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Svengaard studiò i lineamenti scuri e intensi di Igan. Le rughe sul viso dell’uomo tradivano l’inizio dello squilibrio enzimico. Stava iniziando a invecchiare. Ma gli occhi avevano ancora il colore azzurro del cielo estivo, erano ancora giovani.

«Lei deve scegliere da che parte stare,» gli aveva appena detto Igan.

Svengaard permise alla sua attenzione di vagare. Passò un uomo che portava un palla metallica dorata. Da una delle tasche spuntava una corta catenella d’argento da cui pendeva un feticcio della fertilità a forma di lingam.

«Lei deve rispondermi,» lo esortò Igan.

La gente continuava a passare per la piccola stanza. Il fatto che tutti indossassero la stessa uniforme iniziò a i

Una do

«Ormai è guerra aperta,» disse Igan. «Lei deve credermi. La sua vita dipende da questo.»

La mia vita? si chiese Svengaard. Tentò di pensare alla propria vita, di individuarne le peculiarità. Aveva una moglie terziaria, poco più di una Compagna, una do

Lei non è la mia vita, si rese conto. Ma allora chi è la mia vita?

Era cosciente di essere stanchissimo, e di soffrire dei postumi dei narcotici che i suoi catturatori gli avevano somministrato durante la notte. Ricordava le mani che l’avevano afferrato, lo sguardo sbalordito che aveva dato alla parete che non poteva essere una porta e che invece lo era, lo spazio illuminato alle spalle di essa. E ricordava di essersi risvegliato in quel luogo, mentre Igan gli sedeva di fronte.

«Non le ho nascosto niente,» continuò Igan. «Le ho detto tutto. Potter è riuscito a malapena a salvare la vita. Per quanto riguarda lei, è già stato diramato l’ordine di arrestarla. L’infermiera addetta al computer è morta. Molte persone sono morte. E ne morira

Cos’è la mia vita? si chiese Svengaard. E pensò al suo confortevole alloggio, agli oggetti d’arte e ai video d’intrattenimento, alle opere scientifiche di consultazione, agli amici, alla vita piatta e sicura che la sua posizione gli permetteva di condurre.

«Ma dove andrò?» chiese Svengaard.

«Per lei è stato preparato un posto.»

«Ma nessun luogo è al sicuro da loro,» ribatté Svengaard. Pronunciando quelle parole, per la prima volta si rese conto di quanto fosse intenso il suo risentimento nei confronti degli Optimati.

«Ci sono molti posti sicuri,» spiegò Igan. «Loro fa

Svengaard scosse la testa. «Quel che mi sta dicendo è assurdo.»

«Tra

«Ma perché dovrebbero fare le cose di cui li accusa?» protestò Svengaard. «Non è ragionevole. Loro sono buoni con noi.»

«Il loro unico interesse è quello di continuare ad esistere,» gli spiegò Igan. «E sono sempre sull’orlo del baratro. Fino a quando non avvengono cambiamenti significativi nell’ambiente che li circonda, continuera

«Non ci credo,» insisté Svengaard. «Loro ci amano e si prendono cura di noi. Consideri quel che ha

«L’ho fatto.» Igan scosse il capo. Svengaard si stava dimostrando ancora più stolido di quanto si fossero aspettati. Rifiutava l’evidenza per rifugiarsi in vecchie formule.





«Voi volete che periscano,» lo accusò Svengaard. «Perché?»

«Perché ci ha

Svengaard lo fissò. «Cosa?»

«Sono diventati gli unici individui liberi nel nostro mondo,» disse Igan. «Ma gli individui non si evolvono. Al contrario dei popoli. E noi non abbiamo un popolo.»

«Ma la Gente…»

«Certo, la gente! Ma tra di noi, chi ha il permesso di procreare?» Igan scosse la testa. «Lei è un bioingegnere, da

«Schema? Quale schema? Cosa vuol dire?» Svengaard tentò di alzarsi dalla sedia, maledì i legacci che lo bloccavano. Si sentiva le braccia e le gambe intorpidite.

«Gli Optimati obbediscono ad una sola regola, nel campo della procreazione,» disse Igan. «Il ritorno all’individuo medio. Autorizzano rapporti casuali con gli individui medi proprio per impedire lo sviluppo di individui superiori alla media. E a questi individui viene impedito di procreare.»

Svengaard scosse la testa. «Non ci credo,» ripeté. Ma poteva percepire il dubbio che si infiltrava nella sua mente. Il suo caso, per esempio: qualunque partner avesse scelto, il permesso di procreare gli era sempre stato negato. Aveva controllato di persona gli accoppiamenti genetici, rilevando combinazioni che avrebbe giurato fossero fertili, ma gli Optimati avevano detto di no.

«Lei ora comincia a credermi,» constatò igan.

«Ma consideri le lunghe vite che ci donano,» disse Svengaard. «Io posso aspettarmi di vivere per quasi duecento a

«Questo grazie alla scienza medica, e non agli Optimati,» replicò Igan. «La chiave è una somministrazione estremamente accurata di enzimi. Unita ad una vita pianificata in cui le emozioni sono ridotte al minimo, a esercizi gi

«Una vita infinita?» sussurrò Svengaard.

«No! Ma una vita lunga, molto più lunga di adesso. Io, per esempio, sto per raggiungere i quattrocento a

«Lei… quattrocento a

«Concordo che sono nulla paragonati alle molte migliaia della loro vita,» disse Igan. «Quasi tutti noi potremmo raggiungere quell’età, ma loro non lo permettono.»

«Perché?» volle sapere Svengaard.

«In questo modo, possono offrire vite più lunghe ai loro fedeli servitori,» spiegò Igan, «come ricompensa per i servigi resi. In caso contrario, non avrebbero alcun mezzo per comprarci. E lei lo sapeva! Proprio per questo li ha serviti per tutta la vita.»

Svengaard abbassò lo sguardo sulle proprie mani legate. È questa la mia vita? si chiese. Mani legate? Chi comprerà le mie mani legate?

«E avrebbe dovuto sentire Nourse ridacchiare per i miei miseri quattrocento a

«Nourse?»

«Sì! Nourse della Tuyere, Nourse il Cinico, Nourse che ha vissuto per più di quarantamila a