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Era un abitino da bambina, di broccato di seta, coperto da un ricamo di perle scaramazze, macchiato dal sale e ingiallito dagli a

La vecchia — rugosa, sporca, vestita di un informe sacco di pelle di foca — indicò l’abitino di seta e se stessa, e sorrise: un dolce sorriso svanito, come quello di un neonato. Da un nascondiglio nella go

Ged ripose l’anello spezzato nella tasca della tunica, quasi con la stessa cura, poiché aveva il cuore colmo di pietà. Ora intuiva che quei due potevano essere figli di qualche famiglia reale dell’impero di Kargad: un tira

Ma la verità di quell’intuizione non la scoprì fino a quando, molti a

La sua terza notte sull’isola si schiarì in un’aurora pallida e calma. Era il giorno del solstizio d’inverno, il giorno più corto dell’a

E così quel mattino Ged riempì d’acqua al pozzo un piccolo otre di pelle di foca; e poiché non poteva ringraziare i vecchi per il fuoco e il cibo che gli avevano offerto, e non aveva doni da fare alla vecchia come avrebbe desiderato, fece ciò che poté, e gettò un incantesimo su quella fonte salmastra e incostante. L’acqua sgorgò tra la sabbia dolce e limpida come una sorgente montana tra le vette di Gont, e non s’inaridì mai più. Per questo, adesso quel luogo di dune e di rocce figura sulle carte e porta un nome: i marinai lo chiamano isola dell’Acqua di Fonte. Ma la capa





I vecchi restarono nascosti nella capa

Ora, questa ricerca marina di Ged era molto strana, perché come lui ben sapeva era un cacciatore che non sapeva cosa fosse ciò che cacciava, né dove potesse essere in tutto Earthsea. Doveva cercare la preda con l’intuizione e affidandosi alla sorte, così come quella aveva dato la caccia a lui. Ognuno di loro era cieco alla natura dell’altro: Ged era sconcertato dalle ombre impalpabili allo stesso modo che l’ombra era fuorviata dalla luce del giorno e dalle cose solide. Ged aveva una sola certezza: adesso lui era veramente il cacciatore e non la selvaggina. Perché l’ombra, dopo averlo spinto con l’inga

Prima del calar della notte scorse lontano, sulla sinistra, la lunga e indistinta costa di una grande terra che doveva essere Karego-At. Era sulle strade marittime dei barbari bianchi. Stette in guardia, caso mai scorgesse una lunga nave o una galea dei karg; e mentre navigava nella sera rosseggiante ricordò quel mattino della sua infanzia nel villaggio di Dieci Ontani, i guerrieri piumati, il fuoco, la nebbia. E ripensando a quel giorno capì all’improvviso, con una stretta al cuore, che l’ombra l’aveva inga

Mante

Ged rimase sveglio per tutta la notte più lunga dell’a

Poco dopo il levar del sole Ged vide terra davanti a sé: ma avanzava adagio. Il vento del mondo era caduto allo spuntar del giorno. Ged suscitò nella vela un lieve vento magico, per dirigersi verso quella terra. Quando l’aveva vista si era sentito riprendere dalla paura, la paura angosciosa che lo esortava ad allontanarsi, a fuggire. E seguì quella paura come un cacciatore segue le orme, le larghe impronte unghiute dell’orso, che da un momento all’altro può balzargli addosso dai cespugli. Perciò adesso era vicino: lo sapeva.