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Isaac Edward Leibowitz, dopo un'inutile ricerca della moglie, si era rifugiato presso i Cistercensi, e lì rimase nascosto nei primi a

Leibowitz, mentre stava compiendo il suo turno come contrabbandiere di libri, fu catturato da una folla di semplicioni; un tecnico ri

I memorizzatori erano pochi, la loro memoria limitata.

Alcuni dei barili di libri furono trovati e bruciati, e così pure molti altri contrabbandieri di libri. Lo stesso monastero fu assalito tre volte, prima che la follia si placasse.

Dal vasto mare della conoscenza umana, soltanto pochi barili di libri originali e una pietosa raccolta di testi copiati a mano, trascritti a memoria, erano rimasti in possesso dell'Ordine, quando la follia era finita.

Ora, dopo sei secoli di oscurantismo, i monaci conservavano ancora questi Memorabilia, li studiavano, li copiavano e li ricopiavano, e attendevano pazientemente. In principio, ai tempi di Leibowitz, si era sperato — e si era p'ersino ritenuto probabile — che la quarta o la quinta generazione avrebbe cominciato a desiderare di riavere la propria eredità. Ma i monaci dei primi tempi non avevano pensato alla capacità umana di ricreare un nuovo patrimonio culturale in un paio di generazioni, se un patrimonio antico è completamente distrutto, ricreandolo in virtù di legislatori e di profeti, di geni o di monaci; per merito di un Mosé o per merito di un Hitler, o di un avo ignorante ma tira

Dopo che il rifugio fu richiuso, i documenti e le reliquie che ne erano stati asportati furono studiati, uno alla volta e in modo molto discreto, dall'abate. Non fu più possibile esaminarli, chiusi com'erano, probabilmente, nello studio di Arkos. Era come se fossero scomparsi, ai fini pratici. Tutto ciò che scompariva nello studio dell'abate era un soggetto pericoloso per una pubblica conversazione: diventava qualcosa di cui si poteva sussurrare soltanto in silenziosi corridoi. Frate Francis udiva soltanto di rado quei bisbigli. Alla fine si quietarono, per rivivere quando un messaggero venuto da Nuova Roma parlò sottovoce all'abate, una sera nel refettorio. Un frammento della loro conversazione sussurrata giunse fino alle tavole vicine. I mormoni durarono alcune settimane, dopo la partenza del messaggero, poi tornarono a quietarsi.





Frate Francis Gerard dello Utah ritornò nel deserto, l'a

— Oh, no, Monsignore Abate. Di giorno ho visto soltanto lucertole.

— E di notte? — chiese sospettoso Arkos.

— Soltanto lupi — disse Francis, e aggiunse cautamente: — Penso.

Arkos preferì non approfondire quel prudente emendamento, ma si limitò ad accigliarsi. Il cipiglio dell'abate, aveva osservato frate Francis, era la sorgente di una energia radiante che viaggiava nello spazio a velocità finita e che non era ancora bene compresa, a eccezione del fatto che faceva avvizzire tutto ciò su cui si posava, poiché tale oggetto era di solito un postulante o un novizio. Francis aveva già assorbito una scarica di cinque secondi, quando gli fu rivolta la domanda seguente.

— E a proposito dello scorso a

Il novizio fece una pausa per inghiottire saliva. — Il… vecchio?

— Il vecchio.

— Sì, Don Arkos.

Cercando di allontanare dal suo tono ogni sfumatura di punto interrogativo, Arkos disse: — Era davvero un vecchio. Nient'altro. Adesso ne siamo sicuri.

— Anch'io penso che fosse soltanto un vecchio.

Padre Arkos tese fiaccamente la mano per impugnare il righello di quercia.

Whack!

— Deo gratias!

Whack!

— Deo…