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Entrambe le immagini erano immobili. Avrebbero potuto apparire delle scene morte, poiche rappresentavano degli istanti matematici del Tempo.

Una immagine era in nitidi colori naturali; rappresentava la sala macchine di quella che Harlan sapeva essere un'astronave sperimentale. Una porta si stava chiudendo, e nella fessura che rimaneva era appena visibile una scarpa scintillante di un materiale rosso e semitrasparente. Era immobile. Tutto era immobile. Se l'immagine fosse stata tanto nitida da mostrare i granelli di polvere sospesi nell'aria, anch'essi sarebbero apparsi immobili.

Voy disse:

«La sala macchine restera vuota per due ore e trentasei minuti, dopo l'istante visualizzato. Questo nella Realta attuale, naturalmente.»

«Lo so,» mormoro Harlan. Stava infilando i guanti, e i suoi occhi stavano gia fissando nella mente la posizione del recipiente critico nel suo scaffale, misurando i passi necessari per raggiungerlo, valutando la posizione migliore nella quale trasferirlo. Lancio una rapida occhiata all'altro schermo.

Se la sala macchine, che si trovava nel campo definito «presente» rispetto alla Sezione d'Eternita nella quale essi si trovavano, appariva nitida e nei colori naturali, l'altra scena, che si trovava a circa venticinque Secoli nel «futuro», aveva la lucentezza azzurra tipica di tutte le visioni del «futuro».

Era un astroporto. Un cielo di un azzurro profondo, degli edifici azzurrini di nudo metallo su una terra verde-azzurra. Un cilindro azzurro di strana fattura, dalla base a bulbo, si ergeva in primo piano. Sullo sfondo, erano ritti altri due cilindri bulbosi. Tutti e tre puntavano verso il cielo delle punte divise da una scanalatura che giungeva nelle profondita delle astronavi.

Harlan corrugo la fronte.

«E un disegno strano.»

«Elettrogravita,» spiego laconicamente Voy. «Il 2481° e l'unico Secolo che sviluppi una tecnica di volo spaziale a elettrogravita. Ne propellenti, ne nucleonica. Esteticamente, e un sistema bellissimo: e un vero peccato che ora dobbiamo Mutare la sua Realta. Un vero peccato.» I suoi occhi fissarono Harlan, con evidente disapprovazione.

Harlan serro le labbra. Disapprovazione, certo! Perche no? Era lui il Tecnico.

Certo, era stato qualche Osservatore a fare rapporto sui particolari dell'abuso di droga. Era stato qualche Statistico a dimostrare che i recenti Mutamenti avevano aumentato il livello di consumo e di assuefazione, tanto da farne il piu elevato di tutte le attuali Realta umane. Qualche Sociologo, probabilmente lo stesso Voy, aveva dato l'interpretazione di questo elemento per tracciare un profilo psichiatrico di una societa. Infine, qualche Calcolatore aveva elaborato il Mutamento di Realta necessario per abbassare l'assuefazione alla droga ai limiti di sicurezza, e aveva scoperto che, operando il Mutamento, ci sarebbe stato un effetto collaterale che avrebbe influito sulla tecnica del volo spaziale elettrogravitazionale, facendola praticamente svanire. Dieci, cento uomini di ogni posizione e qualifica nell'Eternita avevano avuto mano in quel Mutamento.

E poi, alla fine, un Tecnico come Harlan doveva entrare in gioco. Seguendo le istruzioni che tutti gli altri avevano preparato congiuntamente per lui, sarebbe stato lui a originare il vero e proprio Mutamento di Realta. E allora tutti gli altri lo avrebbero fissato con aria accusatrice, perfette immagini di nobilta offesa. I loro sguardi avrebbero detto: Tu , e non noi, hai distrutto questa meraviglia.

E per questo motivo essi lo avrebbero conda

«Comunque le astronavi non contano,» disse Voy. Il suo sguardo era sempre fisso su Harlan. «Contano invece quelle cose.»

Le «cose» erano persone, rimpicciolite dalla vicinanza delle astronavi, proprio come la Terra e la societa della Terra venivano sempre rimpicciolite dalle dimensioni fisiche del volo spaziale.

Erano piccole marionette riunite a grappoli, quelle persone. Le loro braccia e gambe minuscole erano sollevate in posizioni i

Voy scrollo le spalle.

Harlan stava regolando il piccolo generatore di campo che teneva al polso.





«Vediamo di sbrigare questo lavoro,»

«Un momento. Voglio mettermi prima in contatto con il mio Progettista di Vita, per sapere quanto impieghera a svolgere il suo lavoro. E un'altra cosa che desidero portare a termine presto.»

Le sue dita si mossero rapide su un piccolo contatto mobile, e il suo orecchio ascolto attentamente lo schema fatto di ticchettii che giungevano in risposta. (Un'altra caratteristica di quella Sezione d'Eternita, penso Harlan… suoni codificati in ticchettii. Intelligente, ma ostentato, proprio come le pellicole molecolari).

«Ha detto che non ci vorra

C'era un senso di soffocamento, nella gola di Harlan.

«Si.»

Voy piego le labbra in un lento sorriso.

«Sembra interessante. Mi piacerebbe vederla, senza farmi vedere. In questa Sezione non abbiamo visto una do

Harlan non si fido della sua voce, e giudico piu prudente non rispondere. Fisso per un momento il Sociologo, e poi si volto, bruscamente.

Se c'era una lacuna nell'Eternita, questa riguardava le do

E perche, tutto questo?

Per Noys.

E non provava alcuna vergogna.

Era questo che lo turbava. Non provava alcuna vergogna. Non provava alcun senso di colpa per il crescendo di colpe di cui si era macchiato… colpe che erano crimini veri e propri, per l'etica dell'Eternita, e al cui confronto l'ultimo abuso commesso, e cioe l'uso improprio di un Progetto di Vita privato, poteva essere considerato un semplice peccatuccio trascurabile.

E se fosse stato necessario, avrebbe fatto anche di peggio.

Per la prima volta, quel pensiero specifico e preciso si formo nella sua mente: e benche lo respingesse subito, inorridito, si rese conto che tutto era inutile, perche se quel pensiero era venuto una volta, certo sarebbe ritornato.

Il pensiero era, semplicemente, questo: se fosse stato necessario, lui avrebbe distrutto l'Eternita.

E il peggio era che lui sapeva di avere il potere di farlo.