Добавить в цитаты Настройки чтения

Страница 7 из 43

Con poche parole, il comandante accettò di portare Ged a Roke, poiché era stato un mago a chiederlo; e il mastro del porto lasciò con lui il ragazzo. Il comandante dell’Ombra era un uomo alto e grasso, avvolto in un mantello rosso foderato di pelli di pellawi, come usano i mercanti delle Andrades. Non guardò Ged ma gli chiese, con voce potente: — Puoi cambiare il tempo, ragazzo?

—  Sì.

—  Puoi portare il vento?

Ged dovette dire che non sapeva farlo, e allora il capitano gli disse di trovarsi un posticino e di non stare tra i piedi.

I rematori stavano salendo a bordo, perché la nave doveva uscire dal porto prima che scendesse la notte e veleggiare col riflusso verso l’alba. Non c’erano posti dove potesse stare fuori dai piedi, ma Ged si arrampicò più in alto che poté sul carico legato e coperto di pelli a poppa della nave, e standosene lì aggrappato osservò tutto ciò che avveniva. I rematori balzarono a bordo, uomini robusti dalle grandi braccia, mentre gli scaricatori facevano rotolare rumorosamente i barili d’acqua e li stivavano sotto i banchi. La nave, ben costruita, era bassa sul pelo dell’acqua, tanto era carica: eppure si dondolava un poco sulle onde lambenti della riva, pronta a partire. Poi il timoniere prese il suo posto a destra del dritto di poppa, rivolgendo lo sguardo al comandante che stava in piedi su un tavolato alla congiunzione tra la chiglia e il dritto di prua, scolpito in forma dell’Antico Serpente di Andrad. Il comandante ruggì gli ordini con voce sonante, e l’Ombra fu disormeggiata e rimorchiata lontano dai moli da due scialuppe a remi. Poi il comandante ruggì «Aprite le cubie!» e i grossi remi uscirono rumorosamente, quindici per parte. I rematori piegarono le schiene robuste, mentre un ragazzo, lassù a fianco del comandante, batteva il ritmo su un tamburo. Ora la nave prese a procedere agile come un gabbiano spinto dalle ali, e il frastuono della città si perse all’improvviso dietro di loro. Uscirono nel silenzio delle acque della baia, e sopra di loro giganteggiava il picco bianco della montagna, che sembrava aleggiare sul mare. In una foce poco profonda, al riparo dello scoglio Corazzato meridionale, fu gettata l’ancora: e là passarono la notte.

Dei settanta uomini dell’equipaggio alcuni erano giovanissimi come Ged, sebbene tutti avessero celebrato il passaggio alla condizione di uomo. I ragazzi l’invitarono a dividere con loro cibi e bevande, e furono piuttosto amichevoli sebbene rudi e pronti agli scherzi e alle canzonature. Lo chiamavano Capraio, naturalmente, perché era di Gont: ma non si spingevano oltre. Lui era alto e forte come un quindice

Non c’era molto spazio per l’equipaggio, e non c’erano comodità in una galea senza ponti, affollata di uomini, di materiale e di carico; ma cosa importava, a Ged, delle comodità? Quella notte si sdraiò fra i rotoli di pelli provenienti dalle isole settentrionali e guardò le stelle della primavera che brillavano sulle acque del porto e le minuscole luci gialle della città, a poppa; e si addormentò, e si risvegliò contento. Prima dell’alba la marea cambiò. Levarono l’ancora e passarono remando tra gli scogli Corazzati. Quando il sole arrossò la montagna di Gont alle loro spalle, alzarono la vela e volarono verso sudovest, sul mare di Gont.

Tra Barnisk e Torheven veleggiarono spinti da un vento leggero, e il secondo giorno giunsero in vista di Havnor, l’isola Grande, cuore e focolare dell’arcipelago. Per tre giorni procedettero in vista delle verdi colline di Havnor, seguendone la costa orientale, ma non scesero a terra. Solo molti a

Si fermarono una notte a Foce del Kember, il porto settentrionale dell’isola di Way, e la notte seguente in una cittadina all’imboccatura della baia di Felkway; e il giorno dopo doppiarono il capo settentrionale di O ed entrarono nello stretto di Ebavnor. Lì ammainarono la vela e remarono, sempre in vista della terra da entrambe le parti e sempre a portata di voce da altre navi, grandi e piccole: mercantili giunti dagli stretti Esterni con strani carichi, dopo un viaggio di molti a

Nella notte, quando il vento rinforzò e dive





Un uomo ve

—  No, signore.

—  Conosci l’arte del ferro?

Intendeva chiedere a Ged se poteva fare in modo che l’ago della bussola indicasse la direzione di Roke invece di segnare il nord. Quell’arte era un segreto dei maestri del mare, e ancora una volta Ged dovette rispondere di no.

—  Bene — gridò il comandante nel vento e nella pioggia, — allora dovrai trovare una nave che ti porti a Roke da Città di Hort. Roke dev’essere ormai a occidente, rispetto a noi, e solo la magia potrebbe portarci là con questo mare. Dobbiamo continuare a dirigere verso sud.

A Ged quella prospettiva non piaceva, perché aveva sentito i marinai parlare di Città di Hort: era un luogo senza legge, pieno di traffici illeciti, dove spesso gli uomini venivano catturati e venduti schiavi nello stretto Meridionale. Ritornò al remo e riprese il lavoro insieme al suo compagno, un robusto ragazzo andradeano, e udì il tamburo battere il ritmo e vide la lanterna appesa a poppa oscillare e guizzare, sbatacchiata dal vento, come un tormentato punto di luce nell’oscurità sferzata dalla pioggia. Continuò a guardare verso occidente più che poteva, nel pesante ritmo della remata. E quando la nave si sollevò sulla cresta di un’onda altissima, vide per un momento, oltre l’acqua scura e fumante, una luce tra le nubi, che poteva essere l’ultimo bagliore del tramonto: ma quella era una luce chiara, non rossa.

Il suo compagno non l’aveva vista, ma lui gridò per a