fare uno sforzo per parlare. «Non voglio una punizione. Non doveva andare così. Preferirei che tu l’avessi ucciso!»

«Ho fatto del mio meglio», si giustificò Ged.

Dopo qualche istante, lei rise, in modo un po’ sforzato. «Sì, certamente.»

«Pensa come sarebbe stato facile», riprese Ged, continuando a fissare la brace. «Quando ero un mago, avrei potuto mettere su di loro un incantesimo di legame, fin da quando li ho visti per la prima volta sulla strada, prima che se ne rendessero conto. Avrei potuto portarli a Valmouth come un gregge di pecore. O questa notte, qui a casa tua, pensa che fuochi artificiali avrei potuto fare! Non avrebbero neppure capito che cosa li colpiva.»

«Difatti non l’ha

Ged la guardò. Aveva negli occhi una leggera e incontenibile espressione di trionfo.

«Vero», disse. «Non l’ha

«’Abile con il forcone’», mormorò Tenar.

Ged fece un enorme sbadiglio.

«Perché non vai a dormire? La seconda stanza. A meno che tu preferisca stare in compagnia. Vedo arrivare Lodola e Margherita, accompagnate da qualcuno dei loro figli.» Nell’udire le voci si era alzata a guardare dalla finestra.

«Farò come dici», rispose Ged, e si allontanò.

Lodola e il marito, Margherita (la moglie del fabbro) e altri amici del villaggio arrivarono nel corso della giornata per raccontare di nuovo tutto quello che era successo, e per sentire ancora una volta ciò che era successo lì, come aveva detto Ged. Tenar trovò che la loro compagnia la faceva rivivere, la allontanava a poco a poco dalla costante presenza del terrore provato quella notte, finché riuscì a pensarci come a una storia ormai conclusa, e non come a una vicenda che la coinvolgeva ancora e che avrebbe continuato a coinvolgerla.

Era proprio quello che anche Therru doveva imparare a fare, ma non con gli eventi di una notte: con tutta la sua vita.

Quando gli altri se ne furono andati, Tenar confidò a Lodola: «Quel che mi fa irritare con me stessa è di essere stata una stupida».

«Te l’avevo detto, di sbarrare sempre le porte.»

«No, non solo per quello.»

«Ti capisco», rispose Lodola.

«Pensavo che mentre cercavano di entrare, sarei potuta correre da Prunella e Rivochiaro… magari portando con me anche Therru. Oppure, sarei potuta andare io nella capa