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"Da

"Che troia imbranata" pensò Sexton. «Dia a me» l'apostrofò, tendendo la mano.

La do

Sexton contò rapidamente le buste. "Dieci. Bene." Nessuno gli avrebbe rovinato la festa. Ripreso il controllo, aggiustò i microfoni e rivolse un sorriso divertito ai presenti. «Meglio che le distribuisca subito, prima che qualcuno si faccia male!»

Il pubblico rise, impaziente.

Sexton avvertì la vicinanza della figlia, dietro il divisorio.

«Non farlo» gli disse Rachel. «Te ne pentirai.»

La ignorò.

«Ti chiedo solo di fidarti di me» continuò lei, a voce più alta. «È un errore.»

Sexton raccolse le buste, spianandone i bordi.

«Papà» lo supplicò Rachel con maggiore intensità. «Questa è la tua ultima possibilità di fare ciò che è giusto.»

"Ciò che è giusto?" Sexton coprì il microfono e si voltò, come a schiarirsi la gola. Sbirciò di nascosto la figlia. «Sei proprio come tua madre, idealista e limitata. Le do

Sedgewick Sexton aveva già dimenticato la figlia, quando si voltò verso il suo pubblico. A testa alta, aggirò il podio e consegnò la pila di buste nelle mani dei giornalisti trepidanti. Guardò le buste che rapidamente venivano distribuite. Sentì rompere i sigilli, e le buste che venivano stracciate come la carta dei regali di Natale.

Un improvviso silenzio scese sui presenti.

Sexton percepì che quello era il momento cruciale della sua carriera.

"Il meteorite è un falso. E sono io a rivelarlo."

Il senatore sapeva che ai membri della stampa sarebbe occorso un momento per comprendere la reale portata di ciò che stavano osservando: l'immagine di un pozzo di inserzione al di sotto della banchisa; un organismo marino vivente, quasi identico al fossile della NASA; le prove dell'esistenza di condri che si erano formati sulla Terra. Tutto portava a una sola sconvolgente conclusione.

«Signore?» balbettò un giornalista sbalordito, guardando nella busta. «È tutto vero?»

Sexton sospirò tristemente. «Sì, purtroppo.»

Mormorii confusi cominciarono a serpeggiare tra la folla.

«Vi lascerò un minuto per esaminare il materiale» disse Sexton «poi risponderò alle vostre domande cercando di fare luce su ciò che vedete.»

«Senatore?» fece un altro cronista, palesemente interdetto. «Queste immagini sono… autentiche? Non ritoccate?»

«Al cento per cento» fu la ferma risposta di Sexton. «Altrimenti non ve le avrei mostrate.»

La perplessità dei presenti sembrò aumentare e Sexton ebbe l'impressione di udire anche qualche risata. Non era affatto la reazione immaginata. Temette di avere sopravvalutato la capacità dei media di trarre le ovvie conclusioni.

«Ehm, senatore?» fece qualcuno, stranamente divertito. «Lei garantisce ufficialmente l'autenticità di queste immagini?»

Sexton cominciò a irritarsi. «Amici miei, ve lo ripeto per l'ultima volta: le prove in mano vostra sono attendibili al cento per cento. E, se qualcuno dimostrerà il contrario, mi mangerò il cappello!»

Sexton aspettò la risata, che non arrivò.

Silenzio assoluto. Sguardi disorientati.





Il cronista che aveva appena parlato si avvicinò a Sexton, sfogliando le sue copie. «Ha ragione, senatore. Questi sono documenti sensazionali.» Fece una pausa, grattandosi la testa. «Solo che non ci è chiaro il motivo che l'ha spinta a condividerli con noi, in questo modo, specialmente dopo avere negato con tanta decisione, in passato.»

Sexton non capiva di che parlasse. Il reporter gli porse le fotocopie. Sexton guardò i fogli e, per un attimo, la sua mente si svuotò.

Rimase senza parole.

Stava fissando fotografie mai viste. Immagini in bianco e nero. Due persone nude. Gambe e braccia intrecciate. Per un istante non ebbe idea di cosa stesse osservando. Poi, l'evidenza lo colpì come una palla di ca

Con orrore, Sexton alzò di scatto la testa verso il pubblico. Molti ridevano e stavano già telefonando in redazione per riferire la storia.

Sexton sentì un colpetto sulla spalla.

Si voltò, intontito.

Era Rachel. «Abbiamo cercato di fermarti» disse. «Ti abbiamo offerto ogni possibilità.» Vicino a lei, c'era una do

Sexton, tremante, rivolse lo sguardo verso di lei. Era la cronista in cappotto di cachemire e basco di mohair, quella che aveva fatto cadere le buste. Nel vederla in faccia, sentì ghiacciare il sangue nelle vene.

Gabrielle sembrò trafiggerlo con i suoi occhi scuri, poi sbottonò il cappotto per mostrargli un fascio di buste bianche accuratamente infilate sotto il braccio.

132

Lo Studio Ovale era buio, illuminato solo dal fioco bagliore della lampada d'ottone sulla scrivania del presidente Herney. Davanti a lui, Gabrielle Ashe, a testa alta.

Fuori dalla finestra, il crepuscolo stava scendendo sul prato di ponente.

«Ho sentito che ci lascerà» disse Herney, in tono accorato.

Gabrielle a

Herney la scrutò con ammirazione. «Gabrielle, il suo gesto, stamattina…» Si interruppe, come se non trovasse le parole. I suoi occhi erano diretti e limpidi, completamente diversi dai due profondi ed enigmatici specchi d'acqua che l'avevano una volta attratta verso Sedgewick Sexton.

Eppure, perfino contro lo sfondo di quella sede del potere, Gabrielle notò nel suo sguardo una genuina gentilezza, un'onestà e una dignità che non avrebbe dimenticato. «L'ho fatto anche per me stessa» disse infine.

Herney a

Gabrielle lo guardò dubbiosa. «Stop alla spesa, cominciamo la ripresa?»

Herney ridacchiò. «Qualcosa del genere.»

«Presidente, sappiamo tutti e due che, al momento, io costituirei più che altro un intralcio.»

Herney alzò le spalle. «Lasci passare qualche mese e tutto sarà dimenticato. Tanti grandi uomini, e grandi do

Gabrielle sapeva che aveva ragione. Disoccupata solo da poche ore, quel giorno aveva già respinto due offerte di lavoro: una di Yolanda Cole della ABC, un'altra della casa editrice St Martin's Press, che le aveva offerto uno scandaloso anticipo per scrivere un'autobiografia molto esplicita. "No grazie."

Mentre si avviava con il presidente lungo il corridoio, Gabrielle pensò alle sue foto, che in quel momento venivano sbattute su tutti gli schermi televisivi.

"Il da

Gabrielle, dopo essere andata alla ABC per recuperare le foto e prendere in prestito il lasciapassare della stampa, si era intrufolata di nuovo nell'ufficio di Sexton per assemblare i duplicati delle buste e stampare copie degli assegni che attestavano i finanziamenti illeciti. Poi, dopo l'incontro al Washington Monument, aveva consegnato le copie degli assegni allo sbalordito senatore insieme alle sue richieste. "Dia al presidente la possibilità di spiegare i suoi errori sul meteorite, altrimenti verrà divulgato anche il resto." Sexton aveva dato un'occhiata al fascio di prove, poi si era chiuso nella sua limousine per allontanarsi in fretta. Da quel momento, era scomparso dalla circolazione.