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— Non so — rispose, sommessamente. — In questi tempi, è difficile conda

— Lo credete davvero?

— Naturalmente no! — disse gentilmente il prete.

Il Thon Taddeo Pfardentrott arrivò allo studio di Marcus Apollo verso sera, e i suoi modi erano molto cambiati, rispetto al ricevimento. Riusciva a esibire un sorriso cordiale, e il modo in cui parlava tradiva una nervosa impazienza.

Quell'uomo, pensò Marcus, sta cercando di ottenere qualcosa che desidera molto, ed è persino disposto a mostrarsi gentile per ottenerla. Forse l'elenco degli antichi scritti fornito dai monaci dell'abbazia leibowitziana aveva impressionato il Thon più di quanto lui fosse disposto ad ammettere. Il Nunzio si era preparato a una disputa accanita, ma l'evidente eccitazione dello studioso faceva di lui una vittima troppo facile, e Apollo abbassò la guardia del duello verbale.

— Questo pomeriggio c'è stata una riunione della facoltà del collegio — disse il Thon Taddeo, non appena furono seduti. — Abbiamo parlato della lettera di frate Kornhoer, e dell'elenco dei documenti. — Si interruppe, come se fosse incerto sull'approccio da scegliere. La grigia luce del crepuscolo che scendeva dalla grande finestra ad arco alla sua sinistra dava al suo viso un aspetto intenso, e i suoi grandi occhi grigi studiavano il prete come se lo misurassero e lo valutassero.

— Ne deduco che qualcuno si è mostrato scettico?

Gli occhiasi abbassarono per un attimo, poi si risollevarono, prontamente. — È necessario che io sia educato?

— Non disturbatevi — ridacchiò Apollo.

— Si sono mostrati scettici. Forse "increduli" è la parola più adatta. Io stesso ritengo che, se tali documenti esistono, si tratta probabilmente di falsificazioni che risalgono a parecchi secoli addietro. Dubito che i monaci dell'abbazia, oggi, stiano cercando deliberatamente di perpetrare un'impostura. Naturalmente essi credono che i documenti siano validi.

— È molto gentile da parte vostra assolverli così — disse acido Apollo.

— Mi sono offerto di essere educato! È necessario che lo sia?

— No. Continuate.

Il Thon si alzò dalla sedia e andò a sedersi alla finestra. Guardò le strisce di nuvole gialle che sbiadivano a occidente e batté piano una mano sul davanzale, mentre parlava. — I documenti. Non importa che cosa ne pensiamo, la sola idea che tali documenti possano ancora esistere, intatti… l'idea che vi sia anche la minima possibilità che essi esistano… bene, è un pensiero così eccitante che dobbiamo indagare, immediatamente.

— Benissimo — disse Apollo, in po' divertito. — I monaci vi ha

Lo studioso gli lanciò una rapida occhiata. — Conoscete il mio lavoro?

Il monsignore esitò. Lo conosceva, ma ammettere questo l'avrebbe costretto ad ammettere anche che il nome del Thon Taddeo veniva pronunciato insieme a quelli dei filosofi naturali morti da mille a

— Devo ammettere che non ho letto molto di…

— Non importa. — Pfardentrott accantonò la scusa con un gesto. — È soprattutto un lavoro astratto e noioso per un profano. Teorie dell'essenza elettrica. Moto planetario. Corpi che si attraggono. Cose del genere. Ora, l'elenco di Kornhoer cita nomi come Laplace, Marxwell ed Einstein… significano qualcosa, per voi?

— Non molto. La storia li menziona come filosofi naturali, non è così? Vissero nel periodo precedente al crollo dell'ultima civiltà. E credo che siano nominati in una delle angiologie pagane, non è vero?





Lo studioso a

— Ma voi volete accertarlo!

— Noi dobbiamo accertarlo. Ora che il problema si presenta, vorrei non averne mai sentito parlare.

— Perché?

Il Thon Taddeo stava guardando qualcosa, nella strada sottostante. Fece un ce

Apollo girò dietro la scrivania e guardò la strada fangosa e sco

— Vedete, non cavalca l'asino — osservò il Thon Taddeo — perché questa mattina l'asino era carico di grano, il contadino non pensa che adesso i sacchi sono vuoti. Ciò che va bene al mattino va bene anche il pomeriggio.

— Lo conoscete?

— Passa anche sotto la mia finestra. Tutte le mattine e tutte le sere. Non lo avete mai notato?

— Ne ho notati migliaia come lui.

— Guardate. Riuscite a credere che quel bruto sia il discendente diretto di uomini che avrebbero raggiunto la Luna, imbrigliato le forze della Natura, costruito meccanismi capaci di parlare e forse anche di pensare? Potete credere che uomini simili siano esistiti?

Apollo taceva.

— Guardatelo! — insistette lo studioso. — No, adesso è troppo buio. Non potete vedere le piaghe della sifilide sul suo collo, né il modo in cui la radice del suo naso è corrosa. È affetto da paresi. Ma indubbiamente, fin dall'inizio, era un idiota. Analfabeta, superstizioso, pieno di istinti malvagi. Ha contagiato i suoi figli. Li ucciderebbe per poche monete. Li venderà, in ogni caso, non appena sara

— L'immagine di Cristo — scattò il monsignore, sorpreso della propria ira improvvisa. — Cosa pensate che io veda?

Lo studioso sbuffò, irato e impaziente. — L'incongruenza. Uomini come voi possono osservare quella gente da ogni finestra, e uomini come gli storici vorrebbero farci credere che un tempo esistessero veri uomini. Non posso accettarlo. Come può una grande e saggia civiltà essersi distrutta così completamente?

— Forse — disse Apollo — si è distrutta perché era grande e saggia materialmente, e null'altro. — Andò ad accendere una lampada a sego, perché il crepuscolo svaniva rapidamente nella notte. Colpì esca e acciarino fino a che la scintilla non si comunicò all'esca, poi vi soffiò sopra dolcemente.

— Forse — disse il Thon Taddeo. — Ma io ne dubito.

— Voi rifiutate tutta la storia, dunque, come mito? — Dalla scintilla spuntò una fiamma.

— Non la rifiuto. Ma deve essere controllata. Chi ha scritto la vostra storia?

— Gli ordini monastici, naturalmente. Durante i secoli dell'oscurantismo, non v'era nessun altro per scriverla. — Apollo trasferì la fiamma allo stoppino.