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Dalla porta aperta fece capolino Haira.

— Tutto è pronto, mio forte e glorioso, — comunicò.

— La vostra sorte non sarà cattiva, — continuava il capo. — La Grande Rupe Potente ha bisogno di uomini che sappiano muovere le macchine. Quando li avrà, potrà finalmente cominciare la guerra per la conquista delle terre che gli spettano di diritto! Ed allora la Grande Rupe Potente, — alzò di nuovo l’indice, — la Battaglia Scintillante, colui che posa un piede nel cielo e che vivrà quanto le macchine…

— Porco! — urlò Saul con voce assordante. Accanto alla testa di Vadim brillò la ca

— Non deve farlo! — tuonò Anton.

Saul scostò Vadim e si impadronì del volante.

— Ah, non devo farlo? — gridò. — E che cos’è che devo fare? Aver pazienza e aspettare finché non spariscono le macchine? Va bene!

Uno strappo tremendo fece cadere Vadim fra i sedili. Saul aveva avviato il bioplano senza chiudere l’oblò. Si udì uno schianto. Una trave spezzata passò sopra la cabina. Il vento gelato fischiava nelle orecchie, il bioplano rollava paurosamente, e Vadim fece appena in tempo a vedere il capo ra

— Saul! — gridò Vadim. — Rallenti!

Saul non rispose. Guidava il bioplano lungo la strada, sulla quale già marciavano le colo

Vadim continuava a tentare di chiudere l’oblò con una mano sola. Con l’altra reggeva la cassetta dell’analizzatore che gli era caduta sulle ginocchia. Saul mormorava fra i denti:

— Farabutti!… canaglie… boia… Volete le macchine? Ve le do io le macchine!… Volete terre da conquistare? Eccovi le terre!…

Vadim riuscì finalmente ad appollaiarsi su un sedile, e si guardò intorno. Il bioplano puntava diritto sulla conca. Anton, stringendosi ai braccioli della poltrona, con gli occhi socchiusi per le raffiche di vento, fissava la schiena di Saul.

— Vuoi la marmellata? — ringhiava Saul. — Te la do io la marmellata!… I dolciumi… necrofili…

Sopra la conca il bioplano puntò verso l’alto. Saul smise di imprecare, si sporse fuori e sparò in basso con lo skorcer. Vadim si tirò indietro. Dalla conca si levò un’accecante fiammata violetta, accompagnata da un lacerante fragore di tuono, mentre il bioplano proseguiva.

Vadim, tendendosi al punto di far scricchiolare le ossa, riuscì finalmente a chiudere l’oblò. Nella cabina si ristabilì il silenzio.

— Gli farò cambiare idea riguardo all’eternità, — disse Saul e tacque.

— Ma forse non ce n’è bisogno, — propose timidamente Vadim. Non riusciva ancora a capire cosa volesse fare Saul, come potesse arrabbiarsi sul serio con quegli uomini ottusi ed ignoranti.

Il bioplano ruggiva sopra le cime dei colli, sollevando nubi di polvere di neve. Saul era un pessimo pilota, dava troppo gas al motore, sottoponendolo ad uno sforzo inutile. Dietro l’apparecchio si formò una densa scia di brina. Alcuni uccelli tentarono di inseguire e intercettare il bioplano, ma scomparvero subito nel vortice di neve. Alle loro spalle si i

— È un peccato, è un vero peccato… — riprese Saul, — che non si possa eliminare con un colpo solo tutta l’ottusità e la crudeltà senza distruggere anche l’uomo… Beh, leviamo di mezzo almeno una stupidità in questo paese infinitamente stupido!…

— Sta volando verso l’autostrada? — chiese Anton con calma.

— Sì, e non cerchi di fermarmi.





— Non ci penso nemmeno, — disse Anton. — Però stia attento.

Ora Vadim aveva capito e si mise a guardare lo skorcer. A quanto pare, pensò, ora comincerà qualcosa che non riuscirò mai a descrivere… e nemmeno a capire.

Sull’autostrada tutto era come prima. Come il giorno prima e come cento a

— Non sopporto nulla di eterno, — disse con calma inattesa, e fece fuoco.

Il primo colpo centrò una grande macchina che pareva una tartaruga. La corazza volò in pezzi come un guscio d’uovo e la piattaforma si mise a girare su se stessa, travolgendo e fracassando i piccoli veicoli verdi che la seguivano.

— È impossibile cambiare le leggi della storia… — disse Saul.

Una gigantesca torre nera, montata su ruote, s’incendiò con un boato. Un’altra torre si rovesciò, ostruendo una parte della strada.

— … però si può correggere qualche errore storico, — continuò Saul, mirando.

Il lampo violetto della scarica di milioni di volt esplose sotto una macchina arancione, che pareva un sintetizzatore da campo, e ne fece volare in alto i frantumi.

— … anzi è necessario correggere questi errori, — terminò Saul, senza smettere di sparare. — Il feudalesimo è già di per sé abbastanza sporco.

Poi tacque. A destra il cumulo dei rottami roventi andava crescendo. A sinistra, per la prima volta, forse, da migliaia di a

Vadim sedeva, tenendo ferma coi piedi la cassetta dell’analizzatore, e chiudeva gli occhi, rabbrividendo ad ogni sparo. Infine si abituò e smise di sbattere le palpebre. Per molte volte di seguito rivide la stessa scena: sull’autostrada la montagna fiammeggiante tornava a crescere, poi crollava di nuovo, spargendo intorno relitti ardenti ed espirando rumorosamente vampate di calore insopportabile, mentre le macchine continuavano ad arrivare in un flusso incontenibile, incuranti di queste distruzioni. Non se ne vedeva la fine.

— Credo che basti, Saul! — disse Anton.

Poteva fare a meno di dirlo, pensò Vadim. Saul smise di sparare — aveva finito i proiettili — e si era ripiegato su se stesso con la testa fra le braccia. La ca

— È la storia, — disse Saul con voce rauca, senza sollevare la testa. — Non si può fermare niente.

Si raddrizzò e guardò i ragazzi.

— Dovete scusarmi, — disse. — Il cuore non ha retto. Non ne ho potuto fare a meno. Dovevo fare qualcosa.

Restarono a guardare a lungo la strada. Le macchine si susseguivano, una fila dopo l’altra, spingendo via i rottami, e facendo turbinare la cenere. Ben presto tutto tornò come prima, a parte una macchia purpurea, che si raffreddava lentamente sull’autostrada, e la neve sporca tutt’intorno, e a lungo non si dissolse la cortina di fumo, oltre la quale tremolava, rosso e deformato, il disco della stella nana EN-7031.

Saul chiuse gli occhi e disse qualcosa di incomprensibile:

— Sono come i forni… Se distruggiamo solo i forni, ne verra