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«Potrebbero avere una vasca portatile in cui è ospitato l’embrione, Nourse,» disse Allgood, «ma non siamo riusciti a rilevare macchinario di quel tipo.»

«Non sareste stati in grado di rilevare il rumore del macchinario eventualmente usato,» spiegò Nourse. «E anche nel caso contrario, non l’avreste riconosciuto.»

Nourse alzò lo sguardo sui sensori video — tutti attivati — degli Optimati che stavano osservando il Globo. Di notte e di giorno i canali erano sempre sovraffollati. Loro sa

Com’era prevedibile, Allgood disse, «Non riesco a comprendere ciò che ha detto Nourse.»

«Non ce n’è bisogno,» replicò l’Optimate. Fissò il viso sullo schermo. Appariva molto giovane, ma Nourse aveva iniziato a rendersi conto che nella Centrale la gioventù era solo apparenza. Perfino gli Steri tradivano la loro età, a un occhio attento. Improvvisamente gli sembrò di comportarsi come i membri della Gente Sterile, che spiavano ansiosamente i volti degli altri, sperando che, al paragone, il loro aspetto fosse migliore, più giovane.

«Quali sono gli ordini di Nourse?» chiese Allgood.

«Il grido di Svengaard indica che è prigioniero,» disse Nourse. «Ma non dobbiamo sottovalutare la possibilità che si tratti di un elaborato stratagemma.» Parlò con un tono di voce stanco, rassegnato.

«Dobbiamo distruggere il veicolo, Nourse?»

«Distruggere…» Nourse rabbrividì. «No, non ancora. Ma continuate a sorvegliarlo. Diramate l’allarme generale. Dobbiamo scoprire dove sono diretti. Ogni contatto che stabilira

«Ma se ci sfuggono, Nourse, potrebbe rivelarsi…»

«Avete bloccato le loro forniture di enzimi?»

«Sì, Nourse.»

«Allora non potra

«Come vuole, Nourse.»

«Puoi tornare al tuo lavoro,» lo congedò l’Optimate.

Nourse continuò a fissare lo schermo anche dopo che era diventato nero. Distruggere il veicolo? Ma avrebbe significato la fine del gioco, e non lui non voleva che finisse — mai. Una curiosa esaltazione stava lentamente invadendo il suo animo.

Il segmento d’entrata del Globo si aprì sotto di lui. Calapine entrò, seguita da Scruille. Si sedettero sui rispettivi troni sulla piattaforma triangolare. Nessuno dei due disse una parola. Sembravano meditabondi, stranamente calmi. Nourse, guardandoli, pensò che gli ricordavano quei temporali programmati dagli Optimati in modo che i lampi e i tuoni non potessero far del male ai loro pari.

«Non è ora?» chiese Calapine.

A Nourse sfuggì un sospiro.

Schruille attivò i sensori video posti sulle montagne. Improvvisamente gli schermi furono inondati dal chiarore della luna, dal canto degli uccelli notturni, dal frusciare delle foglie. In lontananza, oltre i rilievi che la luce lunare avvolgeva in un gelido bagliore, si scorgevano linee e chiazze luminose che individuavano la costa e le baie della megalopoli e il complesso sistema di sopraelevate.





Calapine fissò quella scena, pensando ai gioielli a alle chiacchiere, simboli dell’ozio. Erano molti secoli che non provava più il desiderio di baloccarsi con quel tipo di passatempi. Ma perché penso a queste cose proprio in questo momento? si chiese. Quelle luci non sono giocattoli.

Nourse esaminò le proiezioni che mostravano le attività della Gente che abitava la megalopoli di Seatac.

«La situazione è normale… tutto è pronto,» riferì.

«Normale!» esclamò Schruille.

«Chi sarà di noi a dare il via?» sussurrò Calapine.

«Lo farò io, poiché è da più tempo che avevo previsto quest’eventualità,» a

Calapine osservò la scena sui suoi schermi: le colline illuminate dal chiaro di luna, la megalopoli alle loro spalle, un giocattolo animato e soggetto ai suoi capricci. Sapeva che anche l’ultimo membro del personale specializzato era stato evacuato. Gli oggetti preziosi che potevano rimanere da

Lampi di un giallo abbagliante iniziarono ad apparire qua e là tra i grappoli di luci. Gli schermi della Tuyere rimandarono immagini tremolanti quando i raggi sonici fecero tremare i sensori video. Le luci iniziarono a spegnersi nell’intera regione… a gruppi, o una per volta. Una nebbia bassa e verde invase la scena, colmando le valli e sommergendo le colline.

Poi non fu più visibile alcuna luce. Rimase soltanto la nebbia verde, che continuava a strisciare sotto la luce impassibile della luna.

Schruille osservò gli strumenti, che fornivano cifre sempre decrescenti… per poi indicare tutti zero. Nulla permetteva di osservare l’agonia della Gente che periva nei condotti di collegamento, nei sotterranei, nelle strade… nelle fabbriche… nei luoghi di ricreazione.

Nourse stava piangendo.

Sono morti, sono tutti morti, pensò. Morti. Nella sua mente quel termine aveva assunto curiosamente una valenza neutra. Poteva venir applicato ai batteri… o alle erbacce. Bisognava sterilizzare un campo prima di piantarvi fiori stupendi. Perché sto piangendo? Tentò di ricordare se avesse mai pianto prima di quel momento. Forse, una volta l’ho fatto. Ma è stato tanto tempo fa… tanto tempo… fa… ho pianto… ho pianto. Improvvisamente quelle parole avevano perso ogni significato. Ecco il problema di una vita senza fine: dopo troppe ripetizioni, tutto perde significato.

Schruille studiò la nebbia verde sugli schermi. Qualche riparazione e potremo mandare altra Gente, pensò. Ripopoleremo Seatac con Gente il cui genotipo sia meno difettoso. Ma poi si chiese come avrebbero fatto a trovare individui del genere. Gli strumenti del Globo rivelavano che Seatac era solo una delle tante manifestazioni del problema. Dappertutto, i sintomi erano gli stessi.

Lui ne comprendeva la causa: l’isolamento di ogni generazione dalle altre. La Gente era ossessionata dalla mancanza di tradizioni, dall’assenza di continuità… i suoi appartenenti sembravano comunicare nonostante tutti i tentativi messi in atto dagli Optimati per impedirlo. E i detti che fiorivano tra la Gente mostravano quanto fosse radicata in profondità quella necessità di comunicazione.

Schruille citò a se stesso: Quando Dio creò il primo uomo insoddisfatto, lo cacciò fuori dalla Centrale.

Ma siamo stati noi a creare questa Gente, pensò Schruille. Dunque, perché abbiamo creato degli uomini insoddisfatti?

Si girò e si accorse che Nourse e Calapine stavano piangendo.

«Perché piangete?» domandò loro.

Ma i due Optimati rimasero in silenzio.