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Due gruppi avevano già lasciato il Grembo del Silong, andandosene alla chetichella alle prime luci dell’alba: alcune persone, un paio di minule carichi. Nessuna carovana con bandiere sventolanti.

La vita nelle caverne era gestita basandosi quasi interamente sulla consuetudine e il consenso generale. Sutty aveva notato che si evitava di proposito qualsiasi struttura gerarchica. Le persone stavano attente a non far pesare la propria autorità. Acce

«I maz tira

«I maz tira

«Le navi arrivano sempre nel nuovo mondo in un brutto momento» commentò Sutty. Unroy le lanciò un’occhiata leggermente sorpresa.

Ammesso che si potesse dire che qualcuno dirigeva le cose al Grembo del Silong, le persone cui spettava tale compito erano i maz Igneba e Ikak. Una volta ottenuto il consenso generale, le decisioni specifiche venivano prese da loro. Una di queste decisioni era stabilire l’ordine e il momento in cui la gente doveva partire. Una sera Ikak andò da Sutty all’ora di cena. «Yoz Sutty, se non hai nulla in contrario, il tuo gruppo partirà tra quattro giorni.»

«Tutto il gruppo di Okzat-Ozkat?»

«No. Tu, maz Odiedin Manma, Long e Ieyu, avremmo pensato. Un piccolo gruppo, con un mìnule. Dovreste riuscire a viaggiare veloci e scendere nelle colline prima della stagione autu

«Benissimo, maz» disse Sutty. «Mi dispiace moltissimo andarmene con tanti libri ancora da leggere.»

«Forse puoi tornare. Forse puoi salvare i libri per i nostri bambini.»

Quella speranza ardente e struggente che avevano tutti, la speranza riposta in lei e nell’Ekumene: ogni volta che ne avvertiva l’intensità, Sutty si spaventava.

«Cercherò di farlo, maz» disse. Poi… «Ma… e Yara?»

«Dovra

«Che ne sarà di lui, una volta arrivati in Amareza?»

Ikak allargò le mani. «Cosa possiamo fare? Tenerlo prigioniero! Dobbiamo farlo! Potrebbe indicare alla polizia la posizione esatta delle caverne. Manderebbero qui della gente il più in fretta possibile, a piazzare cariche esplosive, a distruggere tutto. Come ha

«Può darsi che lui non dica nulla alla polizia.»

Ikak, sorpresa, le rivolse uno sguardo interrogativo.

«Lo so che per lui era diventata una missione personale, trovare la Biblioteca e distruggerla. Una ossessione, anzi. Ma lui… È stato allevato da una coppia di maz. E…»

Sutty esitò. Non poteva rivelare a Ikak il segreto di Yara, come non poteva rivelarle il proprio.

«È stato costretto a diventare quello che è diventato» proseguì infine. «Ma, a mio avviso, l’unica cosa che abbia davvero senso per lui è la Narrazione. Penso che sia tornato alla Narrazione. So che non prova alcuna ostilità nei confronti di Odiedin né di nessun altro qui. Forse potrebbe restare con qualcuno, là in Amareza, senza essere tenuto prigioniero. Stare semplicemente nascosto.»

«Forse» disse Ikak, comprensiva ma per nulla convinta. «Solo che è molto difficile nascondere una persona simile, yoz Sutty. Ha un chip d’identità inserito nel braccio. Ed era un funzionario di grado abbastanza elevato, incaricato della sorveglianza di un Osservatore dell’Ekumene. Lo cerchera





«Potrebbe tenersi nascosto in un villaggio per tutto l’inverno, forse. Non scendere affatto in Amareza. Io avrò bisogno di tempo, maz Ikak Igneba… il rappresentante dell’Ekumene avrà bisogno di tempo… per parlare alle autorità dovzane. E se l’a

Ikak a

Dopo cena, Sutty andò subito nella tenda di Yara.

Odiedin e Akidan erano già là; Akidan con gli indumenti caldi che sarebbero serviti a Yara per il viaggio, Odiedin per rassicurarlo e dirgli che era in grado di affrontarlo. Akidan era eccitato all’idea della partenza. Per Sutty fu commovente vedere con quanta gentilezza il ragazzo si rivolgeva a Yara, il bel viso giovane splendente di gioia. «Non preoccuparti, yoz» disse entusiasta Akidan. «È un percorso facile e abbiamo un gruppo molto forte. Saremo giù nelle colline in una settimana.»

«Grazie» fece Yara, inespressivo. La sua faccia si era chiusa.

«Tobadan Siez sarà con te» disse Odiedin.

Yara a

Kieri arrivò con un poncho termico che Akidan aveva dimenticato, e s’infilò nella tenda, chiacchierando. La tenda era troppo affollata. Sutty s’inginocchiò presso l’apertura dell’entrata e posò una mano su quella di Yara. Non l’aveva mai toccato, prima.

«Grazie di avermi raccontato quello che mi hai raccontato, Yara» disse, sentendosi frettolosa e imbarazzata. «E di avere ascoltato quello che ti ho raccontato io. Spero che tu… Spero che le cose vadano per il meglio. Addio.»

Alzando lo sguardo verso di lei, Yara la salutò col suo consueto breve ce

Sutty tornò nella propria tenda, ansiosa ma anche sollevata.

La tenda era un vero caos: Kieri aveva sparso in giro tutto quello che possedeva, in attesa di fare i bagagli. Sutty non vedeva l’ora di dividere di nuovo una tenda con Odiedin, di avere un po’ di ordine, silenzio, castità.

Aveva lavorato tutto il giorno al catalogo… un lavoro faticoso e complesso con i programmi akani, programmi recalcitranti e difficili. Andò a letto con l’intenzione di alzarsi molto presto e salutare gli amici alla partenza. Si addormentò subito. Il ritorno di Kieri e il rumore che fece per riporre le sue cose non la disturbarono quasi. Sembrava che fossero trascorsi appena cinque minuti quando la lampada fu riaccesa e Kieri, già in piedi, vestita, uscì dalla tenda. Sutty si districò a fatica dal sacco a pelo e disse: «Ti raggiungo per la colazione».

Ma quando arrivò nella cucina, la gente del gruppo in partenza non stava consumando il pasto caldo necessario per affrontare il cammino. Non c’era nessuno, solo Long, che era di turno come cuoco.

«Dove sono gli altri, Long?» gli chiese, allarmata. «Non sara

«No» rispose Long.

«È successo qualcosa?»

«Credo di sì, yoz Sutty.» L’espressione angosciata, Long indicò con un ce

«Cos’è successo?»

«Oh, Sutty» disse Odiedin, abbozzando un gesto di disperazione.

«Di che si tratta?»