Добавить в цитаты Настройки чтения

Страница 19 из 78

Per chi voglia prendere troppo alla lettera la leggenda, il sottinteso secondo il quale i Cani sarebbero il frutto di un intervento umano potrebbe riuscire urtante, e forse anche sconvolgente. Vagabondo, che ha sempre considerato le storie semplici miti, ritiene che in questo racconto ci si trovi di fronte al tentativo fatto da qualche antico di spiegare l’origine della razza. Per nascondere la mancanza di conoscenza delle nostre origini, il narratore elabora una spiegazione che si identifica in una specie di intervento divino. Questo è un metodo facile e, per la mentalità primitiva, plausibile e soddisfacente, per spiegare qualcosa di cui non si sa nulla.

III

CENSIMENTO

Richard Grant si stava riposando accanto alla piccola sorgente che sgorgava dal fianco della collina e scendeva poi spumeggiando in un rapido torrente attraverso il sentiero sinuoso, quando lo scoiattolo gli passò accanto, veloce come un fulmine, e salì rapidissimo il tronco di un albero alto. Dietro lo scoiattolo, in un uragano di foglie mulinanti che l’autu

Quando vide Grant, il cane si fermò di colpo, e rimase a guardarlo, scodinzolando, con gli occhi scintillanti di gioia.

Grant sorrise.

«Ciao, piccolo,» disse.

«Ciao,» disse il cane.

Grant si alzò di scatto, dal comodo letto di foglie sul quale si era disteso, e rimase a bocca aperta. Il cane rise, con la grossa lingua rossa penzolante dalla bocca.

Grant indicò l’albero col pollice.

«Il tuo scoiattolo è lassù.»

«Grazie,» disse il cane. «Lo so. Ne sento l’odore.»

Sbalordito, Grant si guardò rapidamente intorno, sospettando che qualcuno si stesse prendendo gioco di lui. Qualche abile ventriloquo, probabilmente. Ma non c’era nessuno in vista. Il bosco era deserto, c’erano soltanto il cane e lui, la sorgente gorgogliante, lo scoiattolo che squittiva nascosto tra le fronde dell’albero.

Il cane si fece più vicino.

«Il mio nome,» disse, «È Nathaniel.»

Parlava. Non c’era dubbio. Erano parole chiare, parevano pronunciate da una gola umana, solo che erano pronunciate con lentezza, come le avrebbe pronunciate qualcuno che ancora stesse studiando la lingua. E c’era un accento un po’ strascicato, bizzarro, che non riusciva a identificare, una certa inflessione insolita.

«Abito sulla collina,» dichiarò Nathaniel, «Con i Webster.»

Si accucciò a terra, agitò la coda, spazzando via qualche foglia gialla caduta. Appariva felice, molto felice della vita e dell’autu

Grant improvvisamente fece schioccare le dita.

«Bruce Webster! Adesso capisco. Avrei dovuto pensarci subito. Sono felice di conoscerti, Nathaniel.»

«E tu chi sei?» chiese Nathaniel.

«Io? Io sono Richard Grant, numeratore.»

«Cos’è un nume… numero…»

«Un numeratore è una persona che conta la gente,» spiegò Grant. «Sto facendo un censimento.»

«Ci sono tante parole,» disse Nathaniel, «Che non riesco a dire.»

Si alzò, si avvicinò alla sorgente, e cominciò a bere lambendo rumorosamente l’acqua con la grande lingua rossa. Quando ebbe finito di bere, tornò ad accucciarsi accanto all’uomo.

«Vuoi sparare allo scoiattolo?» disse.

«Vuoi che lo faccia?»

«Ma certo,» disse Nathaniel.

Ma lo scoiattolo se n’era andato. Uomo e cane girarono intorno all’albero, insieme, guardando tra i rami che l’autu

Nathaniel non riuscì a nascondere la sua delusione, ma cercò di prendere la cosa con filosofia.

«Perché non passi la notte da noi?» lo invitò. «Così, domani, potremmo andare a caccia. Potremmo star fuori per tutto il giorno.»

Grant ridacchiò.

«Non vorrei dare troppo disturbo. Sono abituato ad accamparmi all’aperto, sai.»

Nathaniel volle insistere.

«Bruce sarebbe molto contento di vederti. E il no

«Chi è il no

«Il suo vero nome è Thomas,» disse Nathaniel. «Ma lo chiamiamo tutti no

Grant a

«Lo so di che si tratta, Nathaniel. Juwain.»

«Sì, proprio questo,» ammise Nathaniel. «Che cosa significa?»

Grant scosse il capo.

«Vorrei potertelo dire, Nathaniel. Vorrei saperlo.»

Si mise lo zaino in spalla, si chinò ad accarezzare il cane, grattandolo dietro l’orecchio. Nathaniel fece una smorfia di pura felicità.

«Grazie,» disse, e s’avviò per il sentiero.

Grant lo seguì.

Thomas Webster sedeva sulla poltrona a rotelle, sul grande prato ingiallito d’autu

Compirò ottantasei a

Elsie farà preparare per me una stupida torta con tante candele sopra, e i robot verra

Ottantasei a

Un corvo passò gracchiando sopra una collinetta lontana, e si tuffò sole

Tra poco sarebbero spuntate le prime stelle. Spuntavano presto, in quel periodo dell’a

Si udirono dei passi sull’erba, alle sue spalle.

«Il whisky, signore,» disse Jenkins.

Thomas Webster guardò il robot, e prese il bicchiere che Jenkins gli offriva sul vassoio.

«Grazie, Jenkins,» disse.

Rigirò il bicchiere tra le dita, meditabondo.

«Jenkins, da quanto tempo tu servi da bere a questa famiglia?»

«È dai tempi di suo padre, signore,» disse Jenkins. «E dai tempi del padre di suo padre.»

«Ci sono notizie?» domandò il vecchio.

Jenkins scosse il capo.

«Nessuna notizia.»

Thomas Webster cominciò a sorseggiare il suo whisky.

«Allora questo significa che sono già lontani dal sistema solare. Tanto lontani che neppure la stazione di Plutone può captare i loro messaggi, e ritrasmetterli a noi. Avra

«Certo che vivrà fino a quel giorno, signore,» gli disse Jenkins. «Lo sento nelle ossa.»

«Tu,» dichiarò il vecchio, «Non hai ossa.»

Lentamente sorseggiò il liquore, valutandone il sapore con l’esperienza del vecchio bevitore. E anche questa volta il whisky era troppo allungato. Ma non sarebbe servito a niente protestare. Non sarebbe servito a niente prendersela con Jenkins. Quel dottore, quel maledetto dottore! Che diceva a Jenkins di aggiungere un po’ d’acqua. Sempre di più. E, così facendo, toglieva a un vecchio il piacere di gustare qualcosa di decente, negli ultimi a