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Potter abbozzò un sorriso di scusa. «Mi dispiace di essere scattato a quel modo. Ho avuto una settimana pessima.» Sospirò. «Proprio non capiscono.»

«Vuole consultare qualche altro documento, Dottore?» chiese l’infermiera.

Potter si accorse che l’intesa fra loro si era spezzata. «No, grazie,» rispose. Prese la cartellina dei Durant e si avviò verso l’ufficio di Svengaard. La sua solita fortuna: una coppia di osservatori. Questo significava una grossa mole di lavoro extra. Naturalmente!

I Durant non potevano accontentarsi di visionare il nastro dopo l’intervento. Oh, no. Loro dovevano assistere. Ciò implicava che non erano i

Coloro che sfidavano quel condizionamento genetico, ormai molto pochi, avrebbero dovuto essere attentamente sorvegliati.

E poi Potter ricordò a se stesso, Sono stato io a modellare quei due. E non ho commesso errori.

Si imbatté in Svengaard sulla porta dell’ufficio di quest’ultimo, e ascoltò il suo breve riassunto degli avvenimenti. Poi Svengaard iniziò a balbettare sugli accordi che aveva preso con quelli della Sicurezza.

«Non mi importa un fico secco di quello che dicono quelli della vostra Sicurezza,» tuonò Potter. «Abbiamo ricevuto nuove istruzioni. In ogni caso del genere, bisogna avvertire la Sezione Emergenze della Centrale.»

Entrarono nell’ufficio di Svengaard. Le pareti erano ricoperte di pa

«La Sezione Emergenze della Centrale?» chiese Svengaard.

«Non devono esserci eccezioni,» replicò Potter. Si sedette sulla poltrona di Svengaard, appoggiò i piedi sulla scrivania, e posizionò il videotelefono di un bianco avorio sul proprio stomaco, con lo schermo a pochi centimetri dal volto. Digitò il numero della Sicurezza e il proprio codice di identificazione.

Svengaard sedette dall’altro lato della scrivania, all’apparenza tanto arrabbiato quanto spaventato. «Le dico che sono stati controllati,» insisté. «Su di loro non abbiamo rilevato alcun dispositivo insolito. Non avevano alcunché di anormale.»

«Ma ha

Svengaard gli ricordò, «Ma la legge…»

«Al diavolo la legge!» esclamò Potter. «Sa bene quanto me che potremmo far passare il segnale video proveniente dal laboratorio attraverso un computer dotato di simulatori ottici, in modo da far vedere ai genitori qualunque cosa vogliamo. Le è mai capitato di chiedersi perché non lo facciamo?»

«Perché… loro… ahh.» Svengaard scosse il capo. Quella domanda l’aveva colto di sorpresa. Perché non agivano in quel modo? Le statistiche dimostravano che un certo numero di genitori avrebbe comunque insistito per assistere e…

«Ci abbiamo provato,» gli rivelò Potter. «E, in qualche modo, i genitori si sono accorti che il nastro era stato manipolato dal computer.»

«Come?»

«Lo ignoriamo.»

«Ma i genitori non sono stati interrogati?»

«Si sono suicidati.»

«Suicidati — e come?»

«Non sappiamo neppure questo.»

Svengaard tentò di deglutire, ma improvvisamente aveva la gola arida. Iniziava ad intuire che la Sicurezza era davvero preoccupata, dietro l’apparente e monolitica facciata di tranquillità. «Ma la percentuale statistica di…»

«Al diavolo le statistiche!» ruggì Potter.

Una voce maschile e autoritaria prove

Potter guardò lo schermo e rispose, «Con Sven. Questo embrione vitale per cui mi ha chiamato…»

«È fertile?»

«Sì! E ha il pieno potenziale, ma i genitori insistono per assistere all’in…»





«Datemi dieci minuti, e vi manderò un’intera squadra, via sotterranea,» disse la voce. «Adesso sono a Friscopolis. Non dovrebbero impiegarci più di una manciata di minuti.»

Svengaard si asciugò le palme sudate sul camice. Non riusciva a vedere il volto sullo schermo, ma la voce sembrava quella di Max Allgood, il capo della Sicurezza.

«Rimanderemo l’intervento fino all’arrivo dei suoi uomini,» disse Potter. «I dati le sta

«Ci ha detto tutto su quell’embrione?» chiese l’uomo. «Qualche difetto?»

«Un mixodema latente, una valvola cardiaca potenzialmente difettosa, ma l’em…»

«Okay, la richiamerò non appena avrò dato un’occhiata ai…»

«Da

Un basso fischio di sorpresa prove

«Assolutamente.»

«Ha seguito lo schema degli altri otto?»

Potter guardò Svengaard, il quale a

«Sven sostiene di sì.»

«A loro non piacerà.»

«Non piace neanche a me.»

«Sven ha visto abbastanza… da farsi qualche nuova idea sull’accaduto?»

Svengaard scosse il capo.

«No,» disse Potter.

«Esiste una forte possibilità che non significhi nulla,» ipotizzò l’uomo. «In un sistema di determinismo crescente…»

«Oh, certo,» lo interruppe Potter in tono ironico. «In un sistema di crescente determinismo aumenta in proporzione anche l’indeterminazione. E come dire che in un vulvalismo di crescente mi

«Be’, loro sostengono questo.»

«Così dicono. Da parte mia, io credo che la Natura reagisce con forza ad un’interferenza eccessiva.»

Potter fissò lo schermo. Per qualche motivo, stava ricordando la sua giovinezza, l’inizio dei suoi studi in medicina, e il giorno in cui aveva imparato quanto vicino fosse stato il proprio genotipo a quello degli Optimati. Scoprì che il vecchio nucleo d’odio si era trasformato in tolleranza leggermente divertita e in cinismo.

«Non capisco come facciano loro a tollerarla,» si stupì il suo interlocutore.

«Perché io ero molto vicino,» sussurrò Potter. Si chiese quanto vicino sarebbe stato l’embrione dei Durant. Farò del mio meglio, si ripromise.

L’altro si schiarì la gola, disse, «Bene, conto su di lei affinché svolga il suo compito alla perfezione. L’embrione dovrebbe fornire una verifica decisiva dell’intervento est…»

«Non dica stupidaggini!» lo interruppe seccamente Potter. «L’embrione confermerà il rapporto di Sven fino all’ultimo enzima. Lei pensi a fare il suo lavoro; noi faremo il nostro.» Schiacciò bruscamente il pulsante che interrompeva la comunicazione, poggiò il comunicatore video sulla scrivania e rimase seduto, fissandolo. «Stupido presuntuoso… no, non è colpa sua. Vive troppo vicino a loro. È colpa del modellamento originale. Forse sarei anch’io così, se mi avessero condizionato ad esserlo.»

Svengaard tentò di deglutire. Fino a quel momento non aveva mai udito un simile alterco, o una conversazione tanto franca, tra due uomini provenienti dalla Centrale.

«La vedo sorpreso, vero, Sven?» gli chiese Potter. Abbassò le gambe dalla scrivania sul pavimento.

Svengaard si strinse nelle spalle. Si sentiva a disagio.

Potter lo studiò. Svengaard, all’interno dei suoi limiti, era eccellente, ma mancava di immaginazione, di creatività. Era un bioingegnere brillante ma, poiché era privo di quelle qualità, spesso si rivelava uno strumento spuntato.